Categorie: Houston Rockets

Houston, abbiamo un problema

Houston, Texas, quarta città degli States per abitanti, conta più di 5 milioni di anime, metropoli tra le più grasse al mondo infatti ben un abitante su quattro supera la soglia dell’obesità e dal ’71 casa dei Rockets, franchigia che prima aveva sede a San Diego.

La squadra, vincitrice di due titoli (1994 e 1995), quest’anno ha rivoluzionato l’organico, comprando giocatori importanti e cercando di riagganciare quei Playoff che mancano da tempo.

Le partenze di tutti i migliori interpreti della passata stagione: Scola, Dragic, Lee, Lowry e Budinger, sono state compensate dagli arrivi di giocatori come Asik, Lin e Delfino. La vera ciliegina sulla torta del mercato texano è stata, tuttavia, la trade che ha portato James Harden (sesto uomo dell’anno e finalista Nba con la maglia di OKC) al Toyota Center in cambio di Kevin Martin e Jeremy Lamb.

L’inizio di stagione è stato fino a qui molto positivo, il record ad oggi recita 21 vittorie al fronte di 14 sconfitte e proietta così la squadra ad un ipotetico sesto posto, nella griglia occidentale. La buona stagione della franchigia della contea di Harris è dovuto agli ottimi numeri di Harden, che sta viaggiando a 26,4 punti a partita, ma soprattutto al buon gioco di squadra congiunto all’eccellente sviluppo di due giocatori come Parsons e Patterson. I due sono passati dall’essere il settimo e l’ottavo realizzatore, ad essere il secondo e terzo di questa stagione, se l’anno scorso in coppia segnavano 17 punti e raccoglievano 9 rimbalzi, ora i punti sono diventati 27 e i rimbalzi più di 11. Anche Asik porta un valido contributo con una doppia doppia da 11 e 11 di media.

Tralasciamo però il basket giocato per un attimo, concentriamoci sull’aspetto economico di questi Rockets., è vero che quest’anno stanno facendo bene e hanno il monte salari più basso dell’intera Nba ma tra due anni cosa accadrà?

Le prospettive per la squadra texana sono tutt’altro che rosee, i contratti folli attribuiti a due giocatori ampiamente sopravvalutati dalla dirigenza come Asik e Lin, uniti a quello più sensato ma comunque oneroso fatto ad Harden impedisono sostanzialmente a Houston di creare un qualsiasi futuro progetto. Se gli 80 milioni spalmati su 5 anni (in maniera che sarà chiara solo a fine stagione) per il Barba, risultano obbligatori per creare un punto di partenza, allo stesso modo i contratti (identici) a crescere per il turco e Linsanity risultano distruttivi. 5 milioni il primo anno, 5,225 il secondo per poi arrivare a quasi 15 a testa il terzo, sono senza ombra di dubbio cifre troppo importanti, soprattutto per giocatori tutto sommato mediocri. Tra due anni chi sarà disposto a prendersi sul groppone numeri simili? Con ogni probabilità nessuno. Col presupposto che quest’anno i Rockets non vinceranno certamente il titolo, si prospettano anni lunghi e difficili per i tifosi della squadra texana. Situazione non molto differente e in parte più grave la vivono i Brooklyn Nets che nella stagione 2015/16 dovranno sborsare 73 milioni di stipendio per soli quattro giocatori. Se i 16 che spetteranno a Brook Lopez potranno comunque risultare ben investiti, ben diversa appare la situazione per il trio Williams, Wallace, Johnson. Il primo arriverà a guadagnare 21 milioni, cifra che risulta priva di ragione di esistere viste le attuali prestazioni del numero 8 dei Nets. Il secondo percepirà poco più di 10 milioni, ammesso e non concesso che li valga ora, certamente non li varrà tra 3 anni quando il suo tassametro segnerà 34 anni di vita. Il terzo è probabilmente il caso più eclatante, JJ è indubbiamente un giocatore dal livello stratosferico ma anche in questo caso l’avanzata età lascia qualche dubbio e i 25 milioni, si esatto 25, che entreranno nelle sue tasche nel 2016 difficilmente non faranno rimpiangere il giorno di quella maledetta firma alla dirigenza Nets. Si prospettano anni cupi.

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