Categorie: Editoriali NBA

Pepsi Center: Lasciate ogni speranza voi che entrate

Se vi dovesse mai capitare di andare in Colorado e più precisamente a Denver, non negatevi una tappa al numero 1000 di Chopper Circle, dove è ubicato il Pepsi Center, casa dei Colorado Avalanche, dei Colorado Mammoth, dei Colorado Crush ma soprattutto dei Denver Nuggets. I lavori di costruzione di questo palazzetto iniziarono il 20 Novembre 1997 e si conclusero nell’Ottobre 1999 con l’inaugurazione che vide protagonista, in concerto, Celine Dion.

Il costo totale per la costruzione fu di 187 milioni di dollari, equivalenti a circa 261 milioni al giorno d’oggi.

Il Pepsi Center vanta un numero di posti variabile in base agli eventi in programma, la capacità va dai diciottomila per l’hockey agli oltre ventimila per concerti e speciali manifestazioni. Per quanto riguarda le partite di pallacanestro, la capienza è di circa diciannovemila posti a sedere.

Il soprannome di questo palazzo dello sport è “The Can”, ovvero la lattina, e si ispira in parte alla forma del suddetto centro sportivo e in parte alla nota marca di Cola che sponsorizza l’impianto.

Se i Nuggets non sono mai mancati ad una postseason dal 2004 ad oggi, una gran parte di merito va sicuramente all’eccellente rendimento casalingo.

Questo 2013 non fa eccezione infatti tra le mura amiche “le Pepite” risultano essere la squadra che raccoglie più rimbalzi della Lega, al pari con i Pacers, ben 45.39 a notte, 5 in più rispetto a quelli raccolti in trasferta. I ragazzi di coach Karl sono inoltre secondi per numero di assistenze in casa (23,80), risultano quinti per percentuale dal campo e terzi per punti realizzati, al Pepsi Center ben 104,18 a serata. Non a caso quindi la franchigia del Colorado ha un record interno di 21 vittorie al fronte di sole 3 sconfitte, meglio hanno fatto soltanto gli Spurs che al momento comandano la Western Conference, perdendo solo due sfide.

Ma a cosa è dovuta l’enorme difficoltà che tutti sembrano trovare al Cab?

Di certo il Pepsi Center non risulta una fortezza inespugnabile a causa di una tifoseria particolarmente bellicosa, intendiamoci il pubblico a Denver non manca ma non costituisce il fattore principale della forza dei Nuggets. Il vero scoglio che gli avversari devono superare in Colorado è dato dall’altitudine, infatti il palazzetto (come tutta la città) risulta essere a 1600 metri sopra il livello del mare. Il problema non è indifferente, soprattutto per squadre costiere abituate a giocare se non a livello del mare pochi metri più su.

Le conseguenze di praticare attività sportiva a una tale altezza sono svariate, l’alta quota costituisce un fattore di stress psicologico non indifferente; non si possono mantenere a lungo gli stessi ritmi che si utilizzano normalmente a livello del mare. Inoltre l’acido lattico comincia ad essere accumulato correndo a ritmi più lenti, rispetto a quanto avviene a livello del mare, l’iperventilazione tende a provocare disidratazione e la bassa temperatura può provocare una riduzione delle capacità di coordinazione e un irrigidimento del sistema articolare.

Ovviamente i Nuggets essendo abituati a tale scenario non riscontrano le difficoltà oggettive a cui devono adattarsi gli avversari. La consapevolezza del “fattore campo” spinge la squadra di casa, votata all’attacco già di natura, ad elevare ulteriormente i ritmi della partita per cercare di mettere alle corde gli ospiti. I punti della franchigia antagonista infatti sono in media 99, non esattamente pochi, ma alla lunga i padroni di casa beneficiano della poca lucidità rivale e questo nella stragrande maggioranza dei casi gli permette di andare a dormire con una nuova W sulle spalle.

C’è comunque da aggiungere che Denver è una squadra di primissimo livello a cui manca una vera e propria superstar, ma questo segue la politica iniziata con la cessione di Carmelo Anthony che prevede un roster ricco di buoni/ottimi giocatori che non debba dipendere dagli umori di un singolo.

Il 68% delle vittorie dei Nuggets è prodotto dal quartetto Gallinari, Iguodala, Koufos e Faried. In particolare quest’ultimo è artefice del 23,7% delle vittorie della squadra del Colorado, infatti il suo apporto proiettato sui 48 minuti sarebbe di 19,7 punti e di 15.9 rimbalzi, con il 55.2% dal campo.

Tuttavia, nonostante l’ottimo rendimento dimostrato fino a qui, i Nuggets risultano spesso penalizzati dalle decisioni di George Karl, prima tra tutte quella di impiegare un giocatore come McGee meno di 19 minuti a gara. JaVale attualmente colleziona 10 punti e circa 5 rimbalzi a nottata ma proiettando ancora una volta sulla partita intera diventerebbero 26 e 12 conditi da 5 stoppate. Certo i numeri non ci danno la certezza che ciò si possa verificare ciononostante appare evidente che spesso la squadra del Colorado si ritrovi a giocare con un quintetto “piccolo” quando nel roster figurano giocatori come Faried, Koufos e lo stesso McGee che compongono uno dei reparti lunghi più interessanti dell’intera Nba, che se sfruttato a dovere potrebbe portare Denver a competere seriamente per la vittoria dell’anello.

La franchigia della Mile High City attualmente ha una striscia aperta di 7 vittorie consecutive, non a caso 6 di queste 7 partite si sono svolte al Pepsi Center, striscia che permette a George Karl e ai suoi di essere in corsa per il quarto posto ad Ovest, piazzamento che garantirebbe il tanto amato fattore campo al primo turno dei Playoff.  Rispetto alle dirette concorrenti Memphis e Golden State, i Nuggets possono fare affidamento sul calendario più “facile”, almeno sulla carta, dell’intera Western Conference e al quarto più facile in assoluto della Lega. I Warriors sono attesi da quello che si prospetta il terzo programma più duro della Nba, ai Grizzlies va leggermente meglio con il nono più complesso.

Altro dato interessante da riportare, risulta il margine di vantaggio con cui parte Denver quando si trova ad affrontare una squadra impegnata nel secondo giorno di Back To Back proprio in Colorado, i punti a favore dei Nuggets, dal 2006, risultano 10.1, dato che nessun’altra squadra può vantare. È proprio il caso di dirlo Home Sweet Home.

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Un ringraziamento speciale a Manuel Zenegaglia per l’aver contribuito alla realizzazione di questo articolo fornendo parte dei dati e delle statistiche.

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