Categorie: Washington Wizards

John Wall è sicuro:”Sono tra le prime 10 guardie della NBA”

In questa stagione i Washington Wizards hanno dimostrato, ancora una volta dalla fine dell’era Agent Zero, di non essere in grado di fare quel salto di qualità, necessario per diventare una squadra vincente costruendo attorno alla loro stella (o presunta tale), John Wall, playmaker da Kentucky, selezionato dai Wizards con la prima scelta assoluta nel draft del 2010.

Il record dei Wizards da quando Wall nel 2010 si è unito è alla squadra non è certo incoraggiante: un desolante 63-146, che certo è un dato significativo per corroborare quanto detto prima, cioè che la franchigia della Capitale è ancora una squadra immatura che, citando il buon Federico Buffa, “avrebbe bisogno più di un’insegnante di sostegno che di un allenatore”. Tuttavia, al momento del rientro dopo l’infortunio che lo ha colpito in preseason, Wall ha dimostrato di poter fare la differenza per questa squadra quando è in salute e può guidarla. Infatti il record stagionale attuale di 20 vittorie e 41 sconfitte va diviso in due immaginarie tranches: il 5-28 maturato dalla squadra in assenza del suo playmaker titolare; e il 15-13 con Wall nuovamente in sella che, da solo considerato, nella Eastern Conference è un record da piazzamento in zona playoff. È palese dunque che la differenza tra i due record sia testimonianza dell’indubbio valore di Wall per la franchigia. E nessuno più di coach Randy Wittman è stato più felice del ritorno del no.2:

“È bravo a metterci in ritmo, cosa che per la squadra è molto importante. Ha un’ottima visione di gioco e la straordinaria abilità di tagliare le difese avversarie e andare senza difficoltà al ferro. Non siamo una squadra che punta molto sulla circolazione della palla. Quindi il suo ritorno è stato fondamentale, perché ci ha permesso di tornare a utilizzare tutte le sue qualità; qualità che in sua assenza, non abbiamo in nessun altro giocatore del roster.”

Anche l’allenatore dei Brooklyn Nets, P.J. Carlesimo, ha elogiato John Wall, evidenziando soprattutto le difficoltà degli avversari a contenerlo:

“Wall è probabilmente il giocatore più veloce della lega con la palla in mano. L’averlo in squadra accresce notevolmente il loro valore”. 

Lo stesso Wall, interpellato da RealGM, ritiene di potersi inserire tra i top della lega nel suo ruolo:

“Io sono competitivo, mi piace sempre stare al top. Per quanto mi riguarda, mi colloco tra i primi 5, massimo 10, giocatori nel mio ruolo. So che ci sono un sacco di ottime guardie nella lega. Ma so anche di potermi considerare una di loro quando sono al mio meglio, cioè quando gioco con sicurezza dei miei mezzi, libero da preoccupazioni, e vado sul campo solo per divertirmi e giocare a basket. Quest’anno è un po’ più dura per me perché ho perso buona parte della stagione, ma credo che da quando sono tornato stiamo facendo un ottimo lavoro e vogliamo vedere quante partite riusciamo a vincere giocando come una vera squadra.”

La propensione di Wall ad attaccare il ferro, favorita dalla combinazione unica tra statura e velocità che lo contraddistinguono, è certamente una delle qualità che maggiormente sono emerse in questi primi 3 anni di carriera della PG dei Wizards. Tuttavia, per ammissione dello stesso giocatore, per adesso potremmo aver solo grattato la superficie di un talento che ha ancora importanti margini di miglioramento. Così quando gli si chiede in quali aspetti del gioco deve ancora migliorare, Wall risponde:

“Sicuramente devo migliorare il mio tiro in sospensione e il tiro da 3, poi farmi condizionare di meno dalle palle perse. Vorrei migliorare anche nelle mie capacità di leadership, ed essere capace di guidare meglio la mia squadra.”

Tracce della volontà di migliorare nel tiro in sospensione possono evincersi dal fatto che comunque, nella stagione attuale, Wall sta utilizzando molto più spesso questo fondamentale, e le cifre ce lo testimoniano: infatti il 68% delle sue conclusioni sono jump shots, sia pure con una percentuale di realizzazione dal campo per questi attacchi del 33,8, che gli fruttano di media 5,8 punti a partita. Ma, pur avendo diminuito la mole dei suoi attacchi da sotto, che ammonta complessivamente al 32% del totale delle conclusioni prese, resta però il lay-up il tipo di tiro più affidabile per il playmaker dei Wizards, come testimonia anche il 57,1 dal campo con una media di 4,6 punti a partita; percentuale che se rapportata a quella totale degli attacchi di questo tipo è sicuramente rilevante.

Aldilà comunque di cifre e margini di miglioramento di Wall, margini sicuramente presenti considerata anche la giovane età del giocatore e l’esperienza che inevitabilmente acquisterà con il tempo, il punto centrale è quello già evidenziato in precedenza: il ritorno di Wall è stato una sorta di “cura” per la franchigia di Washington, rigenerata dal ritorno del suo playmaker che le ha dato la spinta necessaria per un’ottima seconda parte di stagione. Infatti una partenza con un record di 0-12 era difficilmente immaginabile anche dai più pessimisti (specie se si considera anche la presenza in NBA dei Charlotte Bobcats), e le successive vittorie (anche con vittime eccellenti, come i Miami Heat e Oklahoma City) erano più casi isolati, scatti di orgoglio, più che affermazioni di forza e (se mi passate il termine) competenza cestistica. Il ritorno di Wall ha consentito ai Wizards di raggiungere la compattezza necessaria per concludere la stagione almeno in maniera dignitosa e finora, se si ripensa al record di 15-13 successivo al ritorno della PG, si può tranquillamente affermare che i risultati sono sorprendentemente positivi. A cosa è attribuibile dunque questo straordinario risultato? Non sicuramente ad un miglioramento tecnico significativo della squadra o, perlopiù, del coaching staff, che restano ancora nel limbo della mediocrità. Più probabilmente è dovuta alla capacità di compattarsi della squadra e ad una migliore leadership da parte di Wall, che finalmente dopo 3 anni è riuscito a fare quello che Kyrie Irving ha fatto a Cleveland quasi subito. Si è assunto maggiori responsabilità e sta lentamente migliorando in quell’aspetto del gioco che non riguarda prettamente cifre e schemi, ma che si misura più sul carisma e sulla capacità di guidare i compagni e renderli importanti, qualità che prima ancora che cestistiche, devono essere proprie dell’uomo al comando. Andando avanti su questa strada, è indubbio allora che Wall possa diventare ben più del buon giocatore visto nei suoi primi 3 anni; ciò che fin d’ora si intravede è finalmente un giocatore capace di fare davvero la differenza.

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