Categorie: San Antonio Spurs

Quando il testosterone degenera in “violenza”: Stephen Jackson multato di 25.000 dollari a causa delle minacce via twitter nei confronti di Ibaka!

Alla fine la multa per il “bandito” è arrivata, ponendo fino alla querelle venuta fuori nelle ultime ore. Tutto è iniziato giovedì sera, l’incontro tra Thunder e Lakers. Prima domanda che sorge spontanea: ma scusa “il bandito” non è tale Stephen Jackson, arruolato per la seconda volta in carriera in quel di San Antonio? Cosa c’entra lui con OKC-LAL? Giusto, però con la maglia gialloviola da qualche anno viene in maniera continuativa schierato un certo Metta World Peace, al secolo Ron Artest, grande amico del sopracitato Jackson in quel di Indiana e compagno di “avventure” dello stesso nella sciagurata notte di Detroit, il 19 Novembre del 2004, in quella che viene considerata una delle pagine più tristi dello sport professionistico americano (di seguito è riportato il link che richiama a quelle scene poco edificanti).

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Ritornando alle vicissitudini attuali, nella sfida di giovedì, durante una battaglia a rimbalzo su un tiro libero stranamente mandato a segno dai losangelini, Serge Ibaka e Metta vengono a contatto e restano avvinghiati per qualche secondo, dicendosene reciprocamente di tutti i colori, ma evitando fortunatamente di ripetere scene come quelle precedentemente proposte in video. Il buon vecchio Jackson davanti la tv non ci sta, accede con il suo account su Twitter e scrive:

“Somebody tel serg Abaka. He aint bout dis life. Next time he run up on me im goin in his mouth. That’s a promise. He doin 2 much.”

In sostanza è “qualcuno vada a dire a Serge Ibaka che la prossima volta che prova a saltarmi addosso “I’m going to his mouth”, questa è una promessa”. Nonostante non sia molto chiaro cosa volesse precisamente intendere con quel “I’m going to his mouth”, di certo in molti hanno pensato che non fosse qualcosa di carino, nè tanto meno piacevole nei confronti del centro congolese di passaporto spagnolo.

Il tweet dopo poco è stato rimosso dal giocatore degli Spurs, non abbastanza celermente però da evitare tutta la scia di polemiche e le discussioni che ne sono nate. Le parole di Jackson sembrano violente oltre il consentito, risultando una chiara minaccia nei confronti di un giocatore, con cui aveva avuto attriti in passato, ma che sembrano nascere da un sodalizio cameratesco basato più su un concetto di “rispetto” che richiama quello che si conquista per strada, che non quello ottenuto su un campo da basket.

Jackson allora decide di fare marcia indietro. Cambia social network, ma soprattutto cambia i toni e le parole, postando su Instagram il seguente messaggio:

“Io chiedo scusa a Serge Ibaka, alla Nba e a tutti i miei fan per i commenti che ho fatto. Quel comportamento non è professionale ed è infantile. Non sono un delinquente, sono soltanto una persona che scrive quello che gli passa per la testa. E questo non è appropriato. Io chiedo scusa. Solo un vero uomo ammette i propri errori”

Conoscendo il personaggio e il suo carattere immaginiamo quanto sia costato a Jackson fare una dichiarazione di scuse così rimarcata, andando contro se stesso e il suo orgoglio. A questo punto in molti hanno pensato, a prescindere dalla sincerità con la quale fossero state pronunciate quelle parole, di fronte ad una presa di posizione così netta e ad un pentimento (quantomeno verbale) così chiaro, che si potesse fare a meno di prendere provvedimenti, evitando magari di continuare a rivangare la questione e generare altri attriti.

Invece oggi è arrivata la notizia della multa da 25.ooo verdoni (che fino a qualche anno fa per Stephen sarebbero stati una “fortuna” nel vero senso della parola). Le scuse non sono bastate per evitare che venissero sanzionate delle frasi chiaramente provocatorie, che poco hanno a che fare con una Lega che comunque fa della fisicità e dello “scontro” alcuni dei suoi temi più importanti. Il trash talking, lo sfidarsi in maniera continuativa, il dimostrarsi più uomo degli altri sono le linfe che tengono in vita la competizione che altrimenti, spalmata su più di 100 partite stagionali, rischierebbe di perdere quello stimolo in più necessario in una contesa sportiva.

Allo stesso tempo però, in una Lega che conta molte “personalità forti” (al limite della delinquenzialità direi) il confine tra provocazione sportiva e violenza diventa molto labile, rischiando alle volte di essere superato, facendo passare per agonismo quello che in realtà diventa pura e semplice violenza. E’ giusto quindi, appena si ha il sentore che qualcosa sta volgendo per il verso sbagliato, di evidenziare il gesto inappropriato e punirlo, anche a fronte di postume scuse, anche perchè la cassa di risonanza delle parole scritte da un giocatore professionista fa sì che esse possano diventare cattivo esempio per molti dei loro seguaci (discorso già sentito più volte, ma che è giusto tener sempre presente).

Per verificare se il pentimento e soprattutto la multa siano serviti non dovremo aspettare molto. Il 17 dicembre ci sarà la partita tra Thunder e Spurs. Si spera davvero che Jackson (una volta per tutte) abbia imparato la lezione.

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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