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Terzo titolo per Miami, James MVP

Una grande prestazione di Lebron James, autore di 37 punti, ha permesso ai Miami Heat di avere la meglio sui San Antonio Spurs in una gara-7 dal finale al cardiopalma. Col punteggio in equilibrio l’MVP ha messo a segno 4 punti strumentali al terzo titolo nella storia della franchigia, il secondo personale. Per i Texani si tratta della prima sconfitta alle NBA Finals, uscendo però dal campo col massimo degli onori. Il punteggio finale è stato 95-88 per i padroni di casa, capaci di ribaltare il 2-3 nella serie come fecero i Lakers nel 2010.

Ancora in quintetto Miller e Ginobili, confermando quindi il trend delle ultime partite. Il primo quarto, come poteva essere intuibile, vive all’insegna di nervi tesi ed errori da ambo le parti. Sono gli Spurs a scattare meglio dai blocchi, grazie ad un Duncan presente e ad alcuni pessimi attacchi di Miami che generano palle perse banali. Secondo fallo di Ginobili, ma San Antonio è avanti al primo timeout 11-6. Inizio guardingo di James, che studia la partita e si dedica solo a qualche sporadico jumper, peraltro fuori bersaglio. Il numero 6 chiuderà con 4 punti ed 1 su 4 al tiro. Sul finire del parziale i padroni di casa mettono assieme un 8-0 con 2 triple importanti di Shane Battier. Al primo mini-riposo il punteggio è 18-16 per gli uomini di coach Spoelstra, che hanno tirato col 37% dal campo contro il 32 dei loro avversari.

San Antonio ricuce il primo tentativo di allungo-Heat, arrestatosi sul +5. Gli Spurs trovano buone soluzioni da rimessa da fondocampo avversaria e con un Parker aggressivo non mollano di un centimetro. Bosh commette il suo terzo fallo con quasi 8 minuti da giocare, prendendo la via della panchina. Da segnalare l’ennesimo miracolo da tre allo scadere dei 24” da parte di Gary Neal, non il primo di queste Finali. Chi non la mette più, anche con metri di spazio, è Mike Miller, lontano parente delle prime gare. Lotta su ogni palle vagante, con le due squadre che non si risparmiano in questa partita senza un domani. Gli ospiti grazie a diversi tiri liberi, ed al dominio a rimbalzo di Kawhi Leonard, si portano avanti di qualche lunghezza. Poco prima della sirena arriva però il jumper di Wade, che la mette per il 46-44 Miami all’intervallo. James inizia a scaldare i motori ed arriva a quota 15, ottimo quarto di Wade, efficace nelle realizzazioni (14 punti) e nei rimbalzi (6). Nullo Bosh, con zero punti, Duncan chiude il primo tempo a quota 10.

Il terzo quarto si apre all’insegna di Leonard. L’ex San Diego State segna 6 punti, rivelandosi molto attivo e strumentale alla causa dei nero-argento. Anche Ginobili è diverso da quello pessimo di gara-6, ma è l’equilibrio a farla da padrone, anche nelle palle perse. Si risveglia Danny Green con una rocambolesca tripla, ma sarà solo un fuoco di paglia. LBJ cerca di far saltare il banco, segnando con continuità da tre punti, manco fosse il suo compagno Ray Allen. L’inerzia sembra passare agli Heat, ma è ancora Leonard a bloccarla. San Antonio confeziona un parziale di 7-0, ripassando nuovamente in vantaggio. Bosh è ancora a secco, così come He Got Game, totalmente annullato dalla difesa di Gregg Popovich. Sulla sirena arriva la tripla di tabella di Mario Chalmers, che si infila per il 72-71 pro-Miami, una ventata di aria fresca per i padroni di casa in vista degli ultimi e decisivi 12 minuti. Lebron ne mette 13 nel parziale arrivando a quota 28, sono 17 quelli di TD21. La Finale NBA 2013 si deciderà solo nell’ultimo, drammatico quarto.

L’ultimo periodo della stagione si apre con un vero e proprio dogfight. Ogni pallone è oggetto di mischie di stampo rugbistico, con i giocatori che si avventano su ogni sfera vagante. A rimbalzo d’attacco è un buon momento per San Antonio, che va a segno con Duncan e Leonard, vanificando così gli sforzi della difesa Heat. Bosh completamente avulso, passa i tiri e quando li prende spara decisamente a salve. Le squadre si rispondono colpo su colpo come due pugili su di un ring, con tanto di errori grossolani dettati da stanchezza ed importanza del momento. Duncan tiene vivi i suoi, inducendo Bosh a commettere il quinto fallo. A due minuti dal termine Leonard mette la tripla del -2, 90-88. Chalmers sbaglia due liberi ma San Antonio non ne approfitta, con lo stesso Leonard che sbaglia la bomba del sorpasso. Il finale è zeppo di errori. Sbagliano in sequenza Wade, Battier e Duncan per due volte. Il caraibico si dispera per il suo errore del potenziale pareggio, per di più con i secondi che scorrono implacabili. All’uscita dal timeout, James segna il jumper del 92-88, con 28” rimanenti sul cronometro. Sul possesso successivo Ginobili, pessimo nell’ultimo quarto, cerca Duncan, LBJ capisce tutto, intercetta e mette due importanti liberi. Il tutto con Tony Parker a guardare dalla panchina. Manu prova la tripla ma sbaglia, rimbalzo Wade che mette il primo libero. Sul secondo arriva il tap-out di Battier, Miami controlla ed il cronometro si spegne. 95-88 ed Heat campioni per il secondo anno di seguito. Per James il secondo MVP delle Finali, a coronamento di una grande gara-7.

LBJ chiude con 37, 12 rimbalzi ed una curiosità: nella storia delle gare-7 di Playoffs James ha la più alta media punti di sempre, un dato che deve far riflettere. Ottima partita di Wade, degna spalla del numero 6, con alcuni jumper che hanno tolto le castagne dal fuoco di Miami. Per Flash 23+10 rimbalzi e terzo anello personale. 14 di Chalmers, ottima prova di Battier che ne ha messi 18 con 6/8 da tre. 0 per Allen e, soprattutto, Bosh. Una prova del genere non può passare in secondo piano nonostante la vittoria del titolo. Se gli altri Big Three non avessero prodotto con continuità, i titoli (negativi) dei giornali sarebbero stati solo per lui.

Per gli Spurs due nomi su tutti. Duncan, eterno, mette a referto 24 punti con 12 rimbalzi. Leonard, ormai in rampa di lancio definitiva, chiude con 19+16. 18 punti di Ginobili, ma tanti errori decisivi quando la palla scottava di più. Solo 10 per Parker con 3/12 dal campo e la panchina finale. E’ evidente che il francesino aveva problemi fisici pari a quelli di Wade, il tabellino finale non può che esserne la diretta conseguenza. 1-12 per Danny Green, una prestazione che ha ricordato quella di Starks in gara-7 nel 1994.

Miami ha tirato col 44% dal campo, ritrovando al momento giusto una difesa che ha concesso neanche il 38% agli avversari. Percentuali basse da tre, meglio ai liberi i Texani. Sostanziale parità a rimbalzo, 43-43, nelle palle perse, 16-14 Heat, e nei punti in contropiede, 8-5 Spurs. Evidente disparità nei punti in vernice, 48-24 per gli ospiti, in netta controtendenza rispetto alle solite abitudini di Miami. Nessuna delle due squadre ha avuto più di 7 lunghezze di vantaggio in questa partita.

L’andamento di questa gara è stato conforme a quello classico di una gara-7 col titolo in palio. Palle perse, combattimenti corpo a corpo, tiri sbagliati, alto tasso di fisicità, poca qualità nei due attacchi con le difese che si prendono le copertine. Difficile fare una disamina tecnica approfondita di questa partita. Quel che è cambiato è che James ha trovato quella continuità nei jumper che era mancata nei sei episodi precedenti. Significativo che il canestro decisivo sia arrivato proprio con un tiro dai 6 metri, simbolo di una mano e, soprattutto, di una fiducia ritrovata. Solo applausi per gli Spurs. Sono arrivati ad un soffio dal titolo, si sono dimostrati una squadra vincente che sfrutta un impianto di gioco ben collaudato. Nonostante la sconfitta, rimane intatta la reputazione dei Big Three nero-argento. Con la celebrazione Heat in preparazione nei prossimi giorni, è ufficialmente finita la stagione NBA 2012-13.

Alessandro Scuto

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