Categorie: Denver Nuggets

Gallinari ancora decisivo nella notte contro i Timberwolves! L’evoluzione di un giocatore che sta compiendo la sua “maturazione Nba”

Tra le tante meraviglie che la notte Nba ci ha offerto, 14 partite con praticamente tutte le squadre della Lega distribuite sui vari parquet a tutte le latitudini degli States, uno dei dati che maggiormente rende felici noi italiani sono i 19 punti di un sempre più decisivo Danilo Gallinari, top scorer dei Nuggets in quel di Minneapolis, protagonista assieme ai suoi della rimonta che ha portato alla vittoria la franchigia del Colorado, dopo aver subito per tutto il primo tempo la fisicità e l’organizzazione dei Timberwolves.

La notizie della sera in Minnesota era il ritorno in campo di Kevin Love, leader indiscusso della squadra, decisivo sin da subito con i suoi 34 punti e 14 rimbalzi (colpevole di ciò anche Danilo, che quando si è ritrovato accoppiato con il centro atipico vincitore dell’oro olimpico a Londra quest’estate, non è riuscito in alcuni casi a contenerne lo strapotere tecnico e fisico). La notizia del ritorno in campo di Love è stata un po’ per tutti una sorpresa, piacevole per i tifosi dei Timberwolves, molto meno per quelli dei Nuggets, resa nota attraverso un tweet di Jerry Zgoda (giornalista dello Star Tribune).

L’impatto di Love è stato devastante sulla partita, con il centro che ha chiuso il primo tempo con 22 punti e 8 rimbalzi, facendo andare negli spogliatoi all’intervallo Minnesota sul punteggio di 58-44. Ad inizio terzo quarto Denver si è rifatta sotto, anche grazie ai punti di Gallinari, arrivando a meno 2 sul 58-60, al termine di una parziale di 14-2 per la squadra di Mile-High City. Da quel momento in poi, fino ai minuti finali, il match è stata una battaglia punto a punto, decisa soltanto nel finale da una bomba di Lawson, una schiacciata di Faried e un gioco da tre punti di Miller che hanno dato un vantaggio di sei punti ai Nuggets che sono poi riusciti a conservare dalla lunetta con il solito rituale dei tiri liberi. Il risultato finale è di 101 a 94, con Denver che manda in doppia cifra ben cinque giocatori (come spesso accade nell’attacco sapientemente gestito da coach Karl), tra cui Iguodala e Lawson con 18 punti (il primo con 9 rimbalzi, il secondo con 9 assist) più i 12 di Hamilton e gli 11 di Miller.

Ma concentriamoci sulla partita e soprattutto sul momento di Gallinari.

Ha chiuso la gara con 19 punti e 6 rimbalzi, frutto di un ottimo 6-11 al tiro, prendendo soltanto 2 conclusioni da dietro l’arco dei tre punti, mandandone a bersaglio una. Questo è sintomatico dell’evoluzione e della “maturazione Nba” che il giocatore sta avendo.

Difatti Danilo ha la fortuna di essere (oltre ad un grande talento naturale) un giocatore atipico, alto 208 centimetri, ma capace di tirare con percentuali clamorose da tre punti, unendo una dimensione perimetrale a quello che l’altezza, l’atletismo e la tecnica possono permettergli di fare anche spalle a canestro o in avvicinamento. I problemi però che il giocatore nato a Sant’Angelo Lodigiano sta incontrando in questa esperienza oltreoceano non sono pochi.

Infatti, nonostante le caratteristiche potrebbero portarlo ad identificarsi come 4 fortemente votato al gioco perimetrale, in realtà Danilo si sente una guardia, gioca da guardia ed è effettivamente molto efficace in quel ruolo. Il problema è nato (parlando della sua esperienza ai Nuggets) da quando dopo i reiterati problemi della scorsa stagione ha iniziato ad abbassare le sue percentuali di realizzazione dall’arco, modificando la tecnica di tiro e perdendo quella sicurezza che è fondamentale affinchè un tiratore riesca a segnare con continuità. A questo problema inizialmente Danilo ha reagito cercando di forzare la mano, provando a prendere sempre più tiri da tre, cercando a tutti i costi di ritrovare ritmo e sicurezza, condannandosi a percentuali molto più basse di quelle che era da sempre abituato a tirare in tutto l’arco della sua carriera. Se a questo si aggiunge anche il fatto che, giocando nello stesso ruolo dei giocatori di maggior talento di tutta l’Nba (vedi James,Bryant, Durant e soci), ci si rende conto che anche i “clienti” ai quali deve badare ogni volta che torna in difesa non hanno fatto altro che peggiorare quello che era il già difficile momento del ventiquattrenne italiano, obbligandolo a dare tutto anche nella propria metà campo, costringendolo ad un doppio lavoro (offensivo e difensivo) di fronte al quale ha trovato non poche difficoltà.

Da un paio di partita però (e come tutti sappiano, due indizi NON fanno ancora una prova) qualcosa è cambiato. In realtà era già da un po’ che Gallinari stava modificando radicalmente le proprie convinzioni di gioco, avvicinandosi molto di più a canestro, sfruttando i centimetri in eccesso che spesse volte può vantare sul suo diretto avversario, cercando insomma di diventare quello che il suo coach vuole, cioè il giocatore (o uno dei due assieme ad Iguodala) decisivo della squadra, sempre però improntato ad un concetto cestistico come quello di Karl, in cui la distribuzione di possessi e possibilità è di una maniacalità certosina per quanto è precisa (basti pensare che Denver ha 6 giocatori che hanno mediamente una doppia cifra di punti segnati, prendendo tutti un numero più o meno comparabile di tiri). Comunque la tendenza delle ultime due partite è inequivocabile. Danilo ha tirato con un complessivo di 13-26 dal campo, con 8 tentativi da 3 (di cui 3 a bersaglio) e ben 18 tentativi da 2. A questo però va aggiunto il dato a mio avviso più importante, cioè il 16-17 ai liberi in sole due partite, sinonimo del fatto che Gallinari il ferro lo attacca a lo attacca per davvero, con la giusta convinzione alla quale fa seguire percentuali eccellenti dalla linea di tiro libero che gli permettono di racimolare punti anche quando il tiro sembra non entrare, mettendosi in ritmo con i frequenti viaggi in lunetta. Questa è la “maturazione Nba” che Gallinari sta mostrando in questo ultimo spezzone di stagione, facendo si che alle sue eccellenti prestazioni coincidano anche vittorie da parte dei Nuggets.

Sono ancora tanti gli aspetti del gioco che l’ex giocatore dell’Olimpia Milano deve migliorare, a partire dall’andare forte a rimbalzo e dal cercare di “gestire” le energie difensive come solo i grandi giocatori sanno fare, non diventando però un facile bersaglio dell’attacco, configurandosi come quel giocatore poco intenso a prescindere in difesa e quindi quello da attaccare (Melo docet).

La strada è ancora lunga, ma noi siamo pronti a gustarci tutti il cammino di quello che speriamo entri presto a far parte dell’élite Nba. Danilo ne ha tutte le possibilità, sta a lui cercare di metterle a frutto e a noi di aspettarne i risultati.

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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