Categorie: Hall of Famer

Hall Of Fame – La Storia di Reggie “Killer” Miller, Atto II

Ed eccoci all’ Atto II. Dove eravamo rimasti? Ah, si! Reggie viene eliminato nuovamente dai Knicks, nella semifinale di conference del 1994, dopo la prestazione da 39 punti, con 25 nel solo ultimo quarto di gara-5. Purtroppo i Pacers, non riescono a chiudere la serie e soccombono alla franchigia di New York in gara-7.

Furioso per la seconda sconfitta consecutiva ai PlayOff contro i Knicks (nei PO 1993 e 1994), Miller torna l’anno dopo deciso a superare l’ostacolo Knicks:

“Non volevamo passare alla storia come quelli che non riuscivano a battere i Knicks!”

In gara-1 ancora una volta al Madison Square Garden, Miller scrive la storia: a 18 secondi dalla fine New York è avanti di 6 punti. Miller segna da tre: Indiana a -3. Miller va a contrastare la rimessa e riesce a rubare la palla; invece di andare a canestro, palleggia per tornare dietro la linea dei 3 punti, tira e va a segno. Tie Game. Parità. I Pacers fanno fallo sulla guardia dei Knicks, John Starks, che sbaglia tutti e due i liberi. Sull’azione che ne segue, i Knicks fanno fallo su Miller e lo mandano in lunetta. 2/2 e Pacers in vantaggio. Miller mette a referto 8 punti in 18,6 secondi e i Pacers vincono la partita. I Knicks sono traumatizzati dalla fine di gara-1, e pur riuscendo a rialzarsi nelle successive partite, soccomberanno ai Pacers in 7 partite. Il cammino di Indiana quell’anno finirà alla finale della Eastern Conference, dove verranno battuti dagli Orlando Magic, formato Shaq, arrivando comunque anche in questo caso alla settima gara. Per rivedere Miller a questi livelli dovranno passare 3 anni nei quali alla soddisfazione della medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atlanta 1996, fa da contraltare una grave disputa contrattuale con Indiana, che gli attirerà l’astio dei tifosi che lo considerano il responsabile dell’andamento fallimentare della squadra. Cominceranno anche minacce ai suoi danni, telefonate razziste. Arriveranno anche a bruciargli la casa. E se ciò non bastasse, si aggiunge il capolinea del matrimonio con Marita Stavrou, un’enorme delusione per Reggie, che a questo punto non ha più ragioni per restare nell’Indiana. Stanco e deluso Miller comincia a progettare il suo addio. Ma gli dei del basket hanno altri piani in serbo per lui. Provvidenziale (nel vero senso della parola!) fu la telefonata di un’altro figliol prodigo dello stato del Basket, tale Larry Joe Bird, a tutti semplicemente noto come Larry “Legend”, a fargli cambiare idea. Bird, appena chiamato a sedersi sulla panchina dei Pacers, ha bisogno di lui per rilanciare la franchigia e farla arrivare nell’Olimpo della NBA. Era quello che Miller voleva sentirsi dire, il motivo che gli serviva per restare: che poi a dargli questo motivo fosse Larry Bird, beh.. diciamo che un pó di piacere gli ha fatto! Miller firma il nuovo contratto; i Pacers, dopo una stagione regolare da 58 vittorie e 24 sconfitte, arrivano alle finali di Conference del 1998, ma davanti al loro c’è un ostacolo di nome Chicago Bulls, e in quella squadra gioca un signore di nome Michael Jordan. Miller non demorde, e pur sapendo che MJ è più forte di lui, non per questo vuole dargliela vinta. La serie finirà in gara-7, 4-3 per i Chicago Bulls (avviati verso “L’ultimo Ballo”), e con Miller che regala un momento che rimarrà indelebile nella mente degli appassionati di basket, in gara-4 di quella serie. Sotto di 1 a 2,9 secondi dalla fine, su una rimessa a favore di Indiana, Miller esce da un blocco spingendo via MJ e venendo a prendere il pallone per il tiro da 3. Miller segna e Indiana vince la partita. L’ennesima prodezza da parte di “Killer” Miller.

Per arrivare a giocare per il titolo, Reggie deve però aspettare il nuovo millennio. Nel 2000 i Pacers, con ancora Larry Bird in panchina, arrivano alle finali NBA contro i Los Angeles Lakers del Dinamico Duo Shaq-Kobe e di coach Phil Jackson. Pur con una media di 24 punti a partita, i Pacers devono cedere dinnanzi alla corazzata losangelina, non riuscendo a porre un argine alla potenza devastante di Shaquille O’Neal, che di quella stagione fu il protagonista assoluto, vincendo sia il titolo di MVP della regular season, che quello di MVP delle finals. La sconfitta ha dei risvolti psicologici devastanti. Bird, che si era sempre sottostimato come allenatore, e che comunque non amava quel mestiere, decide di andare via e alcuni giocatori chiave della squadra lo seguono (Mark Jackson, Dale Davis, Rik Smits i principali). La franchigia decide di ripartire dai giovani: Isiah Thomas diventa l’allenatore di quella squadra, che viene rinforzata con l’arrivo del talentuoso Jermaine O’Neal. Miller, pur deluso dal non poter riprovare a conquistare l’agognato titolo, si butta a capofitto nella nuova era-Thomas, facendo da mentore ai giovani Pacers e instillando in loro un’etica ed una mentalità vincenti. Pur susseguendosi buone prestazioni per il no.31 dei Pacers, la squadra per 3 anni non va oltre il primo turno dei Playoff. Nel 2004, a 39 anni, scade il contratto. Molti intorno a lui gli suggeriscono di cambiare aria e trasferirsi in una squadra da titolo per coronare le sue ambizioni. Miller la pensa diversamente. Firma per un altro, ultimo, anno con Indiana: un’ulteriore prova del legame indissolubile tra Reggie Miller e la franchigia di cui ha scritto la storia. Una storia per cui gli stessi giovani Pacers provano un’assoluta reverenza: nel gennaio 2005, quando ormai i Pacers sono la squadra di Jermaine O’Neal, questi durante una partita in cui era arrivato a realizzare 55 punti chiede di uscire per non battere il record di franchigia per punti segnati da un giocatore in una singola partita. Il record in questione è di 57 punti, e a firmarlo fu proprio Reggie Miller nel 1992 contro gli Charlotte Hornets. In quella stagione 2004-2005, per Indiana resa “tristemente” famosa  dalla rissa di Auburn Hills con i Pistons, in seguito alle squalifiche per quella rissa di J.O’Neal (15 partite), Ron Artest (tutta la stagione) e Stephen Jackson (30 partite), Miller si prende la squadra sulle spalle e con 20 punti di media riesce a portarla ancora una volta ai Playoff. Ma Reggie sa di essere ormai al crepuscolo della carriera. A dare la notizia del suo imminente ritiro sarà, il 10 Febbraio del 2005, sua sorella Cheryl (nel frattempo diventata bordocampista per la TNT) per espressa volontà di Reggie stesso, che decide di ritirarsi a fine della stagione. La sua ultima partita sarà gara-6 della semifinale dell’Est contro i Pistons, a Indianapolis. A 15 secondi dalla fine, la panchina di Indiana chiama un timeout per la standing ovation finale. Larry Brown, allenatore di Miller un decennio prima, e nel frattempo divenuto allenatore dei Pistons, chiama un’altro timeout, e insieme ai suoi giocatori si unisce all’applauso della Conseco FieldHouse per il totem con il no.31, prolungando l’omaggio ad uno dei più forti tiratori di sempre. “Killer” Miller terminerà la sua carriera con il record NBA per triple realizzate, 2560, record che verrà battuto nel 2011 da Ray Allen, e come 12º realizzatore di tutti i tempi, alle spalle di Jerry West, con oltre 25.000 punti.

Il 30 marzo 2006 Indiana ritira la sua maglia e nel 2012 viene indotto nella Hall of Fame, presentato da Magic Johnson, Charles Barkley e sua sorella Cheryl, anche lei nella “Sala della Gloria”, e con cui costituisce l’unica coppia di fratelli ad esservi stata indotta. Nel discorso di ringraziamento dirà:

“Sono orgoglioso di ricevere questo premio davanti ai più grandi giocatori di basketdella storia del basket insieme a Jordan: Magic e Cheryl Miller”.

Come altri grandi giocatori nella storia di questo sport, Miller purtroppo non ha avuto la gioia della vittoria finale. Ma il non essere arrivati all’ultima retina, non toglie loro il posto che di diritto occupano nella memoria di chi ama questo sport. Le prodezze di Miller rimarranno per sempre negli occhi e nel cuore delle generazioni di tifosi che lo hanno amato, e anche di quelli che (vedi i Knicks) lo hanno odiato. Onore dunque ad uno dei più grandi tiratori della storia della pallacanestro. Onore a Reggie Miller.

 

P.S. Se vi ricordate, vi avevo parlato di un certo Steve Alford, quello che i Pacers avrebbero dovuto scegliere al posto di Reggie. Steve fu effettivamente scelto al draft del 1987, con la 26ª scelta dai Dallas Mavericks. In NBA giocò 4 stagioni per un totale di 169 presenze e 744 punti.  In seguito commenterà: “Ovviamente scegliere Miller è stato molto meglio che chiamare me.” Come darti torto Steve?!

P.P.S. Sperando che abbiate apprezzato la storia del “Killer” dei Pacers, vi lascio alla bellezza delle immagini dei suoi trionfi. Reggie Miller e gli 8 punti in 18,6 secondi , Reggie Miller e il Game Winner contro i BullsReggie Miller e L’ultima Partita

 

 

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