Categorie: Boston Celtics

Bella vittoria dei Celtics contro i Thunder! Il punto sull’inizio di stagione in altalena dei biancoverdi

Sarà stato il famoso “orgoglio celtico”, saranno state le motivazioni dei fenomeni che la franchigia del Massachusetts ha in dote, sarà stata la spinta del solito caloroso pubblico del TD Garden, fatto sta che per Boston nella notte la vittoria è arrivata contro avversari di primissimo piano come gli Oklahoma City Thunder di questo periodo. Con la gara di questa notte i Boston Celtics portano il record di vittorie al di sopra del 50% (7-6) e sembrano finalmente ritornare a convincere dopo un avvio di stagione in altalena, inevitabile dopo la rivoluzione estiva del roster.

La partita è stata ovviamente combattuta (domare OKC non è mai semplice come impresa) e, nonostante i 29 di Durant e soprattutto i 26 punti di Westbrook (che ha tirato con quasi il 50% dal campo, cosa che di solito garantisce la vittoria alla finalista della scorsa stagione), Pierce e soci sono riusciti ad allungare nel terzo quarto e poi a mantenere comunque la testa avanti fino alla fine dell’incontro, nonostante Durant con due triple abbia provato (non riuscendoci) a riportare del tutto in partita la squadra dell’Oklahoma. Per Boston a referto ci sono i 27 punti di un eterno Paul Pierce (che non ne vuole proprio sapere di smetterla di essere decisivo), i 18 punti di Garnett (che in quanto ad “eternità” e “essere decisivo” si avvicina molto al compagno di squadra sopracitato) e gli ormai abituali 16 assist di Rajon Rondo, a -2 da Stockton per partite consecutive con almeno dieci assist, ancora molto indietro però rispetto al record assoluto di Magic.

Ne approfittiamo quindi per parlare un po’ di Celtics e dell’inizio dei biancoverdi in questa stagione di forte cambiamento.

La prima valutazione va sicuramente fatta sul roster, rivoluzionato in estate, che ha visto la dipartita del free agent Ray Allen (che ha preferito il triennale offertogli dagli Heat al posto del biennale che sostanzialmente gli avrebbe fatto concludere la carriera in maglia Celtics) e l’acquisto al suo posto di Jason Terry che, assieme a Courtney Lee, si alterna nell’occupare il posto nel quintetto titolare, essendo spesso e volentieri schierato in panchina per poi subentrare nel corso della partita (non a caso votato miglior sesto uomo con i Mavs nel 2009). A loro si sono aggiunti il rientrante Jeff Green, la cui storia andrebbe raccontata a parte data la sua straordinarietà (tornato ad allenarsi dopo un operazione alla aorta, durante la quale ha rischiato ben altro oltre al non poter più ritornare su un campo da gioco), Leandrinho Barbosa e la ventesima scelta assoluta al Draft di quest’anno Jared Sullinger, da tutti considerato fino a qualche mese prima di giugno come possibile prima scelta assoluta, ma poi “caduto in disgrazia” a causa della scarsa affidabilità delle sue ginocchia, che hanno fatto si che la sua posizione scendesse così tanto.

Aggiungendo a questi, oltre i Big Three, i soliti Bradley e Bass, si nota come Boston si configuri nel panorama cestistico Nba tra le squadre meno alte e meno atletiche della Lega, requisiti indispensabili per il tipo di basket che sta via via affermandosi in questi ultimi anni (vedi James, Wade, Westbrook solo per dirne alcuni). Di fronte a queste caratteristiche di squadra più che individuali (Rondo ad esempio è un atleta straordinario, Garnett è tutt’altro che poco esplosivo) coach Rivers ha deciso di prendere delle decisioni drastiche, tra cui la più evidente, palesata in modo particolare nella partita contro gli Spurs, è quella di non andare a rimbalzo d’attacco, evitando così l’esposizione a facili contropiedi legati sia alla gestione del pallone alle volte “sconsiderata” da parte di Rondo ed anche al fatto che, non avendo grande elevazione e grossa stazza, le possibilità di prenderne anche andandoci sarebbero ridotte.

Nella partita sopracitata contro i San Antonio Spurs i Celtics erano ad un minuto dal record ogni epoca (anche perchè andare in “negativo” con il numero di rimbalzi d’attacco la vedo dura), non avendo catturato neanche un singolo rimbalzo d’attacco e riuscendo soltanto nel finale con un tapin di Brandon Bass ha far si che Boston togliesse lo zero da quella casella. Questa scelta radicale però non può che essere controproducente perchè toglie ai Celtics decine e decine di possessi offensivi (Boston è ultima con 17 rimbalzi offensivi ogni 100 disponibili, mentre la prima della Lega è a 36, sono ben 20 possessi di differenza) e quindi Rivers è stato costretto a rivedere i suoi piani. Nella partita di stanotte infatti qualcosa è cambiato, decidendo di mandare a rimbalzo alternativamente uno dei lunghi, riuscendo quantomeno a recuperare 8 rimbalzi d’attacco (che sono lo stesso numero di quelli catturati da OKC), tutti presi da Garnett, Bass e Sullinger, mantenendo comunque gli esterni lontani da canestro in situazioni di rimbalzo, già pronti a tornare in difesa per evitare il contropiede. La vittoria di stanotte è arrivata anche per quello, perchè i Celtics sono riusciti a prendere complessivamente lo stesso numero di tiri dei Thunder, prendendo lo stesso numero di rimbalzi d’attacco e perdendo lo stesso numero di palloni, cosa che non era avvenuta nè contro San Antonio, nè nella sanguinosa sconfitta contro Detroit, diventando così una delle cause principali della sconfitta.

Altro problema palesato in questo inizio di stagione è la scarsa attitudine difensiva di una squadra che, da quando coach Rivers ne ha preso le redini, ha fatto della difesa uno dei suoi punti di forza, facilitata sicuramente dall’avere in quintetto uno dei migliori difensori ogni epoca come Kevin Garnett. Proprio le abbacinanti qualità difensive del centro ex Minnesota stanno alla base di quello che a mio avviso è uno dei motivi dei problemi difensivi dei Celtics, la Garnett-dipendenza. Il centro ormai trentaseienne viene sapientemente gestito dal suo coach il quale, con la precisione di un orologio svizzero, allo scoccare del sesto minuto del primo e del terzo quarto lo mette a riposo in panchina, a prescindere dall’andamento della partita. E’ in quei momenti che la capacità difensiva dei Celtics crolla drasticamente, avendo una front line difensiva composta da buoni rubatori di palloni, ma pessimi marcatori (Rajon è fantastico sotto tantissimi punti di vista, ma la difesa non è certo tra quelli), alla quale si aggiunge una batteria di lunghi non all’altezza dei compiti difensivi che Garnett assolve, non avendo in Wilcox, Bass (difensivamente davvero inguardabile) e Sullinger quel giocatore che garantisca la giusta mobilità sia in orizzontale, per riuscire a mettere una “pezza” sulle sbavature degli altri, sia verticale, per cancellare i tentativi da sotto o quantomeno intimorire gli avversari. Questo è un grosso problema, considerando che le vittorie di Boston devono per forza passare per una buona difesa, non avendo quelle garanzie offensive che le permettano di giocare spesso partite al di sopra dei 100 punti. Le vittorie Celtics sono quelle in cui tu fai segnare al tuo avversario un canestro in meno (non quelle “dantoniane” del canestro in più) e questo concetto ovviamente non può prescindere dalla difesa.

Ultimo punto sul quale vorrei porre l’attenzione è il vero giocatore chiave della franchigia, Rajon Rondo, fortemente condizionato nell’ultimo periodo da questa ricerca ossessiva dei 10 assist a partita. Contro Detroit è rimasto in campo anche a partita ampiamente compromessa, rischiando di affaticarsi o farsi male, pur di mettere a referto la doppia cifra nella colonna sotto la scritta “assist”. Questo ne sta anche condizionando in parte il gioco, come ad esempio nel caso della partita dell’altra sera contro gli Spurs in cui Duncan, di intelligenza cestistica superiore, ha difeso su Rondo lanciato in contropiede non bloccandogli l’accesso al canestro, ma chiudendogli le linee di passaggio, costringendolo a pensare al tiro (al quale Rondo non aveva minimamente posto l’attenzione) e inducendolo all’errore. Questo è ciò che può condizionare il playmaker di Louisville, il quale altrimenti punta con decisione (a maggior ragione quest’anno) ad avere in mano la gestione totale della squadra, sia sotto l’aspetto tecnico che sotto quello emotivo, giungendo così a completa maturazione. Di esempi in casa ne ha avuti e ne ha tutt’ora (allenarsi e frequentare gente come Pierce o Garnett in quanto a personalità credo sia un’esperienza altamente formativa).

La cosa più importante è che questa squadra ritrovi, come stanotte ha dimostrato di poter fare, l’orgoglio che vestire la maglia biancoverde porta con sé. Non è una maglia qualsiasi, non è una franchigia qualunque, sono i più vincenti della storia dell’Nba e non vorranno di certo smettere di esserlo. Let’s go Celtics!

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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