Un tempo si sarebbe potuto dire che il duello tra la point guard dei Brooklyn Nets Deron Williams e l’esplosiva stella dei Thunder Russell Westbrook , duello che avrà luogo stanotte in quel dell’Oklahoma, sarebbe stato tra due dei giocatori di elitè nel ruolo di playmaker all’interno della lega americana. Senonché è innegabile che il rendimento di Deron Williams è in costante calo da qualche anno a questa parte e che, cifre a parte, non è più lo stesso giocatore che appena entrato nella lega rivaleggiava a viso aperto con CP3 per stabilire chi fosse il migliore dei due nel ruolo di PG (e nonostante nessuno dei due abbia ancora vinto un titolo, credo che non ci sia, ora come allora, alcun dubbio su chi tra Deron e CP3 sia più forte!). Questa situazione non è sfuggita allo stesso Williams, che ha apertamente ammesso al NYPost:
“Non credo di stare giocando come uno dei playmaker d’elité di questa lega. Credo di poterlo essere, ma devo capire come fare”.
Sentire queste parole da quella che dovrebbe essere la tua superstar non deve essere bello quando sei la dirigenza dei Nets, soprattutto se hai appena rifirmato Williams con una accordo per 5 anni a 100 milioni di dollari con la fiducia di avere uno dei migliori giocatori della Lega e potenzialmente una delle migliori PG, facendone dunque il cardine del nuovo corso Nets. D-Will invece sta deludendo parecchio le aspettative iniziali, e sembra essere diventato solo un giocatore di medio livello. Un giocatore che nelle 30 gare finora disputate ha messo insieme 16,3 punti di media con 7,5 assist, ma tirando con il 39,9% dal campo e il 30% da tre punti. Le difficoltà al tiro nel numero 8 di Brooklyn sono state decisive per le perfomance negative dei Nets che nel mese di Dicembre hanno fatto registrare un pessimo 5-11 che ha portato al licenziamento di coach Avery Johnson (sostituito ad interim da P.J.Carlesimo).
“Sono deluso e frustrato per come gioco. Ci sono stati momenti in cui per una o due partite sono stato fuori dalla gara, ma mai come adesso, non mi è mai capitato di giocare male costantemente in ogni partita.”
Parte dei problemi al tiro vengono attribuiti da Williams ad un infortunio al polso destro (quello con cui tira), infortunio nel quale è incorso nell’Aprile del 2011 e dal quale pensa di non essere stato più lo stesso
“Penso che prima dell’operazione al polso tirassi meglio. L’ultimo anno e mezzo a Utah l’ho giocato con un polso che mi faceva male. È una di quelle situazioni per le quali per circa 2 anni e mezzo ho dovuto tirare in maniera diversa per via del polso . Non so se questo abbia cambiato definitivamente il mio tiro o qualcos’altro, ma so che il mio tiro non è più stato lo stesso da allora.”
Tuttavia il giocatore crede anche che si tratti di una questione mentale oltre che di un problema fisico:
“Penso troppo a tutti quei tiri sbagliati e questo mi frena. Non sono mai stato un giocatore che va là fuori e pensa.. Sono istintivo. Ora invece, quando vengo fuori da un blocco, ho il dubbio se tirare oppure no. Il problema non sono gli infortuni. Non sto giocando nella maniera in cui dovrei. È prima di tutto una questione mentale e devo tentare di uscirne.
Volendo fornire un quadro esaustivo della sfida tra Deron Williams e il fondamentale del tiro, vale la pena fornire alcuni dati statistici: nelle sue cinque stagioni e passa trascorse ai Jazz, D-Will ha tirato con il 46,6 % e il 35,8%, cifre più che discrete per un giocatore che deve pensare a far segnare gli altri prima che se stesso. Nelle 97 partite giocate finora per i Nets, il nostro ha fatto segnare una percentuale al tiro di 39,8 con il 31,9% da 3 punti, percentuali in vistoso calo che condizionano anche altri aspetti del gioco di Williams che vede calare da 2 anni a questa parte anche la percentuale di assist smistati (che quest’anno come detto sono 7,5 dopo gli 8,7 dell’anno passato e i 10,3 dell’anno prima ancora).
Quali che siano i problemi di Williams c’è da augurarsi che riesca a trovare una soluzione: per i Nets, per tornare ad essere il franchise player destinato a condurli alle vette della NBA; ma ancora di più per il giocatore, affinché possa ritornare a livelli di gioco più consoni alla sua caratura, rendendo così giustizia al talento che gli è stato donato.