Categorie: Brooklyn Nets

Il primo derby di New York va ai Nets! Due squadre con lo stesso record (9-4), ma con stati d’animo ed ambizioni diverse

Adesso finalmente anche New York può dire di avere il suo derby. Nella notte si è giocata quella che doveva essere la partita d’esordio al Barclays Center tra Brooklyn Nets e New York Knicks, rimandata a causa del passaggio dell’uragano Sandy. Si sono incontrate due squadre protagoniste di partenze diverse, anche se dopo il risultato della notte possono vantare lo stesso record di 9 vinte e 4 perse.

Partita combattuta, giocata a basso numero di possessi (è caratteristica di entrambe le franchigie quella di abbassare il ritmo, giocare a metà campo, non spingere mai troppo la transizione) che come nelle migliori sceneggiature hollywoodiane ha portato la partite all’overtime (86-86 dopo i 48′ regolamentari), nel quale hanno avuto la meglio i Nets, grazie ad un allungo al quale i Knicks ormai esausti non hanno saputo rispondere. Vincono i padroni di casa per 96 ad 89, aggiudicandosi il primo derby della stagione. Per Brooklyn fanno la differenza i 22 punti di un sempre più convincente Brook Lopez e la doppia doppia (16 punti e 14 assist) di un Deron Williams in ripresa dopo le difficoltà delle ultime uscite. Per i Knicks non bastano i 28 punti e 10 rimbalzi di Tyson Chandler, ma soprattutto i 35 punti e 13 di rimbalzi di un Carmelo Anthony per lunghi tratti padrone della partita, ma che negli ultimi 8 minuti e mezzo ha messo a referto 2 miseri punti, con 0-5 dal campo (tra cui il tiro decisivo sulla sirena allo scadere del quarto quarto), 1 palla persa e 2 liberi sbagliati.

Due squadre che nel complesso possono dirsi soddisfatte della loro partenza in regular season, anche se per molti aspetti diverse una dall’altra. Analizziamole entrambe.

Partiamo dai Nets, da sempre la squadra “due” del panorama cestistico newyorchese, da qualche settimana però trasformatasi da brutto anatroccolo in cigno. Merito sicuramente dei soldi di Michail Prochorov, secondo uomo più ricco di Russia, con patrimonio stimato all’incirca di 13,4 miliardi di dollari. Insomma, uno che non si fa problemi ad elargire un contratto di 12 milioni di dollari ad Humphries, che per la partita di stanotte (si parla di 4 punti e 5 rimbalzi in 18 minuti di utilizzo) si è portato a casa (se proiettiamo la stagione dei Nets su 100 partite) la bellezza di 120.000 dollari.

Merito anche del trasferimento nel nuovo impianto (fortemente voluto da Jay-Z, rapper nonchè comproprietario dei Nets, nonchè marito di Beyoncè), il Barclays Center, costato all’incirca un miliardo di dollari, con una capienza superiore alle 17.000 persone, in assoluto una delle arene più avveniristiche degli States.

Inoltre alla corte di coach Avery Johnson è arrivato Joe Johnson dagli Hawks (che ancora non è riuscito ad esprimersi al meglio, ma che potrebbe rivelarsi decisivo nella stagione di Brooklyn), potendo vantare così uno dei migliori quintetti Nba, con Deron Williams, Gerard Wallace e Brook Lopez (oltre al già citato Humphries, anello debole di uno starting five di tutto rispetto). I Nets stanno cavalcando il grande periodo di forma di Lopez (20 di media a partita, con percentuali che non scendono mai sotto il 50% dal campo) e la varietà dei movimenti che egli propone, sia mettendo palla a terra e battendo dal palleggio il lungo avversario, sia tirando dalla media qualora gli si conceda quel metro di troppo per evitare che attacchi il canestro. Altra nota lieta di questo inizio di stagione è la non totale dipendenza da Deron Williams, di gran lunga il giocatore di maggior spessore della franchigia. Ne è la riprova la partita contro i Clippers nella quale la terza scelta assoluta del draft 2005 non è stata efficace nè in fase realizzativa nè in quella di costruzione, ma nonostante questo i Nets son riusciti a portare a casa una vittoria tutt’altro che scontata, contro una squadra certamente più atletica e dai difficili accoppiamenti difensivi come quella losangelina.

Problemi però ce ne sono. La fluidità offensiva è ancora lungi dall’essere quella di una squadra rodata, che sa dove andare nel momento in cui inizia l’attacco. Adesso molto poggia sulla “certezza” offensiva che Brook Lopez rappresenta e da tutto ciò che ne deriva (scarichi sul raddoppio, rimbalzi d’attacco dopo aver attirato la difesa su di sé), ma a questo bisogna aggiungere un’altra dimensione, quella che io oserei definire “la dimensione Johnson”. E’ lui che deve creare una valida alternativa al gioco all’interno del pitturato di Brooklyn. Se la guardia riesce a ritrovare la sicurezza delle ultime stagioni ad Atlanta, i Nets sono tranquillamente da semifinale ad Est (assieme a Miami, Boston e Knicks).

A proposito di Knicks, analizziamo anche la situazione dell’altra franchigia della Grande Mela. Dalle parti del Madison Square Garden, dopo la roboante partenza con quel record di 6-0 (secondo migliore di sempre nella storia di Knicks) i prevedibili problemi sono arrivati, e non a causa del rientro di Stoudemire in quintetto. Problemi legati alle percentuali che (soprattutto dall’arco) sono inevitabilmente calate. Carmelo e soci nelle ultime sette hanno un record di 3-4, più consono a quelle che erano le possibilità di un gruppo così eterogeneo, che sta iniziando a soffrire il giocare con Anthony da quattro, novità in questo inizio di stagione alla quale le avversarie hanno saputo trovare le contromosse. New York è una delle ultime squadre della Lega in quanto a rimbalzi catturati (nonostante Melo nella notte ne abbia presi 13), sta iniziando a soffrire sempre più difensivamente ed il solo Chandler non basta ad arginare i problemi che un volenteroso Melo (che in questa stagione si sta applicando molto di più rispetto al passato) palesa in quella fase di gioco.

Questo ovviamente non vuol dire che prima i Knicks erano dei fenomeni e adesso sono magicamente diventati dei brocchi. Sta semplicemente a significare che, come i cugini, anche i Knicks sono lontani dall’aver risolto i loro problemi, sia nella fase difensiva (di più) che in quella offensiva (un po’ meno).

Comunque la notizia della notte è che (nonostante i loro difetti) New York da oggi vive della rivalità tra due franchigie che in futuro potrebbero giocare l’una contro l’altra partite più importanti di una semplice sfida di regular season, alla ricerca sia di un posto nell’Olimpo Nba, ma anche per affermare chi è il più forte all’ombra dei grattacieli di Manhattan.

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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