Categorie: Primo Piano

Top e flop storici del Draft-seconda parte

Come da programma, ecco qui la seconda parte sui top e flop nella storia del Draft (qui la prima parte). Le avvertenze per l’uso sono sempre le stesse: abbiamo preso in considerazione solo dal 1985 in poi, ossia da quando è stata introdotta la Lottery e relativo meccanismo, rimasto più o meno inalterato sino ai giorni nostri.

Undicesima chiamata

With the eleventh pick in the NBA Draft..ecco a voi qualche nome d’autore. Primo fra tutti Reggie Miller, scelto nel 1987 dagli Indiana Pacers. Fischiatissimo dai tifosi della squadra al momento della selezione, è diventato in breve l’uomo-franchigia, bandiera e simbolo di una formazione che ha sfiorato il titolo nel 2000. Buona la scelta nel 1991 di Terrell Brandon, All-Star che ha avuto la carriera accorciata da vari problemi fisici. Un anno dopo al numero 11 ecco Big Shot Robert Horry, il signore degli anelli, con ben 7 trofei NBA conquistati in una carriera sensazionale. Infine, da segnalare Allan Houston (classe ’93), anima di diverse edizioni di New York. Da allora a quest’altezza solo colpi rivedibili. Todd Fuller (96), scelto davanti a gente di un certo spessore, per usare un eufemismo. Trajan Langdon (99), poi uomo di successo in Europa. Jerome Moiso (2000), dalla carriera e dai numeri risibili. Kedrick Brown (2001), scommessa fallita di Boston o Fran Vasquez (2005), scelto dai Magic per dare una spalla ad Howard ma rimasto sempre nel Vecchio Continente. Per rimanere in tema di Eurolega ecco Acie Law (2007), 4 stagioni e 6 maglie differenti nella Lega.

Dodicesima chiamata

Tante scommesse perse alla posizione numero 12. Alec Kessler (1990), visto anche a Milano e morto sfortunatamente nel 2007. Il “mitico” Harold Miner (’92), il “Baby Jordan” che vinse due gare delle schiacciate per poi perdersi nell’oblio. Cherokee Parks (95), Michael Doleac (1998) e Aleksandar Radojevic (’99), tre centri bianchi che non hanno lasciato il segno. A tale categoria appartiene pure Robert Swift (2004), frenato da gravi problemi fisici che gli hanno permesso solo fugaci apparizioni nella Lega. Con una camicia indimenticabile il giorno del Draft 2005, ma con una carriera dagli aggettivi opposti, ecco Yaroslav Korolev, che doveva formare con Livingston il backcourt del futuro nelle intenzioni dei Clippers. Non male la scelta di Hilton Armstrong (2006), che aveva flirtato anche con la prima chiamata assoluta, per poi cadere nel dimenticatoio. Tra i top poca roba, il migliore forse Mookie Blaylock (classe ’89), che peraltro in questi giorni sta avendo grossi guai con la giustizia.

Tredicesima chiamata

Si può scegliere uno dei primi 3-4 realizzatori ogni epoca della Lega alla posizione numero 13? La risposta è si, addirittura moltiplicata per 2. E’ questo il caso, infatti, di Karl Malone (1985) e Kobe Bryant (1996), che hanno fatto le fortune di Jazz e Lakers. Il tutto a dimostrazione di come il Draft sia spesso una scommessa o, usando un’espressione ben nota agli appassionati, la più inesatta delle scienze inesatte. Buone anche le chiamate di Dale Davis (1991), Jalen Rose (1994) e Thabo Sefolosha (2006), mastino difensivo di Oklahoma. Tra i flop più “antichi” ricordiamo Michael Smith (1989), visto in Italia e Spagna, e Keon Clark (1998), l’uomo dalle gambe sottilissime ma dalla fedina penale inversamente proporzionale. Di recente alla 13 sono stati scelti Marcus Haislip (2002), Marcus Banks (2003), Sebastian Telfair (2004) e Julian Wright (2007).

Quattordicesima chiamata

Qualche colpo da ricordare con la numero 14. Dan Majerle (1988), le cui triple hanno fatto gioire centinaia di tifosi, specialmente in quel di Phoenix. Tim Hardaway (1989), il piccolo folletto che faceva impazzire i difensori avversari. Peja Stojakovic (1996), cecchino di Sacramento che è riuscito a vincere il titolo nel 2011 con i colori di Dallas. Dall’altro lato della medaglia, alcuni veri e propri carneadi. Rich King e Scott Haskin, rispettivamente classe 1991 e 1993. Il compianto centro nigeriano Yinka Dare (1994), che nella stagione 95-96 ebbe la sconfortante statistica di 72 palle perse a fronte di 0 assist. William Avery (99) e Mateen Cleaves (2000), due playmaker dalla buona esperienza collegiale (soprattutto il secondo), ma passati dalla NBA senza poi lasciar traccia. Infine segnaliamo Psycho Rashad McCants (2005), uscito da North Carolina ma presto emarginato dalla Lega, anche per un carattere non proprio facile.

Non-lottery picks

Dalla posizione numero 14 in poi ci si addentra nelle scelte “non di lotteria”, che comprendono tutte quelle sino al termine del primo giro. In questa fase è più “semplice” per le squadre buttare via una scelta, sia per i classici errori di valutazione che per la mancanza di grandi prospetti, che teoricamente dovrebbero essere già stati selezionati nelle posizioni precedenti. Non mancano comunque gli ottimi colpi, alcuni davvero decisivi per le sorti di una franchigia. Ben due gli MVP delle Finali presenti in questa lista. Stiamo parlando di Joe Dumars (1985) e Tony Parker (2001), scelti da Detroit e San Antonio rispettivamente alle posizioni numero 18 e 28. Alla 15 invece, nel 1996, veniva chiamato tale Steve Nash, che avrebbe poi vinto “soltanto” due MVP della regular season e svariate classifiche di top assistman. Tra le scelte recenti ricordiamo Serge Ibaka (2008), Roy Hibbert (sempre 2008), Rajon Rondo (2006), David Lee e Danny Granger (2005), i due Smith, Josh e JR (2004), David West (2003) e Tayshaun Prince (2002). Fuori dalla Lottery sono scivolati altri All-stars, gente come Zach Randolph (2001), Hedo Turkoglu (2000), Andrei Kirilenko (1999) e Ron Artest/Metta World Peace, cui i Knicks preferirono nel 1999 Frederic Weis, proprio quello posterizzato da Vince Carter alle Olimpiadi di Sydney. Notevoli anche le prese di Derek Fisher e Jermaine O’Neal (entrambi classe’96), Michael Finley (1995), Sam Cassell (’93), Doug Christie e Latrell Sprewell (tutti e due scelti nel 1992). Andando più a ritroso nel tempo troviamo Rick Fox (1991), Vlade Divac (’89), Shawn Kemp (sempre del 1989), Mark Jackson e Terry Porter, entrambi del Draft del 1985.

Secondo giro

Con la fine del primo giro si entra nella terra di nessuno, quella in cui i contratti non sono garantiti. Tanti giocatori, selezionati in tale ambito, non hanno mai vestito la maglia delle squadre che li hanno scelti, nemmeno per dei workout o per i training camps. Fino al 1988 incluso, inoltre, i giri erano molti di più, con un’abbondanza di nomi da far paura. In mezzo a tante scelte buttate via, ci sono stati diversi “steals” del Draft. Di recente si è pescato bene oltre la posizione numero 40. E’ il caso di Monta Ellis (2005), Paul Millsap (2006) e Marc Gasol (2007), vincitore in questa stagione del premio di Difensore dell’Anno. Andando avanti, citiamo Anderson Varejao (2004), Kyle Korver (2003), Mo Williams (stesso anno) e Luis Scola (2002), pescato alla posizione numero 55. Tanti gli All-Star scelti al secondo giro, sia presenti che passati. Ricordiamo a tal proposito Carlos Boozer (2002), il mitico Gilbert Arenas (2001) e Michael Redd, classe 2000. Il furto dei furti, con ogni probabilità, è avvenuto nel 1999. In quell’anno, infatti, i San Antonio Spurs alla posizione numero 57 scelsero un certo argentino che giocava in Italia, tale Manu Ginobili. Non male anche le chiamate di Cuttino Mobley e Rashard Lewis (1998), Stephen Jackson (1997) ed Eric Snow (’95). Tra le scelte di secondo giro di inizio anni’90 vengono in mente “Nick the quick”, Nick Van Exel (1993), P.J. Brown (1992), Antonio Davis e Toni Kukoc (1990). Più in là con gli anni troviamo Clifford Robinson (’89), Steve Kerr (1988) ed un poker d’assi provenienti dal Draft del 1986: Drazen Petrovic, Jeff Hornacek, Nate McMillan e l’inimitabile Dennis Rodman. Chiudiamo con l’anno di riferimento di questo articolo, il 1985, in cui vennero scelti Sam Mitchell e Mario Elie, quest’ultimo addirittura chiamato al settimo giro.

Undrafted Players

Per chiudere questa carrellata sulla storia del Draft dall’85 in poi, non poteva mancare una chiosa finale su tutti quei giocatori che non sono mai stati scelti, ma che possono dichiarare fieramente di avercela fatta. Due di essi hanno un legame con l’Italia, ed entrambi hanno pure preso parte all’All Star Game. Il primo identikit corrisponde al volto di Brad Miller, colonna, tra le altre, di Indiana e Sacramento. Il secondo è Ben Wallace, pluridecorato vincitore di premi di Difensore dell’anno, pezzo fondamentale del titolo Pistons nel 2004. A propositi di anelli NBA: due giocatori mai scelti ne possono vantare ben 3 a testa, ottenuti con Miami e San Antonio. Stiamo parlando di Udonis Haslem e Bruce Bowen, sentinelle difensive ed anime delle proprie vittoriose squadre. Nel passato, tra gli undrafted players, ricordiamo gente come Avery Johnson, un titolo con gli Spurs e capo-allenatore a Dallas e coi Nets, e John Starks, la dinamica guardia che andò ad un dito di Olajuwon dal fregiarsi del titolo NBA (e forse pure di MVP delle Finali) con New York nel 1994.

Corsi e ricorsi storici, busts e steals, speranze e delusioni: solo tra qualche stagione sapremo la reale consistenza e l’esatto valore dei giocatori che verranno scelti al Draft di quest’anno.

Alessandro Scuto

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