Categorie: All Star Game

SLAM DUNK CONTEST: tredici anni dopo Oakland

 

Ogni anno, in occasione della gara delle schiacciate ripenso a Oakland 2000. Vince Carter che già al secondo turno intasca il premio con l’affondata su assistenza del cugino e compagno di squadra Tracy McGrady.  Ricordo lo speaker e  la folla in visibilio, la telecamera che inquadra Vince e il suo palese labiale che dice: IT’S OVER!  Puntualmente sorge la stessa domanda:  “è possibile eguagliare Oakland 2000?” La gara delle schiacciate ha avuto altri momenti storici: Wilkins contro Jordan nell’  edizione del 1988, il back-to-back di Jason Richardson , l’eroico Spudd Webb  che dal suo metro e sessantotto di altezza sfidava leggi di gravità e persone fisicamente più lunghe. Ma Oakland 2000 rimarrà scolpita nella memoria per due motivi: il  gomito di Vincredible infilato nel canestro e  il mulinello 360°, schiacciata mai vista prima ed eseguita al primo tentativo. Quel giorno oltre a Carter, vinse la poesia del gesto atletico

Sulla falsa riga della partita delle stelle, quest’anno l’NBA ha diviso i partecipanti in due squadre. Sei i concorrenti: Green, Ross e White per la compagine dell’ est, Evans, Bledsoe e Faried a rappresentare l’ovest. Una giuria d’eccezione per votare le schiacciate, composta da Rudy  Tomjanovic, Dikembe Mutombo, Yao Ming, Hakeem Olajuwon e Clyde Drexler.  Tredici anni dopo le magie di Oakland,  all’evento che tradizionalmente chiude l’all star Saturday, si presenta un outsider. anche lui di Toronto e tra i meno quotati in mezzo ai grandi nomi che partecipano all’evento. Ma andiamo con ordine.

NOT SO GREEN FOR GERALD

L’edizione dello Slam Dunk Contest 2013 si apre con Gerald Green in azione. Il giocatore di Indiana, già vincitore del concorso nel 2007, è alla ricerca del bis. Parte sicuramente tra i favoriti e non vuole deludere le aspettative. Per mettere subito le cose in chiaro decide di iniziare con una schiacciata che prevede l’aiuto del compagno di squadra Stephenson in veste di alzatore. Rincorsa dall’angolo, palla sbattuta sulla parte laterale del tabellone dal fido Lance, bimane reverse in controtempo con testa al livello del ferro e io e amici vari che scattiamo in piedi urlando. Esito scontato, solo 10 che si alzano dalla giuria. La gara parte sotto i migliori auspici e Green dopo la prima mirabile inchiodata sembra essere più che mai il predestinato ad alzare il trofeo. Per il secondo round Gerald vuole palesemente fare le cose in grande stile. Una scala viene posizionata sotto il canestro, Green sale e con un paio di forbici si sbarazza della retina. Gli interrogativi su cosa possa architettare il numero 25 dei Pacers vengono risolti al primo tentativo, sbagliato. L’ambiziosa escursione aerea prevede di inchiodare la palla con la mano destra, restare appesi, afferrare la palla entrata con la sinistra e rischiacciare. Insomma un chiaro tentativo di proporre la famosa “double dunk” che secondo leggenda Earl Manigault, meglio noto come Goat, realizzò in un noto playground newyorchese durante una partita. Al primo, già citato, errore ne segue un secondo, poi un terzo e così via fino all’esaurimento del tempo a disposizione del povero Gerald che riuscirà a ultimare la sua schiacciata solo dopo il verdetto, chiaramente negativo, della giuria. Si chiude dunque anzitempo la prova di Green che dopo il taglio della retina era obbligato a provare fino alla fine il suo borioso esperimento per non fare la figura del fesso, figura che comunque ha rimediato. Resta il rammarico di non aver visto cos’altro aveva in faretra l’ex All American.

LO ZAR COLA A PICCO

Sotto la voce slam dunk contest  il palmares di James White conta  4 trofei. Uno per ogni squadra che ha cambiato. Primeggia al college nel 2006, domina l’edizione del 2010 nella lega di sviluppo NBA,  viene accolto a braccia aperte in Russia dove incanta e vince la gara in un duello all’ultima schiacciata con Gerald Green. Nel 2011 infiamma il palazzetto del forum milanese, in occasione dell’all star game italiano, facendo piazza pulita dei concorrenti con la sua signature dunk dalla lunetta.
Gambe rubate all’atletica. Mr White è oggettivamente di un altro pianeta. Creata la scenografia del  corridoio di hostess in blu, è partito – come molto gli hanno visto fare anche a Pesaro –  prendendo la rincorsa dall’angolo opposto del parquet , ma qualcosa è andato storto. Sbaglia il primo tentativo, prendendo il ferro. Va meglio al secondo , in cui stacca mezzo piede dopo la linea del tiro libero, meritando il 9 dei 5 giudici per un totale di 45 punti.

Al secondo round va tutto per il verso sbagliato. Stessa rincorsa da fondo campo, White punta ad alzare il tiro, perchè per staccare il biglietto della finale serve un 50 tondo. Fallisce al primo tentativo una schiacciata dal coefficiente di difficoltà  inumano. Cerca il mulinello dalla linea del tiro libero. In passato, chi conosce vagamente il soggetto, sa che ha già realizzato questa manovra. Però il cronometro non lascia spazio a molti errori. Alla fine scade il tempo, ma a White viene concessa un’ultima chance. Sbaglia clamorosamente, il punteggio dei giudici è 32. Un punteggio che segna la caduta dello Zar delle schiacciate.

ROSS OVER THE TOP

*Reazione di K.G. alla prima schiacciata di Ross.

Terrence Ross arriva allo Slam Dunk Contest senza grandi aspettative del pubblico, non per scarse doti personali, semplicemente perchè gli altri due del terzetto ad Est sono dei mostri sacri in questo tipo di competizioni. Il giocatore dei Raptors non si perde d’animo e dopo qualche errore sfoggia un’incredibile schiacciata in 360 con tanto di palla fatta passare dietro la schiena. Anche in questo caso come per Green il voto della giuria sarà unanime e massimo. La seconda schiacciata di Terrence Ross è figlia soprattutto degli errori di White e Green, visto che con un 33 avrebbe comunque passato il turno, opta per un’inchiodata di sicurezza, auto alzata e altro 360. La giuria è forse fin troppo generosa e lo premia con un 49. Terrence Ross si aggiudica quindi, a sorpresa, la possibilità si giocarsi la finale.

MANIMAL: MINIMAL DUNKS

Il primo ad esibirsi per l’Ovest è Kenneth Faried. Manimal per il suo primo tentativo decide di alzarsi la palla lanciandola contro il tabellone e schiacciare in 360. L’inchiodata è di pregevole fattura, ha solo la sfortuna di arrivare dopo le tre prodezze dei partecipanti dell’Est, i giudici la valutano con un complessivo 39. Il secondo round Faried alza l’asticella, sfrutta ancora l’ausilio del tabellone questa volta per chiudere una spettacolare schiacciata con sottogamba. En plein, 50, che tuttavia non basta per passare il turno. Faried può accontentarsi del titolo di MVP del Rising Stars Challenge conseguito venerdi dopo un agevole quarantello.

ERIC E LA STRATOSFERA

Eric Bledsoe, 1.82 m di altezza( tenendo presente  che in NBA arrotondano per eccesso) per 88 kg di peso. Point Guard dei Los Angeles Clippers, di lui Blake Griffin dice: “ se giocasse altrove partirebbe in quintetto. Garantito.” Allo  Staples, ha rifilato stopponi  a gente due se non tre spanne più alta di lui. Se poi viene sguinzagliato in campo aperto, può regalare vere magie.  Un paio di fotogrammi stampati nella mente: stoppata su Dwyane Wade in volo per la chiusura scenica negata e schiacciata in contropiede su alzata di Paul contro i Sacramento Kings. Un giocatore elettrizzante, capace di farti la giocata che cambia la partita.
E come Kryptonate, con cui sono ravvisabili molte analogie, partecipa a questo dunk contest in qualità di concorrente più basso del gruppo. Parte  a razzo,  360° sotto le gambe è la prima schiacciata in scaletta. A Houston, un gruppo di astronomi dice di avere avvistato Bledsoe superare la stratosfera. Ma i primi 4 tentativi vanno a vuoto. Allora, vedendo che le forze venivano meno, opta per un’alzata  sul tabellone concludendo in reverse. Punteggio finale: 39 punti. Not bad Eric.

EVANS GENIO INCOMPRESO

Il campione in carica. Nel 2012 si aggiudicò il titolo di miglior schiacciatore vestendo i panni di Karl Malone. Siparietto quasi comico: un postino arriva sul parquet con una pacco speciale. Dentro c’è la canotta di Malone. The mailman( il postino) era  proprio il soprannome dell’ ala grande dei Jazz che insieme a Jhon Stockton formava lo storico duo  degli anni ’90 che si è visto soffiare diversi titoli per colpa del numero 23 in maglia Bulls.

Per fare il bis, Evans scomoda il ciclopico Mark Eaton. Centrone dei Jazz anni ’90, gigante da sette piedi e mezzo. La dinamica prevede: piazzare Eaton seduto sotto canestro, recuperare la palla dalle mani del gigante e schiacciare in double pump. Alla quarta occasione, la schiacciata va a buon fine.
Evans chiude il primo turno con 47 punti. Nel secondo round, le intenzioni di Jeremy si capiscono dal fatto che ha due palloni tra le mani. Schiacciare con due sfere, non è una novità. Ma farlo ruotando in 360° alza nettamente il coefficiente di difficoltà.  Ottiene 43 punti. Penalizzato perché non  riuscita al primo colpo, ma  sufficienti per l’ingresso in finale.

LA FINALE

 

Per il gran Finale, Evans ha preparato una schiacciata dal risvolto romantico. Avvicina al canestro una tela coperta da un velo nero, mossa che spiazza gli astanti. Perchè se è chiaro che l’ epilogo del gesto è  quello di saltare la tela, lo è meno  ciò che il velo nasconde. Evans salta l’oggetto del mistero e schiaccia prepotentemente divaricando le gambe. La parte migliore è quando svela il quadro: un autoritratto della schiacciata che avrebbe eseguito, disegnato da Jeremy in persona. Una sorta di profezia. Compresa nei limiti   dalla giuria, probabilmente  perchè è  una cosa che esula dalle doti di saltatore. La seconda schiacciata è smorzata dalle aspettative deluse della prima e dal basso livello di creatività. Ma la bellezza estetica del volo di Evans sulla testa di Dahntay Jones rigorosamente seduto sotto canestro, è una cosa che non ha prezzo.

 

 

 

La prima delle due schiacciate finali di Ross è un vero gioiello, indossando la maglia dei Raptors di Carter (che ci ricorda proprio quell’Oakland 2000) e facendosi aiutare dal migliore amico nonché giocatore dei Rockets Terrence Jones, realizza un’inchiodata molto simile alla prima di Green. Anche in questo caso palla sulla parte laterale del tabellone, salto insensato e rotazione in aria di svariati gradi, che potremmo arrotondare per eccesso a 360. Toyota Center che esplode ancora una volta e Ross che pare aver già scritto il suo nome tra i vincitori della competizione, accanto a quello del suo rivale di serata e a quelli, un po’ più nobili, dei vari MJ, Wilkins, Spudd Webb, Kobe… Per la sua seconda schiacciata finale decide di avvalersi dell’aiuto di un bambino che viene saltato comodamente per poi chiudere un’inchiodata con sottogamba annesso. Certo il ragazzino, vista la lillipuziana altezza, poteva anche essere evitato ma Ross ha dimostrato dopo anni di pagliacciate che prima di pensare a coreografie varie bisognerebbe concentrarsi sulla schiacciata fine a se stessa. Il 58% dei votanti lo preferisce ad Evans e Terrence si aggiudica così la presenza nell’olimpo degli schiacciatori.

 

Certo l’edizione di Oakland 2000 di cui si parlava all’inizio resterà per sempre nella storia, difficilmente potrà esserci un altro Slam Dunk Contest rivoluzionario come quello, ma in questo 2013 dopo anni di buio sembra essersi riaccesa una luce. La gara di schiacciate che nei suoi ultimi svolgimenti aveva perso di brio è ritornata ad emozionarci. L’amaro in bocca e quel fastidioso pensiero di aver buttato via preziose ore di sonno, che non di rado ci aveva pervaso le menti in quei sabati di metà febbraio degli ultimi anni, sono stati rimpiazzati dalla soddisfazione e dalla consapevolezza di aver assistito ad un pezzo di storia. L’ASW si è concluso, un grazie ai partecipanti che ci hanno tenuto compagnia e deliziato in queste nottate ma ora è il momento di fare sul serio. Ci sarebbe pur sempre un titolo da vincere.

Scritto in collaborazione con Michelangelo Mion*

 

 

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Pubblicato da
Pietro Caddeo

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