Dopo mesi (e ce ne scusiamo) aggiorniamo la rubrica “Film e Libri NBA” con la recensione di quello che forse è il più conosciuto tra gli scritti sul basket americano in italiano. Sto parlando di “Black Jesus”, libro-non libro (come per stessa definizione dell’autore) stracolmo di storie, aneddoti e particolarità sul mondo collegiale, NBA o comunque legato alla palla a spicchi.
A tutto questo, se già non bastasse come stimolo all’acquisto e alla lettura delle 200 pagine scarse, si aggiunge la piacevolezza dello stile letterario utilizzato. Unico nel suo genere, come la capacità del suo autore di raccontare storie. Direi quindi che in tutto e per tutto è un libro “buffesco”, dal quale trasudano conoscenze e ricordi che le misere pagine del tomo edito da “Libreria Dello Sport” non riusciranno mai a contenere tutte.
Quella di Black Jesus è una raccolta di storie che racchiudono a 360° tutto ciò che ruota negli States attorno al basket. Dal giocatore dell’High School grande promessa del futuro che affonda sotto il peso e la pressione di cui tutti lo hanno caricato, al giocatore che invece fatto il salto in NBA si è riuscito ad imporre anche su un palcoscenico così importante.
Ci sono storie romantiche come quella di Earl Manigault, da tutti conosciuto come “the Goat”, da intendere a scelta come “la capra” per chi lo traduce letteralmente o “the Greatest Of All Time” (non credo ci sia bisogno di traduzione), di cui avevamo già parlato in un articolo qualche tempo fa (clicca qui per l’articolo).
Oppure c’è la storia di Dave Arseneault, l’inventore del “Sistema”. Cito testualmente per i pochi che non ne hanno mai sentito parlare:
Questi sono i sacramenti per vincere ogni partita:
– La mia squadra deve prendere almeno 94 tiri a partita, di cui almeno la metà devono essere triple;
– I nostri avversari devono perdere almeno 32 palloni;
– Dobbiamo prendere almeno 30 tiri più di loro;
– Dobbiamo segnare in occasione di almeno di un terzo dei nostri errori per cui abbiamo bisogno di una valanga di rimbalzi d’attacco;
– L’ideale nostra situazione è -10 a dieci minuti dalla fine.
Vi lascio immaginare come davanti a dei presupposti del genere si possa dipanare il racconto meravigliosamente orchestrato da Buffa.
Questi sono solo alcuni esempi tra la trentina di storie riportate, scritte in un arco temporale che copre quasi un decennio. Le prime storie sono datate 1998, mentre alcune delle ultime sono state aggiunte nella versione “The Anthology”, ristampata nel 2009 (che è quella attualmente ancora in commercio).
E’ il classico libro che, essendo articolato come insieme di storie tra loro lontane, può essere letto “a piccoli sorsi”, leggendo anche una storia ogni tanto, così da gustarle tutte fino in fondo. Io, purtroppo, cannibale per natura di fronte a letture così piacevoli, ho letteralmente sbranato le pagine, leggendole tutte d’un fiato e restandone clamorosamente stordito (ma vi garantisco che è piacevole anche così!).
Un must quindi per tutti quelli che amano il basket, che amano la cultura americana e che amano Federico Buffa. Che poi lo vogliate sorseggiare o sbranare, il consiglio che posso darvi resta sempre lo stesso: leggetelo!