Categorie: Editoriali NBA

7, the number of the beast

C’è un numero, ben preciso, che da sempre fa luccicare gli occhi degli appassionati NBA di ogni latitudine: 7. Come le meraviglie del mondo antico e moderno, i re di Roma o le proverbiali vite di un gatto.

Per quanto riguarda il nostro campo, tale numero è indissolubilmente legato al fascino, alla magia e alle emozioni che vengono generate dalla settima e decisiva gara di una partita degli NBA Playoffs.

Where legends are born”: tramite questo slogan efficace è la stessa NBA che ci ammonisce su come i più grandi giocatori siano stati ammessi all’olimpo di questo sport solo grazie alle loro prestazioni quando contava davvero e di più, nella postseason.

La storia dei playoff NBA è piena di leggendarie gare 7. Dall”Havlicek stole the ball!”, gridato a squarciagola da Johnny Most, leggendario telecronista dei Celtics, durante le ECF del 1965, sino alla scorsa edizione delle finali dell’Est, che hanno costituito uno degli ultimi tasselli del personalissimo mosaico a firma di Lebron James e dal titolo “NBA Championship”.

In Finale, si sa, l’aria si fa più rarefatta; allo stesso modo, non sono così numerose le occasioni in cui sono state necessarie tutte e 7 le partite previste per assegnare il titolo.

Correva l’anno 1951. Partecipavano alla Finale della giovane NBA, nata solo 2 anni prima dalla fusione di BAA ed NBL, i Rochester Royals, trisavoli degli odierni Sacramento Kings, e i New York Knicks. New York fu capace di rimontare dallo 0-3 per poi soccombere in un’ ultima, serrata gara (79-75) sotto i colpi di Arnie Risen, futuro Hall of Famer.

Il seme era stato gettato. Nei successivi dieci anni, infatti, arrivare all’ultimo, drammatico atto divenne una prassi abbastanza comune. Ci riuscirono due volte, vincendole entrambe (1952 e 1954), i Minneapolis Lakers di George Mikan, la prima vera superstar del gioco. Ci riuscirono anche i Syracuse Nationals, antesignani dei 76ers, nel 1955, battendo alla settima i Fort Wayne Pistons 92-91 grazie ad un tipico scenario da film, ossia un tiro libero a pochi secondi dalla sirena. Anche i Boston Celtics per vincere il loro primo titolo NBA dovettero passare per le forche caudine di un’ insidiosa gara 7: nel 1957, batterono in doppio supplementare i St.Louis Hawks di Bob Pettit, grazie ai rimbalzi di un rookie, un certo Bill Russell. Stessi avversari e stesso esito si ebbero anche tre anni più tardi.

In quel lontano 1957, i verdi di Boston posero la prima pietra per la costruzione della franchigia più vincente nella storia del basket professionistico americano. Gli 11 titoli in 13 anni videro come antagonisti principali i Lakers, nel frattempo arrivati a Los Angeles provenienti dalla gelida Minneapolis. Anni di sfide all’ultimo sangue, di vere battaglie sportive che ancora oggi riecheggiano negli occhi e nelle menti degli appassionati. Per 3 volte la serie andò all’ultimo, imperdibile epilogo. Nel 1962, al loro primo incontro sul metaforico ring cestistico, i Lakers ebbero l’opportunità di espugnare il Garden, la persero e furono sconfitti al supplementare. Non avrebbero più battuto Boston in Finale fino al 1985. Scarto minimo anche nella “bella” del 1966 (95-93 Boston) e in quella del 1969 (108-106 sempre pro-Celtics) dove a decidere la serie fu un canestro alquanto fortunoso di Don Nelson. Los Angeles non ebbe miglior sorte in gara 7 nemmeno l’anno successivo contro New York. In un Madison Square Garden gremito, a pochi minuti dalla palla a due il centro dei Knicks Willis Reed fece un drammatico nonché spettacolare rientro dopo aver saltato gara 6 per un serio infortunio. Reed segnò i primi due canestri dell’incontro letteralmente su una gamba sola e zoppicando ma ispirando i propri compagni, in particolar modo Walt Frazier che trascinò i Knicks all’agognato titolo.

Boston fu di nuovo protagonista di una gara 7 valida per il titolo nel 1974, sconfiggendo i Milwaukee Bucks di Kareem Abdul-Jabbar. Quattro anni più tardi a sfidarsi vicendevolmente nell’ultimo atto stagionale furono i Seattle Supersonics e i Washington Bullets che, trascinati dal loro centrone Wes Unseld, vinsero il loro primo e finora unico campionato della storia.

1969. 15 anni. Da tanto non si incontravano in Finale i Lakers e i Celtics. La serie era la prima occasione per Larry Bird di vendicarsi della sconfitta nella Finale NCAA del 1979 subita ad opera di Magic Johnson. Fu l’inizio della grande rivalità tra queste due squadre nella decade, con tanti incontri all’ultimo sangue e molto sentiti da ambo le parti. Quella del 1984 è una Finale ricordata ancora oggi. Ricca di colpi scena e di grande intensità agonistica. Gerald Henderson che ruba e segna sulla sirena in gara 2, Bird che attacca i suoi compagni dopo la disfatta di gara 3, McHale che atterra Rambis in contropiede in gara 4, quella decisa dal grande numero 33 all’overtime, o Abdul-Jabbar costretto alla bombola di ossigeno in gara 5. L’ovvio epilogo non poteva che essere un’ infuocata settima sfida dove Bird e Maxwell guidarono i propri compagni alla vittoria in un Boston Garden spiritato. Il numero 7 fu l’emblema, invece, dei Lakers del 1988, capaci di vincere tre serie playoffs di seguito, sempre e solo all’ultimo respiro. Dopo Jazz e Mavericks, Magic e compagni ebbero bisogno di 7 grandi gare per respingere l’assalto dei Bad Boys dei Detroit Pistons, conquistando l’anello anche grazie alla tripla doppia nell’ultima gara di James Worthy, MVP della Finale.

Negli ultimi 25 anni solo in tre occasioni si è verificata una gara 7 con in palio il titolo NBA. Nel 1994, gli Houston Rockets, guidati da Hakeem Olajuwon, ebbero la meglio in sette fisiche gare dei New York Knicks. A suscitare scalpore, però, fu il 2 su 18 dal campo di John Starks, che per i primi 6 episodi della serie era stato il protagonista in positivo dei suoi. Nel 2005 è la volta dei San Antonio Spurs che hanno ragione dei Detroit Pistons di coach Larry Brown. Col punteggio in parità all’inizio dell’ultimo quarto, ingrediente essenziale per questo genere di sfide, è Tim Duncan a trascinare i suoi alla vittoria per 81 a 74 contro i coriacei giocatori del Michigan. L’ultima immagine che abbiamo di una gara 7, di un “Win or go home” è abbastanza recente ed è stata anche teatro di un’importante “revanche” . Infatti nel 2010, dopo quattro infruttuosi tentativi, i Los Angeles Lakers riuscirono finalmente a prevalere sugli arcirivali Boston Celtics in una gara 7 valevole per il titolo NBA. Bryant, Gasol e compagni diedero l’undicesimo anello a coach Phil Jackson e, contestualmente, grande gioia ai fedelissimi dei colori purple and gold.

Grandi personaggi, grandi partite, grandi storie. Si può affermare che la settima e decisiva gara, a maggior ragione in un contesto di finalissima, sia una sintesi efficace delle qualità migliori che la pallacanestro può offrire ai propri appassionati. Vedere quel numeretto tra Aprile e Giugno è garanzia di quelle forti emozioni che solo questo gioco con la palla a spicchi è in grado di creare.

Alessandro Scuto

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