Categorie: Editoriali NBA

I New York Knicks ed il loro periodo no, c’è da preoccuparsi?

Le stagioni dei Knicks si prestano sempre a lunghe e piacevoli analisi, essendo la franchigia newyorchese una di quelle realtà all’interno delle quali, nell’arco delle 82 partite di Regular Season, ne succedono di tutti i colori. Questi primi 64 match d’altronde non hanno deluso le aspettative dei fan in blu e arancio che sin dall’inizio di novembre hanno avuto la sensazione che questo potesse essere l’anno buono dopo lunghi periodi di magra al Madison Square Garden.

Essendo io un amante dei numeri, delle statistiche e degli andamenti, non ho potuto fare a meno di notare però un calo nel rendimento da parte di Carmelo Anthony e compagni nelle ultime settimane, soprattutto a livello qualitativo di gioco che inevitabilmente si è rispecchiato poi nel peggioramento del record della franchigia. Intendiamoci, i Knicks sono terzi ad est ed hanno già la certezza di giocare i playoff (in questo caso la matematica non ha ancora dato conferma definitiva, ma credo di poterlo affermare non essendo Toronto, attualmente nona, in grado di impensierire la squadra di Manhattan), però tra Indiana e Boston, rispettivamente seconda e settima, la distanza è di sole 3 partite, lasciando aperta ad oggi qualsiasi tipo di possibilità in quanto a posizionamento nella griglia della post season.

Se si da un occhio poi agli andamenti delle squadre balza facilmente all’occhio che New York (non me ne vogliano i tifosi dei Brooklyn Nets se non specifico di quale squadra stia parlando) è la peggiore, cavalcando una serie di 4 sconfitte consecutive, l’ultima subita questa notte a domicilio dai Clippers, parzialmente giustificabile data la contemporaneità dell’assenza di Anthony, Chandler e Stoudemire.

Ponendo quindi l’attenzione su l’ultimo segmento di stagione, da dopo l’All Star Game in poi, la franchigia newyorchese ha giocato 14 partite, vincendo 6 e perdendo le restanti 8. Facendo un confronto con le prime 50 partite della prima parte della stessa, vengono fuori subito alcuni cali statistici evidenti, come ad esempio la riduzione da più di 100 a meno di 94 per quel che riguarda i punti segnati. Difatti i Knicks a mio avviso, sin dall’inizio di stagione, non sono mai sembrati una squadra che cercasse a tutti i costi il punteggio elevato (nonostante in squadra disponga di una grande quantità di talento che potrebbe provvedere a mettere punti a referto), ma ha sempre controllato il ritmo delle partite, spingendo poco in transizione e concludendo le partite con un elevato numero di punti data la grande quantità e l’ottima percentuale nel tiro da tre punti, la vera arma letale di questa squadra. Quello che infatti a mio avviso è il dato più preoccupante è proprio la riduzione dal 38 al 32% nel tiro con i piedi dietro l’arco, valore che, parametrato sull’ingente quantità di tentativi, si traduce in un elevata quantità di tiri sbagliati, che ti costringono a correre in difesa, ad alzare i ritmi e a non giocare secondo i diktat impartiti da Mike Woodson, che tanto sono sembrati efficaci ad inizio stagione.

Il secondo grande problema dei Knicks è il generale peggioramento per quel che riguarda la fase difensiva (rimbalzi concessi, punti subiti, percentuale dal campo). Risultava infatti difficile per me comprendere come un quintetto che vedeva contemporaneamente in campo giocatori come Anthony, Smith, Novak o Stoudemire (solo per citarne alcuni, ma potrei continuare), potesse risultare così efficace anche in difesa.

In realtà i buoni risultati ottenuti nella proprio metà campo dai ragazzi di Woodson sono da imputare alle qualità individuali di Chandler (per me, a pari merito con Noah, miglior difensore della Lega) ed anche dell’insospettabile Kidd che, ritrovata una grande condizione fisica, non ha lesinato energie fisiche e mentali quando si è trattato di difendere il proprio canestro. Inoltre quello che realmente fa la differenza è la qualità dell’attacco che New York porta avanti durante l’arco della partita. L’intestardirsi lasciando continuativamente il quarto di campo libero per gli isolamenti di Carmelo, a prescindere dal realizzazione o meno, è un tipo di attacco che non impegna la difesa e che permette l’avversario di ripartire appena ritorna in possesso della palla, cosa che una squadra come i Knicks non sono in grado di reggere.

La qualità di gioco garantita dal doppio playmaker Kidd-Felton non solo ha migliorato l’attacco, bilanciando la distribuzione tra i vari solisti presenti nel roster, ma in realtà è stata anche la chiave per “reggere botta” difensivamente, unico modo per evitare di subire imbarcate nel caso giocatori come JR o Carmelo venissero costantemente attaccati per tutti e 24 i secondi del possesso.

La perdita di brillantezza offensiva quindi secondo me non va vista come un qualcosa da implementare facendo salire in cattedra il realizzatore di turno che deve prendersi maggiori responsabilità, ma costringe New York a rivedere totalmente l’impostazione difensiva, facendo ritornare a galla i soliti dubbi sulla possibile convivenza in campo tra Stoudemire e Anthony, un lusso che ai playoff nessuna squadra può permettersi, considerando anche il fatto che offensivamente i due giocatori tendono ad occupare le stesse zone di campo, limitandosi vicendevolmente.

Già più volte coach Woodson nell’arco di questa stagione mi ha sorpreso, riuscendo a trovare soluzioni a problemi all’apparenza irrisolvibili e riuscendo a costruire una squadra dalle macerie lasciategli da D’Antoni non più tardi di un anno fa. I Knicks a mio avviso, se in forma, restano uno degli avversari più temibili per gli invincibili Miami Heat di queste ultime settimane. Tutto sta nel ritrovare smalto, cosa non facile da fare dopo 5 logoranti mesi di Regular Season. Riuscirà il nuovo Mike di New York in questa ennesima impresa?

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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