A due mesi esatti dall’inizio del campionato NBA, le infuocate trattative del mercato estivo hanno emesso il primo verdetto della stagione: i Los Angeles Lakers tornano, e prepotentemente, in lotta per il titolo. Reduci da un’annata sottotono, i lacustri, a seguito degli ingaggi di Steve Nash, Dwight Howard e Antawn Jamison, si candidano come principali antagonisti dei campioni in carica dei Miami Heat, e vengono considerati da molti i favoriti in assoluto per la conquista dell’anello. Tuttavia, la strada verso il successo non sarà affatto agevole: mai come in questa stagione lo squilibrio di forze tra l’Eastern e la Western Conference appare decisamente marcato, e i Lakers dovranno fare i conti con avversari interni agguerritissimi, a cominciare dai finalisti dello scorso anno, gli Oklahoma City Thunders di Durant, squadra giovane e in costante crescita. Viceversa, il primato degli Heat all’interno della Eastern Conference sembra difficilmente intaccabile: ma la storia della NBA ci insegna come essere i favoriti sulla carta non metta sempre al riparo da possibili sorprese. Analizziamo più da vicino la situazione all’interno delle due conference:
I campioni in carica dei Miami Heat sono riusciti nell’impresa di lasciare sostanzialmente immutato il roster della scorsa, trionfale stagione, aggiungendo un paio di tasselli di valore assoluto: primo tra tutti Ray Allen, autore di quello che può essere considerato un vero e proprio “tradimento”. L’ex Celtic ha difatti accettato di guadagnare circa la metà di quanto gli offrissero a Boston pur di tornare a vincere il titolo nella squadra rivale: da un Big Three a un altro, il primatista assoluto NBA nei tiri da tre arriva a Miami per ricoprire il ruolo di sesto uomo di extra-lusso, affiancando Wade nel backcourt nei momenti in cui la palla scotterà. Nonostante le 37 primavere, Allen è ancora piuttosto integro e porterà a Miami, oltre al suo eccellente tiro, tutto il suo bagaglio di esperienza e solidità difensiva. Altro arrivo illustre è quello di Rashard Lewis: l’ala 33enne, in uscita da Washington, ha accettato di firmare un contratto annuale. Difficilmente il giocatore, condizionato negli ultimi anni da troppi guai fisici, riuscirà a tornare il tiratore mortifero che a Seattle superava i venti di media; tuttavia, oltre a dare una mano a rimbalzo, contribuirà a formare con lo stesso Allen, con Mike Miller e Battier una batteria di tiratori micidiali, pronti a punire dalla distanza sugli scarichi provenienti dai raddoppi che le difese avversarie effettueranno sui Big Three. Dove Miami non si è ancora rinforzata, e forse dovrebbe, è sotto canestro: continua a mancare un centro di livello, e se è vero che Bosh da 5 offensivamente è in grado di portare fuori i lunghi avversari e di farne ciò che vuole, è altrettanto vero che difensivamente non è forse in grado di reggere centri dominanti come Howard.
Nonostante l’addio di Allen, Boston rimane l’antagonista più accreditata per Miami a Est: certo, il Big Three originario è stato smantellato e Garnett ha iniziato con ogni probabilità la sua parabola discendente, ma i dirigenti biancoverdi sono riusciti a correre ai ripari in maniera tempestiva. Lo spot di guardia sarà occupato da Courtney Lee, in arrivo da Houston, 11.4 pti di media lo scorso anno, giocatore concreto ed in ascesa; alle sue spalle uno dei migliori sesti uomini delle ultime stagioni, il 35enne Jason Terry, rilasciato da Dallas, per caratteristiche ed esperienza forse il sostituto “naturale” di Ray Allen. Sotto canestro, confermate le ali Wilcox e Bass e KG, in molti sono pronti a scommettere sui neodraftati: il diamante grezzo Fab Melo è un prospetto interessante, ottimo stoppatore e difensore aggressivo come piace in casa Celtics. Jared Sullinger sarebbe invece un giocatore su cui puntare da subito ad occhi chiusi, non fosse per problemi fisici alla schiena che hanno fatto storcere il naso a più di uno scout nba: si tratta di un’ala all-around, che dopo quanto fatto vedere nella summer league promette di essere un colpo pazzesco per essere una ventunesima scelta assoluta.
In netto calo le azioni dei Chicago Bulls: l’infortunio di Derrick Rose sembra essere più serio del previsto e dalle ultime indiscrezioni sembra che il giocatore rimarrà fuori fino al mese di Marzo. Difficile che la squadra possa ripetere lo straordinario record della scorsa stagione, finita in testa alla Eastern Conference; più probabile che si assista ad una stagione di transizione, magari puntando sulla possibilità di fare la voce grossa sul mercato dei free agent il prossimo anno, vista la quantità di contratti in scadenza. Analogo discorso si può fare per gli Atlanta Hawks: il gm Danny Ferry, fresco di arrivo in Georgia, si è subito liberato di contrattoni pesanti (J. Johnson e Marvin Williams) per puntare chiaramente ad essere competitivo sul mercato del prossimo anno, e poter regalare a Josh Smith e Horford almeno un top player per un definitivo salto di qualità che si attende ormai da anni. Su Indiana è difficile pronunciarsi: probabilmente non sarà in grado di ripetere la straordinaria stagione appena passata, conclusasi con l’approdo alle semifinali di conference, ma nonostante nessuna scintillante operazione di mercato può puntare comunque su di un roster piuttosto profondo, con gli arrivi di Mahinmi come solido backup sotto canestro e di Gerald Green a dare ulteriore atletismo in un reparto esterni esplosivo. Per non parlare di Orlando, uscita con un pugno di mosche dalla Howard trade, ottenendo in cambio solo semplici comprimari. In questa situazione di generale riequilibrio delle forze potrebbe trarre vantaggio New York: l’arrivo nel backcourt di Jason Kidd (piuttosto inatteso, vista l’ira di Cuban nei confronti della decisione del giocatore) e il ritorno di Raymond Felton potrebbe migliorare la circolazione di palla dei Knicks e con essa in assoluto il gioco di squadra, limitando in tal modo la tendenza di Melo Anthony ad accentrare il gioco (le statistiche dimostrano come i Knicks sia stata la squadra che ha giocato più isolamenti durante la scorsa stagione). Curiosità per i rinnovati cugini di Brooklyn: l’arrivo di Joe Johnson da Atlanta e le (salate) conferme di Humphries, Wallace e Deron Williams regalano ai Nets un quintetto di assoluto valore, con un backcourt tra i migliori dell’intera NBA. Certo, molto dipenderà dalla consistenza della panchina (la trade per Johnson ha privato di Morrow e Farmar) e dal rendimento e le sorti (non immediate) di Brook Lopez: il rinnovamento del contratto del centrone al massimo salariale sa molto di preludio alla cessione per un arrivo importante, certo non in tempi brevi (sicuramente non entro dicembre).