Categorie: Editoriali NBA

Miami aggredisce la partita e riporta in parità la serie! Analisi tattica di gara 4!

Ok, mi arrendo. Star dietro “tatticamente” a questa rocambolesca serie di finale è davvero dura. Primi tempi equilibrati seguiti da improvvisi parziali che spaccano in due la gara. Morale della favola, Dwyane Wade come una fenice risorge dalle ceneri in cui in molti con i loro commenti avevano contribuito a cacciarlo (me compreso), riportando in parità la serie con i suoi 32 punti e soprattutto mettendo a referto 6 rubate. 6. Dallo stesso giocatore che era stato uno se non il problema difensivo soltanto 3 giorni fa. Ripeto quanto scritto dopo gara 3, se qualcuno è stato in grado di pronosticare tutto questo, chapeau!

Per cercare di capire quanto sia per certi aspetti “incredibile” questo ribaltamento della situazione, volevo tornare a considerare un paio di situazione della scorsa partita, in cui lo stesso Wade ha palesemente sofferto la circolazione di palla Spurs. Difficoltà che nasce tutta dal contenimento di Tony Parker, vero rompicapo per la difesa degli Heat la quale, per inseguirlo, si è ritrovata esposta ad un fuoco incrociato mortifero in quella partita. Tutto questo in gara 4 è venuto meno, visto l’aumentato tasso di aggressività di Miami ed il crollo verticale della prestazione del francese il quale, soprattutto nella seconda frazione, ha abbassato di molto la qualità del suo gioco. Ma andiamo con ordine.

Una delle prime azioni di gara 3. Parker sfrutta il blocco in angolo di Splitter, terrorizzando così tanto la difesa degli Heat da “distrarre” in qualche modo ben 4 giocatore della squadra della Florida.

Difatti, oltre ai 2 giocatori coinvolti sul p&r, Haslem non si preoccupa di Duncan, concentrandosi sui movimenti del numero 9. Ed anche lo stesso Wade flotta la sua posizione verso il centro dell’area, concedendo metri e metri di spazio ai tiratori Spurs.

Ancora più chiaro in quest’altro frame. Parker è in mezzo a tutti e 5 i difensori degli Heat che in qualche modo sono impegnati su di lui. In questa condizione, tolto il difficile rimorchio di Duncan, il playmaker francese ha l’imbarazzo della scelta, potendo servire o nell’angolo cieco Splitter oppure scaricando su Green e Leonard con metri di spazio.

Kahwi si mette in visione, Parker opta per lui, più di 2 metri comodi di spazio (ed un Wade dopo 2 minuti di partita già costretto ad inseguire difensivamente). Punti 3.

Vediamo un’altra situazione in cui il numero 3 di Miami è andato in difficoltà nella scorsa partita.

In questo caso il giocatore in palleggio è Gary Neal e sulle sue piste c’è uno specialista come Shane Battier. La difesa decide di lasciare l’uno contro uno all’attaccante, nonostante sappia che il giocatore ex Benetton Treviso è in grado di battere dal palleggio l’avversario. Proprio per questo Battier concede il lato destro del campo a Neal, sapendo che alle sue spalle c’è Bosh pronto ad andare in aiuto in caso di emergenza.

Anche Wade però, attirato dalla palla, flotta la sua posizione in aiuto, andando lui a raddoppiare su Neal, lasciando in totale libertà nell’angolo il “bombarolo” Green.

L’attaccante degli Spurs riesce con tempi perfetti a servire il compagno nell’angolo, punendo in maniera sistematica la scelta sbagliata di Wade. Mi fermo qui (anche perché altrimenti sarebbe l’analisi della partita precedente), ma tutto questo è a mio avviso sintomatico di come Miami a fronte di tutto questo sia riuscita in gara 4 a ribaltare totalmente i rapporti di forza in fase difensiva.

Non più una squadra “statica” in attesa di essere attaccata, ma una difesa aggressiva pronta a mettere in difficoltà sin da subito l’avversario. Se forzi 19 palle perse, facile poi correre il contropiede, prendere tiri veloci ed in ritmo, alzando le percentuali. Quello che infatti ha fatto la differenza, sia in difesa che in attacco, è l’aggressività. Concetto troppe volte citato quando si parla dei Miami Heat, ma mai sviscerato a dovere.

Ennesima piccola premessa. In molti sostengono che ciò che abbia pesato di più offensivamente per Miami è che sia riuscita a segnare quei jumper che gli Spurs stanno concedendo dall’inizio della serie. Vero, verissimo, ma questo è stato utile alla vittoria non come semplice aggiunta di punti, anche perché una cosa del genere il piano partita di coach Popovich la terrà sicuramente in conto. Ciò che è cambiato è il tipo di tiro dalla media che gli Heat hanno preso, i tempi con cui l’hanno fatto e la voglia con cui hanno aggredito (questa parola ricorre spesso oggi) il canestro. Vediamo di intenderci.

Rimessa dopo aver subito 2 punti. Palla a Lebron che la porta in 3 falcate nell’altra metà campo, ritrovandosi a giocare contro la solita difesa schierata che gli concede metri e metri di spazio. Nonostante il cronometro dia ancora 20 secondi a James per giocare l’attacco, lui decide subito di attaccare.

La scelta “improvvisa” trova di fatti sorpresa anche la difesa, costretta sin da subito ad inseguirlo, con Joseph che in affanno cerca di riprendere posizione all’interno della “zona mascherata” utilizzata dagli Spurs.

Tutto questo porta ben 3 uomini sulle piste di Lebron, che battuto il diretto avversario si arresta al centro dell’area per decidere su quale compagno libero scaricare (ricorda molto la situazione precedente di Parker).

L’uomo in visione è Bosh, che prende e segna si un tiro della media, ma questa è una conclusione totalmente diversa da quelle di gara 3 e soprattutto è un canestro che arriva dopo soli 7 secondi, in ritmo e non è assolutamente quello che la difesa vuole concederti. (clicca qui per vedere il video dell’azione).

In questo tipo di situazioni l’aggressività di James ha portato non solo a generare ottimi attacchi per i compagni (clicca qui per il video), ma anche a prendere tiri nei primi secondi a ridosso del ferro (clicca qui per il video) e a segnare quei jumper che tanti problemi gli hanno dato nei primi episodi di queste Finals (clicca qui per il video). In queste termini è facilmente spiegabile il suo passaggio dal 33% al 60% dal campo.

Il concetto è semplice. La difesa mi lascia spazio ed io al posto di star lì a palleggiare o prendere il tiro fuori ritmo che la difesa vuole concedermi, lo sfrutto per attaccare, attaccare ed ancora attaccare il mio difensore. Massimo esponente di tutto ciò nella scorsa notte è stato il già precedentemente citato Dwyane Wade, eroe di serata che è riuscito a giocare p&r molto efficaci utilizzando i metri che San Antonio ha deciso di concedergli.

Primo esempio. Il numero 3 degli Heat prende spazio, parte da molto lontano (in pratica dalla metà campo), aspettando che Haslem esca dal corpo a corpo con Splitter e piazzi un blocco cieco che Leonard non può vedere.

Wade a questo punto inizia il suo lavoro, puntando calcisticamente l’avversario diretto e bruciandolo con un crossover che lo disorienta e soprattutto lo sbilancia.

Questo era quello che “serviva” alla guardia di Miami. Portarlo fuori equilibrio sul blocco. A quel punto, con Leonard completamente fuori dai giochi e Splitter in ritardo con l’aiuto, segna un bellissimo canestro (clicca qui per vedere il video dell’azione).

Vediamone un’altra dimostrazione, in cui Wade sia facilitato nell’andar dentro sempre grazie ad una situazione analoga.

Altro caso di transizione secondaria, in cui si ritrova accoppiato con Boris Diaw, il quale tende a concedergli il solito spazio per evitare di essere attaccato in penetrazione. Nello stesso momento Bosh, resosi conto del potenziale miss match data la differente agilità tra i 2, si stacca da Duncan per portare il blocco a Wade.

A questo punto il numero 1 degli Heat rolla verso canestro, lasciando al suo compagno in penetrazione libero il centro dell’area e fornendogli una comoda direttrice di passaggio correndogli di fianco (clicca qui per vedere il video dell’azione).

Di canestri del genere ce ne sarebbero almeno un’altra decina da mostrare, ma non cambierebbero la sostanza dell’assunto. Nonostante l’imbarcata di gara 3, da più parti si era detto che il problema vero della squadra di coach Spoelstra fosse l’attacco, troppo masticato, macchinoso e “Lebron dipendente” (non a caso i paragoni con la Cleveland del 2007 si sono sprecati). Nell’ultima partita le cose sono cambiate radicalmente, merito anche di un atletismo che non credevo riscontrabile in alcuni elementi (ma Wade non aveva problemi al ginocchio o qualcosa del genere?!?!?).

Lungi da me quindi fare pronostici o previsioni su questa schizzofrenica serie. Magari un’altra “analisi” si, ma soltanto dopo averli visti giocare per altri 48 minuti.

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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