ESPN, Entertainment & Sport Programming Network (sono andato a googlarlo perché ero molto curioso di conoscere il significato della sigla), famosa televisione sportiva americana, tra speciali vari e programmi di informazione, ha prodotto qualche anno fa una serie di documentari dal titolo “30 for 30”, dedicati a grandi leggende dello sport e alle loro storie. Sono talmente belli ed interessanti che con piacere si fa lo sforzo di guardarli in lingua originale (di solito è inglese parlato da “non anglofoni”, cioè moolto più comprensibile), che spaziano all’interno dei vari sport americani, abbracciando per buona parte di essi storie collegate in qualche modo all’NBA.
Oh, fidatevi. Sono belli davvero tutti. Ma la puntata numero 25, trasmessa per la prima volta il 10 Ottobre 2010, è una di quelle particolarmente riuscite. Commuovente, toccante, appassionante. 80 minuti che scorrono via in un battito di ciglia. Una storia che neanche il miglior sceneggiatore sarebbe riuscito ad immaginare.
“Once Brothers”, la storia dell’amicizia tra Vlade Divac e il compianto Drazen Petrovic è quanto di più classico ci si aspetterebbe da un romanzo dell’Ottocento. L’essere grandi amici, il condividere le gioie per poi ritrovarsi a dover combattere una guerra l’uno contro l’altro, con conseguente distruzione del rapporto e in conclusione il tragico finale che non lascia possibilità di riconciliazione.
2 ragazzi in gamba, abilissimi con la palla a spicchi tra le mani, nati in città e contesti totalmente diversi, ma uniti sotto la stessa bandiera. Uno del 1964, l’altro del 1968. Drazen Petrovic, uno dei più grandi talenti del basket europeo e mondiale, croato e Vlade Divac, centro serbo dalle mani educatissime, avevano sin da giovani tutte le carte in regola per diventare delle star all’interno del panorama cestistico internazionale. Soprattutto il primo.
La ribalta mondiale difatti non tarda ad arrivare. Nel 1988, alle Olimpiadi. Uniti sotto la bandiera jugoslava, Vlade e Drazen, assieme ad un gruppo fenomenale di giocatori (Tony Kukoc e Dino Rada solo per citarne alcuni) vengono sconfitti soltanto dall’URSS in finale, conquistando uno storico argento olimpico, classificandosi davanti agli U.S.A., che proprio a fronte della disfatta di Seul decisero 4 anni dopo di presentarsi a Barcellona con quello passato alla storia come il “Dream Team” (clicca qui per l’articolo).
L’anno seguente, il 1989, se possibile è ancora più importante per entrambi. Stravincono l’Europeo di Zagabria, mettendo in mostra forse il più bel basket che una squadra europea abbia mai espresso, per poi passare in NBA. Drazen a Portland, dove arriva dopo aver trionfato in Europa (in pochi anni ha vinto tutto e scritto record tutt’ora ancora imbattuti) e dove troverà grosse difficoltà e pochissimo spazio. Destino opposto per Vlade, scelto dai Lakers, da subito integrato all’interno della squadra di Magic e Worthy, arrivato nell’anno del ritiro di Kareem Abdul-Jabbar.
Il turning point della storia però è dietro l’angolo. In Jugoslavia la morte di Tito sta lentamente portando alla disgregazione della nazione e le rivendicazioni etniche e nazionalistiche di sloveni e soprattutto dei croati si fanno sempre più insistenti. E’ in questo clima che la nazionale di una Jugoslavia sempre più spaccata e che avanza inesorabilmente verso la guerra civile vince i Mondiali del 1990, riuscendo a battere questa volta l’URSS e ritrovandosi sul tetto del Mondo. E’ l’apice del basket dei Balcani e allo stesso tempo il momento di maggior vicinanza tra Petrovic e Divac, protagonisti e trionfatori della manifestazione.
Quanto fosse vicina la fine del loro rapporto non poteva essere però previsto da nessuno. Durante i festeggiamenti, a pochi istanti dallo storico abbraccio (immagine di copertina dell’articolo) che più di ogni altro è il simbolo dell’amicizia tra i due, un tifoso croato entra in campo con la bandiera della sua “nazione”. Divac, cercando di evitare strumentalizzazioni di una vittoria che voleva essere un motivo di orgoglio per tutti gli jugoslavi, affrontando il supporter, gli strappa il vessillo dalle mani, buttandolo via con atteggiamento sprezzante.
Mai gesto fu più strumentalizzato. Campagne mediatiche da ambo le parti portarono Divac ad essere l’idolo dei serbi e il nemico dei croati, in una situazione sempre più tesa che culminerà in 4 lunghissimi e sanguinosi anni di guerra. Peccato che questo coincida sostanzialmente con la fine della loro amicizia. Petrovic, orgogliosamente croato, erige un muro tra se e il suo ormai ex compagno di nazionale (nel 1992 ai Giochi Olimpici verrà riconosciuta la Croazia come stato indipendente, mentre la Jugoslavia verrà squalificata proprio a causa della guerra in corso), allontanandolo per sempre dalla sua breve vita.
Breve, purtroppo. Il 7 giugno 1993 un incidente d’auto ce l’ha portato via, a 28 anni e con una meravigliosa carriera NBA davanti. E soprattutto ha tolto all’amico fraterno Divac la possibilità di un chiarimento. I frame finali del documentario mostrano proprio questo. Il ritorno dopo 20 anni a Zagabria, l’incontro a casa Petrovic con la madre e il fratello e il doveroso tributo al monumento funebre.
Nessuno ci ridarà Drazen e forse nulla mai riuscirà a placare i rimorsi nel cuore di Vlade. ESPN in questo documentario c’ha provato, facendoci conoscere i particolari di una storia meravigliosa e portandoci più volte le lacrime agli occhi. Il mio è solo un piccolo resoconto, il video vi garantisco che fa molto più effetto (clicca qui per il video)
P.S. Il video è sottotitolato in italiano, così è ridotto anche lo sforzo di comprensione. Guardatelo!!!