Andrea Bargnani sembra destinato a non trovare mai pace. Il lungo italiano, fuori per infortunio al gomito destro dallo scorso 11 dicembre, balza nuovamente all’attenzione delle cronache sportive per alcune dichiarazioni di Sam Mitchell, primo tecnico di Bargnani in NBA, a Toronto. Mitchell sostiene di essere stato costretto ad andarci “piano” con Bargnani, perchè i Raptors sostenevano che il Mago non avrebbe sopportato un trattamento troppo duro. Questa viene indicata da Mitchell come una delle cause per cui l’indiscusso talento di Bargnani non è ancora del tutto potuto sbocciare, fino a farlo diventare il franchise player che Toronto si aspettava potesse essere quando spese la prima scelta assoluta al draft 2006 per l’italiano.
“Non mi è stato permesso di trattare Andrea nello stesso modo in cui ho trattato Calderon. Sono stato duro con José, ci sono andato davvero pesante: ma guardate che giocatore ha dimostrato di essere. Invece con Bargnani non è stato possibile perche all’interno della franchigia pensavamo che non l’avrebbe sopportato. Ma se non poteva sopportare questo, non avremmo mai potuto costruire la squadra intorno a lui.”
Le dichiarazioni di Sam Mitchell nei confronti del Mago non sono certo tenere. Ma quale possono essere stati i motivi che hanno spinto i Raptors a questa valutazione?
“Io penso che il motivo fosse probabilmente la pressione dell’essere una prima scelta assoluta insieme al fatto che era stato investito molto su di lui; oltre a questo credo semplicemente che la dirigenza pensasse che il mio modo di allenare fosse troppo duro per lui”.
L’ex-tecnico dei Raptors fa un confronto tra il modo in la franchigia canadese ha trattato Bargnani e il modo in cui i Minnesota Timberwolves , a suo tempo (parliamo del lontano 1995) trattarono al suo ingresso in NBA un certo Kevin Garnett, quest’ultimo un giocatore “abbastanza dotato” proveniente direttamente dall’High School e scelto al draft con la quinta scelta assoluta. In quei T’Wolves giocava lo stesso Mitchell (7 stagioni nel Minnesota per lui, 1995-2002) che ricorda quanto lo staff tecnico di Minnesota fosse severo con KG, sapendo bene però quanto fosse grande il talento di Garnett e quale giocatore sarebbe potuto diventare (con il senno di poi una scommessa vinta su tutta la linea!!).
“La questione non è se Andrea abbia talento oppure no, ma piuttosto se abbia voglia di diventare un grande giocatore. Deve guardarsi allo specchio e capire se vuole diventare un campione o se vuole giocare solo per guadagnare soldi. Questa scelta la deve fare lui perchè al momento ha entrambe le possibilità. Sembra che non abbia passione per il gioco, che per lui non sia importante.”
Non è un mistero che Bargnani sia stato criticato a lungo per il suo gioco nel corso della sua carriera NBA e molti analisti suggeriscono che Toronto non avrebbe dovuto spendere la prima scelta assoluta per il giocatore italiano nel 2006. Ma Mitchell anche a posteriori difende la scelta operata dalla franchigia canadese:
“Quello fu un draft difficile. Credo che la prima scelta sarebbe stata Brandon Roy se non avesse avuto quei problemi alle ginocchia, che sono stati la ragione per cui lo scartammo. Non credo che la scelta di Andrea sia stata un fallimento e non sono deluso dalla linea che abbiamo adottato con lui. Sono deluso dal fatto che, pur avendo un potenziale da All-Star, non abbia ancora deciso di iniziare a giocare come tale.”
Andrea Bargnani tutt’oggi rappresenta uno dei più grandi misteri della NBA. L’incredibile talento realizzativo dell’Italiano non è bastato negli anni a eclissare, nelle menti degli analisti e addetti ai lavori, le lacune evidenti in difesa e a rimbalzo (quest’anno 4,3 rimbalzi di media in 32,8 minuti di utilizzo,il minimo dal 2007/2008 e allora Bargnani giocava in media 8 minuti in meno), per non parlare del poco impegno del Mago quando si tratta di intimorire gli avversari sotto canestro. Purtroppo anche quel talento realizzativo, poc’anzi decantato, in questa stagione va e viene, e il Mago nelle 21 partite fin qui giocate ha segnato solo 16 punti di media con il 39,8% dal campo e 31,9% da 3 punti, dato sconfortante dal momento che prima dell’infortunio era la prima opzione offensiva dei Raptors. Quel che è peggio (per lui, non certo per i Raptors) è che proprio in sua assenza la squadra ha trovato una dimensione di gioco ottimale, riuscendo a registrare 8 vittorie nelle ultime 10 partite giocate. Bisogna fare attenzione però a non esagerare: se da un lato il campo parla chiaro, e il calo stagionale di Andrea (indipendentemente dal fatto che ora sia infortunato) è palese e sotto gli occhi di tutti, non bisogna d’altro canto eccedere nell’altro senso, attribuendogli tutte le colpe per il rendimento di una squadra che, non da questa stagione, ma ormai da 4 anni, mantiene un costante andamento perdente, che sembra male amalgamata e soffre dei residui di infelici gestioni precedenti (leggi Jay TRIANO). A mio modesto parere, sarebbe ora di finirla con questo “tiro al Bargnani” ; ma il primo a doversi dare una mano in questo senso è lo stesso Andrea, utilizzando l’unica arma a sua disposizione per zittire chi lo critica: il talento.