Categorie: Hall of Famer

Atto secondo: Sua maestà Magic Johnson

Il draft e l’esplosione tra i pro.
Magic inizia la sua avventura:

La prima scelta del 1979 sarebbe dovuta essere dei Jazz che, però, l’avevano scambiata con Los Angeles per

prendere Goodrich.
I Lakers decisero di iniziare la loro rifondazione da Magic per poter costruire una squadra basata principalmente sulla velocità e la capacità offensiva. Magic si fece notare già durante il training camp impressionando tutti gli addetti ai lavori.
Nella sua prima stagione riuscì a mantenere una media di 18 punti e 7,3 assist, ma, proprio Bird gli soffiò il premio di miglior rookie dell’anno chiudendo con 21.3 punti, 10.4 rimbalzi e 4.5 assist a partita. Durante i play off Magic guidò i Lakers all’anello, si ricorda, come è giusto fare, gara 6 delle finali contro Philadelphia, quando Magic schierato da centro al posto dell’infortunato Jabbar mise a segno 42 punti, 15 rimbalzi, 7 assist e 3 palle rubate.
Magic fu il primo rookie della storia a essere eletto miglior giocatore delle finali NBA.

Nella stagione successiva un infortunio al ginocchio lo tenne lontano dal campo fino ai play off, il suo rientro contro gli Houston Rockets,però, non ebbe l’impatto che ci si sarebbe aspettato, i suoi movimenti risentivano ancora dell’infortunio e la sua prestazione in gara tre costò l’eliminazione dei californiani.
La stagione 81-82 iniziò con vari dissidi in casa Lakers, soprattutto tra Magic e l’allora allenatore Paul Westhead, reo di aver costruito schemi che penalizzavano il gioco offensivo di tutta la squadra.
La dirigenza di L.A. licenziò Westhead ed affidò temporaneamente la panchina a Pat Riley, con Jerry West assistente per gli schemi offensivi.

Probabilmente in quel preciso istante nasceva lo “SHOW TIME” nella città degli angeli, condotto, orchestrato e innalzato ad opera d’arte da Magic. I Lakers vinsero nuovamente il titolo in finale (4-2) contro i Philadelphia 76ers di Dottor J. Magic vinse per la seconda volta il titolo di MVP delle finali.
In quell’anno, Johnson realizzò una media pazzesca 18,6 punti, 9,5 assist e 9,6 rimbalzi a partita, arrivando a 700 punti, 700 assist e 700 rimbalzi in una stagione (terzo giocatore dopo Oscar Robertson e Wilt Chamberlain).

La squadra che vinse il titolo nel 1981-82

N. Naz. Ruolo Alt.

5 G Eddie Jordan 185
8 AG Jim Brewer 206
10 P Norm Nixon 188
11 AG Bob McAdoo 206
21 G Michael Cooper 196
25 AG Mitch Kupchak 206
31 AG Kurt Rambis 203
32 P Magic Johnson 206
33 C Kareem Abdul-Jabbar 218
34 G Clay Johnson 193
40 G Mike McGee 196
52 AP Jamaal Wilkes 198
54 AG Mark Landsberger 203

I Lakers arrivarono in finale anche nel 1983 ma i 76ers avevano portato in squadra un certo Moses Malone, che con Julius Erving componeva una coppia incredibile, rendendo Philadelphia una squadra imbattibile. La serie finì 4-0 senza nessuna possibilità per la squadra di Los Angeles e per Magic di portare il titolo in California,soprattutto se consideriamo l’assenza degli infortunati: Norm Nixon, James Worthy e Bob McAdoo.

Larry o Magic, questo è il dilemma:

Dopo 5 anni i destini del bianco di Boston e di Magic si incrociano di nuovo. Nel 1979 a farli incontrare fu la finale NCAA tra Michigan e Indiana State, ora sono sul palcoscenico più importante del mondo, l’attesa, gli allenamenti, il sudore e il folle sogno sono stati premiati.
Si ricomincia l’eterna sfida tra precisione e follia, si torna ad assaporare il gusto della sfida Lakers – Boston.
La storia, come un anello riflesso, riprende il suo folle giro, non sceglie mai a caso, segue uno schema dettato dal destino, da mani che possono tutto e da menti sopraffine che ricalcano l’idea della perfezione divina.
Si torna a Larry e Magic e tutto si riduce in 7 gare, in 4 tempi e una manciata di minuti. L’eternità dovrebbe
essere contenuta in quei precisi istanti, per permettere alle generazioni future di apprezzare l’essenza di questo
sport sui due lati del parquet.

Nel 1984 andò in scena la prima finale NBA tra Larry e Magic, la prima di una serie di finali epiche per il mondo della NBA.
Los Angeles vinse gara 1, gara 2 fu dei Celtics.
In gara 3, al Forum di Inglewood, Magic tirò fuori una prestazione da 21 assist, portando i Lakers a vincere
137-104.
In gara 4 gli errori nel finale di Magic furono decisivi per la sconfitta di L.A.
Le due partite seguenti furono vinte dai Celtics a Boston e dai Lakers a Los Angeles.Si arrivò, così, all’ultima e decisiva gara 7 al Boston Garden. Magic e i Lakers non riuscirono a sconfiggere la difesa arcigna dei Boston e persero 111 a 102. Costarono caro gli errori di Magic a pochi minuti dalla fine quando il risultato era + 3 Boston, e Johnson perse per due volte il pallone non riuscendo a pareggiare.

I Celtics si aggiudicarono il 15° titolo NBA con Bird nominato miglior giocatore delle finali.

Uno a zero per Larry e i Verdi di Boston, Magic è fermo ai suoi errori, in ginocchio di fronte al potere del biondo e della sua squadra, ma non sarà l’ultima.
In questi casi la storia o il destino porgono ai campioni una seconda possibilità, come se qualcuno dall’alto (non parlo di Dio) si divertisse troppo a vederli esprimere un’idea di perfezione così vicina all’episteme.

Nel 1985 ci fu la vera esplosione delle potenzialità di Magic, una stagione da incorniciare, una di quelle da far vedere e rivedere a tutti i ragazzi che si avvicinano per la prima volta al Basket. Ancora una volta finale, ancora una volta play off perfetti e di nuovo Larry contro Magic. Durante la regular season, Magic tenne una media da doppia doppia 18,3 pp, 12,6 assist, e 6,2 rimbalzi, ma, la serie inizio male per Los Angeles.

Gara 1, 148-114 per i verdi di Boston, Magic di nuovo in ginocchio davanti a Bird per la partita che oggi viene ricordata come il “Massacro del Memorial Day”.
Sarà anche per la batosta pesantissima o forse per uno strano gioco del destino, ma, Los Angeles riuscì a rimontare portandosi sul 3-2 e andando a giocare gara 6 al Boston Garden. Mai i viola-oro avevano vinto una finale contro i Celtics ( 8 sconfitte consecutive), ma, quella gara 6 chiuse la serie (4-2).
Prima vittoria dei Los Angeles Lakers in una finale contro i Celtics (110-100) e questa volta è Larry ad essere in ginocchio. Nel 1985 il premio di Most Valutable Player, però, fu di Kareem Abdul-Jabbar, che lo aveva già vinto nel 1971 quando era ai Bucks al fianco di Oscar Robertson.

Nel 1986, i Lakers arrivarano ai Play off con un record di 62-20, secondi solo ai Boston Celtics, che terminarono con un pazzesco 67-15.
La sorpresa, però, arrivò dal Texas, e non da San Antonio, che in quel periodo storico, dopo aver ceduto ai Celtics George Gervin, erano in fase calante, ma, da Houston della coppia Sampson e Olajuwon. Olajuwon fu draftato nel 1984 insieme a Jordan, Sir Charles Barkey e John Stockton e in pochi anni riuscì a portare Houston ai Play off e alla finale del 1986 contro i Boston Celtic, questa volta, Larry vincerà in sei gare, mettendo in bacheca il 16° titolo dei verdi.
Le medie di Magic in quell’anno rimasero inalterate 18,8 punti, 12,6 assist e 5,9 rimbalzi a partita in 72 presenze.

Il 1987, il gancio cielo e la follia che diventa realtà:

Nel 1987 ancora una volta il destino mise di nuovo a confronto Magic e Bird in finale.
In quell’anno Magic realizzò il suo record stagionale di punti in carriera: 1.909 in 80 partite, vale a dire una media di 23,9 per partita e fu, inoltre, eletto per la prima volta miglior giocatore dell’anno, precedendo in classifica Michael Jordan e Larry Bird.

I Playoff non hanno storia, L.A. battono Denver (4-0), poi Golden State (4-1) e Seattle ancora (4-0).
Dall’altra parte Boston si impone su Chicago 3-0, poi su Milwaukee 4-3 e Detroit per 4-3, unica fatica dei verdi.

Finale, ancora una volta Larry contro Magic l’ennesima.
In gara 1 si impongono i Lakers 126-113, con un Magic da 29 punti, 13 assist e 8 rimbalzi. Pat Riley aveva a disposizione il meglio della NBA, ma soprattutto un Magic in forma smagliante.
La serie si concluderà in gara 6, una partita combatutissima, il primo tempo si concluse su 55-51 per i Celtics, con un Magic sotto tono (solo 4 punti) e una squadra contratta. Nel secondo tempo i Lakers riuscirono a ribaltare il risultato con un Magic da 16 punti, 19 assist e 8 rimbalzi. Il punteggio finale recitava 106-93 Lakers. Johnson si aggiudicò per la terza volta in carriera il premio di MVP delle finali e i Laker l’ennesimo anello NBA.

Quella finale, come accade spesso in NBA fu decisa dall’estro di un campione, dalla genialità e dalla follia di un play d’altri tempi.
Gara 6 merita un racconto nel racconto, merita tutta la nostra attenzione perché semplici parole ed immagini, a volte, possono emozionarci a tal punto da restare nella memoria per sempre.

Quel 9 giugno del 1987 i secondi scorrevano inesorabili per i Lakers che al Boston Garden erano sotto 105-106 e stavano vedendo sfumare la possibilità di chiudere la serie in 6 gare.
7 secondi al termine, rimessa offensiva dalla linea di fondo per i Lakers, Magic si smarca sulla sinistra, riceve il pallone, il cronometro segna 5 secondi con l’arcigna difesa dei Celtics schierata a a protezione del canestro. Magic prova ad andare in direzione del canestro, ma, ben presto si accorge che sarebbe stato impossibile andare in penetrazione. 4 secondi, Magic porta palla verso il centro dell’area marcato da Mc Hale e Robert Parish che stringono per non concedere il tiro al play giallo-viola.
3 secondi alla fine, gli ultimi 3 e Magic inventa, dirige, orchestra, si apre al genio. Conscio di non poter appoggiare in alcun modo la palla al tabellone, conscio di non poter andare dentro per un tiro “facile”, utilizza l’unica opzione che poteva permettergli di piazzare quei 2 punti che avrebbero dato la vittoria e il titolo a Los Angeles. Emula Jabbar, salto lieve e armonico che lascia spazio all’immaginazione e “GANCIO CIELO” perfetto che si spegne all’interno del ferro, sfiorando la rete. Lo stadio di Boston esplode comunque in un applauso, perché ragazzi di fronte a questo gesto d’infinita bellezza si deve, per responsabilità, metter da parte il credo e ringraziare. Boston 106, Lakers 107 finirà così, con quel gesto, una elle finali più entusiasmanti di quel periodo della NBA.

A fine gara negli spogliatoi lo stesso Magic definì il suo tiro come uno «junior, junior, junior sky-hook».
Il suo rivale sul campo Larry Bird dichiarò invece sorridendo: «Ti aspetti di perdere per un gancio cielo. Quello che non ti aspetti è che a farlo sia Magic.»

Al termine della sfida decisiva, che sarà l’ultima finale che i due giocheranno contro, lo stesso Bird ammise:«Magic è un grande, grande giocatore di pallacanestro. Il migliore che io abbia mai visto.»

Ci lasciamo in questo 1987, prima dell’ultimo titolo di Magic prima di Barcellona ’92, perché nel terzo atto di questa serie andremo ad indagare le vicende più personali e difficili del più grande play mai esistito cercando di entrare nell’intimo delle sue vicende e del mito.

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