Categorie: Miami Heat

MIAMI-INDIANA: Il Deja vù di una partita persa ai rimbalzi.

Playoff 2012, semifinals ad est: Indiana conduce la serie 2-1 contro Miami.  Spoelstra da mani nei capelli un’azione sì e l’altra pure, Lebron vede i fantasmi dei playoff passati e Wade continua a litigare con il ferro. Il problema numero uno degli Heat è che a rimbalzo non esistono. Indiana gioca bene le sue carte con gli Hibbert, George e West di turno che spazzano via ogni pallone sotto canestro.  I referi di gara 2 e gara 3 parlano chiaro: Miami raccimola 76 rimbalzi in due partite, contro i 105 di Indiana. Non c’è storia.
Poi le cose sono tornate a filare nel modo giusto per Miami, complici un Lebron  che  per sopperire ai pochi rimbalzi di squadra, in gara 4 ne cattura 18 e un Wade da 41 punti in gara 5. Ma  la serie contro i Pacers a distanza di mesi continua a non raccontarla giusta. Anche dopo il titolo, anche dopo la consacrazione di Lebron.  Un campanello di allarme?
Forse più un nervo scoperto per i ragazzi di South Beach.

 

Stanotte alla Bankers life Fieldhouse è andato in scena il remake di quella serie, mettendo nuovamente a nudo la debolezza degli Heat, travolti 55-36 a rimbalzo e tenuti al minimo stagionale sotto la voce punti. Punteggio finale da match FIBA 87-77 per i padroni di casa, che ottengo l’undicesima vittoria nelle ultime 14 partite(8° di fila in casa)
I Pacers hanno cavalcato un Paul George sensazione, esploso al cospetto di Lebron James con 29 punti, sua terza miglior performance stagionale. Ma l’apporto di George va oltre il dato statistico,  perché dietro i 29 punti e gli 11 rimbazi c’è un giocatore presente in tutte e due i lati del campo. Mastino in difesa se ce n’è uno, collante della metà campo dei Pacers e  in grado di marcare sia esterni che lunghi perimetrali.

 

Miami ha toppato anche in attacco, tenuta al 41% dalla squadra che fa tirare peggio gli avversari: i campioni in carica arrivano alla ripresa con appena 35 punti segnati e 66 dei loro 77 finali( un abbondante 80%) vengono dai big 3. La panchina ha prodotto 8 miseri punti, con Ray allen rimasto a secco per la seconda volta in carriera. He goat game non faceva virgola dal 26 febbraio 1997 ai tempi di Milwaukee quando era un rookie alle prime armi in NBA. Non è bastato Lebron, unico dei suoi in doppia cifra di rimbalzi, e i 22 punti  messi a referto per trascinare Miami alla vittoria.

 

Analizzando le sconfitte degli Heat, la sensazione è quella di vedere una squadra che in campo mette il 70/80%. Come se, forse giustamente,  staccassero la spina in alcune occasioni( vedi match contro Washington del 4 dicembre) per poi tornare a spingere al massimo nelle partite che contano( vedi OKC nella partita Natale). Però Indiana è una competitor di conference, squadra da battere anche per chi detiene il primo posto nella eastern. Il box score della partita dice tre giocatori di Indiana( West, Hibbert e George) in doppia cifra di rimbalzi. Miami, che rimane comunque la favorita per compiere il bis del titolo, non può contare unicamente su Lebron. In teoria ci sarebbe Bosh,  lungo autentico nel mare magno di esterni in maglia Heat, però se da una parte il sistema di Spoelstra dei 4 piccoli apre il campo alle scorribande di Lebron e privilegia i tiri da fuori, dall’altra sotto le plance si crea il vuoto, una defezione difficile da compensare pure adottando gli aggiustamenti con Battier lungo atipico o con i raddoppi sistematici in difesa. L’obiettivo di Spoelstra è mettere il turbo al gioco di Miami, ma senza un vero big man su cui fare affidamento, è davvero possibile creare una dinastia di campioni?

 

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Pubblicato da
Pietro Caddeo

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