Golden State dimostra una volta di più di essere squadra collaudata, abbattendo per la terza volta consecutiva dei Nuggets sempre più in difficoltà e a corto di fiato. La marea gialla di Oakland non manca ovviamente ad un appuntamento così importante, riempiendo in ogni ordine di posto la Oracle Arena. Le due squadre schierano i migliori quintetti a loro disposizione, con i Warriors che hanno perso per infortunio Lee, ma che dispongono di un Bogut in formato extralusso, fattore decisivo per Golden State. Dall’altra parte Fournier ormai è parte integrante della rotazione di coach Karl, affiancato ai soliti Iguodala, Lawson, Chandler e al definitivamente recuperato Faried. Brewer, come suo solito, parte dalla panchina.
Il primo quarto, giocato in sostanziale parità, è dominato dai lunghi di Golden State: prima Bogut e poi Landry mettono a referto nei primi 12 minuti 14 dei 25 punti totali per la squadra californiana, chiudendo in vantaggio di 4 lunghezze il quarto. Margine che, nella seconda frazione di gioco, assumerà proporzioni importanti per merito dei 9 punti di Jack (ormai stabilmente titolare) e più in generale di una ottima distribuzione di gioco, che porta la squadra della Baia a chiudere il primo tempo in vantaggio di 12 lunghezze (56-44). Per Denver, apparsa a corto di fiato e di idee, Iguodala chiude la prima metà di gara con 11 punti a referto.
Il terzo e decisivo quarto è quello che definirei “la frazione dei playmaker” (ammesso che Curry possa soltanto definirsi tale), 12 minuti dalle due facce opposte. L’inizio, di ritorno dagli spogliatoi, coinciso con la rimonta dei Nuggets guidati da uno scatenato Ty Lawson (15 punti per lui in questo stint di partita) che con l’ennesimo canestro a metà terzo quarto porta i suoi a meno 4 sul 66 a 62.
A quel punto Stephen Curry prende letteralmente fuoco e negli ultimi 4 minuti di quarto crivella la retina di colpi. Tripla da 9 metri, penetrazione al ferro, palleggio/arresto/tiro, lay up da sotto, canestro con fallo, tripla in transizione. Tutto. Tutto ciò che lo scibile umano è in grado di immaginare di poter fare per mandare a bersaglio un pallone da basket lui l’ha fatto. Chiude il quarto con 22 punti, un’irreale 8-11 al tiro (non ce n’era uno facile), spegnendo ogni possibilità di rimonta da parte di Denver e chiudendo una gara che nel periodo finale di gioco non da mai l’impressione di potersi riaprire.
Il risultato finale dice 115-101, con Golden State che continua a tirare con percentuali favolose dal campo (55% dal campo con il 42% da tre) e che manda in doppia cifra ben 6 giocatori: oltre ai 31 di Curry (costretto a guardare sostanzialmente tutto il quarto periodo dalla panchina, causa un problema all’occhio dopo un contatto con Brewer) ci sono i 21 di Jack, 17 per Landry, 13 di Green e Thompson e 12 di Bogut. Denver chiude con i 26 del suo playmaker titolare, i 19 di Iguodala e poco altro, mantenendo il vantaggio nel totale di punti in contropiede (25 a 13) ma perdendo clamorosamente nel confronto dei punti all’interno del pitturato, in cui nell’arco di tutta la stagione Denver è stata leader indiscussa (48 a 36).
La serie ormai sembra incanalata verso Golden State e solo il fattore Pepsi Center potrà porre un argine alla straripanza di una squadra che si sta rivelando come la sorpresa della stagione, trascinata da quello che non esito a definire l’MVP della stagione tra gli “umani” (se per voi Lebron è di una categoria fisica, tecnica e mentale comparabile con gli altri, allora Curry è tranquillamente il secondo classificato). Coach Karl dovrà cercare in tutti i modi di porre un freno ai Warriors, cercando di ritrovare quella convinzione che aveva portato molti a ritenere Denver come possibile outsider per il titolo. Staremo a vedere come andrà a finire il quinto atto della serie più divertente di questo primo turno di Playoff che, come dicevano i Negramaro in uno dei loro maggiori successi, “vorrei potesse non finire mai”!