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Intervista in esclusiva a Flavio Tranquillo su KD e sui suoi Thunder!

“Onestamente non posso dire di aver conosciuto personalmente una persona con cui in questi 3 giorni ho avuto dei rapporti professionali. L’ho presentato, l’ho tradotto, ma non ho avuto tempo e modo di scambiarci molte parole. Quindi la mia impressione è del tutto superficiale per forza di cose. Però si, mi sembra uno che non si preoccupa di tutte quelle cose inutili che riguardano il motivo per cui è in un certo posto a fare una certa cosa. Se è lì per fare un’apparizione la fa, ma non ci mette gli effetti speciali. Può piacere o no. Io onestamente tendo ad apprezzare comportamenti di questo tipo, che mi sembra si riflettano anche nel modo in cui gioca”.

La voce che pronuncia queste parole davanti a noi è inconfondibile. Ha allietato spesso le lunghe nottate passate davanti la tv e l’emozione legata ad un intervista del genere si palesa nel fatto che il mio telefono, brandito nell’occasione come un registratore da portare vicino alla bocca dell’intervistato per catturarne le parole, oscilla a causa di un tremolio che non sembra volermi dare pace.

Flavio Tranquillo, in occasione dell’ultimo evento promozionale italiano di Kevin Durant al Nike Store in via del Corso a Roma, si concede ai nostri “microfoni” (ormai vi ho già detto che era un cellulare..), rilasciandoci qualche battuta riguardo al giocatore dei Thunder, alla squadra dell’Oklahoma e alle loro ambizioni future.

Nelle varie interviste che KD ha rilasciato in questi giorni, sicuramente avete parlato della prossima stagione dei Thunder e della situazione in cui arrivano alla regular season: Westbrook di ritorno dall’infortunio, la partenza di Martin.. Che cosa hai percepito da parte sua? Durant è convinto di avere possibilità di vincere oppure sa di partire dietro ad altre squadre per la conquista del titolo?

Sai, abbiam tutti le magliette del tour con scritto “The time is now”!, quindi.. Percepisco che lui si vuole porre, in senso di responsabilità, nel senso più pieno della parola, come quello che ha la responsabilità di vincere un titolo e di vincerlo adesso, da cui “The time is now”.

Non perchè l’abbia percepito, ma per quello che possa capire io, non credo che abbia tutti questi elementi per dire come rientrarà Westbrook, quando tornerà e sarà al top dove saranno rispetto alla possibilità di vincere un titolo. La realtà secondo me è che l’infortunio di Westbrook li ha privati soprattutto della chance di vedere quanto i Playoff sarebbero stati in grado di farli senza Harden! Senza Harden e Westbrook, a quel punto non c’era più niente da fare. Per cui dovranno anche andare un po’ a tentoni, nel senso di vedere cosa succede, cercare di interpretarlo. Non sottovaluterei che se n’è andato anche Martin,  che è stato un giocatore molto importante. Era quello che avevano scelto per “surrogare” Harden (non perchè fosse la stessa cosa, anzi..). 

E’ tutta una squadra che non credo neanche lui possa giudicare. Si, la può immaginare, ma finché non è su quei 28 metri di legno..

Le risposte sono al solito schiette, approfondite e disponibili, come lo stesso Flavio che per farsi intervistare è uscito dalla zona riservata di fronte l’ingresso del negozio (purtroppo i pochi accrediti riservati ad altre testate non ci hanno permesso di vivere “in prima fila” i 10 minuti che KD ha dedicato alla folla assiepatasi per lui nel cuore di Roma).

L’occasione è ghiotta, un’altra domanda sul campione dei Thunder è pronta ad essere posta.

Invece, per quel che riguarda se stesso, lui pensa di potersi ancora migliorare? Dopo tutto quello che ha dimostrato (anche se ancora manca il tassello più importante, la vittoria) hai colto un senso d’appagamento da parte sua oppure il lavoro individuale continua ad essere maniacale? 

Che sia una superstar non c’è dubbio, che si senta tale non c’è dubbio, ma proprio sul fatto di continuare a migliorare e di non considerarsi perfetto penso che sia ossessivo compulsivo tanto quanto un Kobe Bryant. Magari in maniera diversa, concedendo meno verso l’esterno di questo suo modo di essere, però è assolutamente presente. 

Considera che, ti dico, all’interno del suo calendario e della sua agenda di questi giorni ci sono stati un sacco di spostamenti all’ultimo momento perché doveva sistemare l’allenamento. Comunque l’unica cosa che non è scomparsa è stato l’allenamento. Altre cose dell’agenda, magari sono state aggiustate, l’allenamento no.

Poi sono delle cose che magari escono meno perchè, ripeto, sembra una persona diciamo di natura riservata.

Leonardo, collega di NbaReligion schierato di fianco a me, non si lascia sfuggire l’occasione di approfondire l’argomento KD, chiedendo riguardo a questo al giornalista in forze a SkySport di esprimere la propria opinione.

A prescindere da quello che pensa lui, secondo te nel suo futuro ci sono margini di miglioramento, a prescindere da quel che lui voglia o non voglia?

Enormi.. Enormi perché l’NBA sta andando in una direzione in cui avere uno di 2 metri e 10, che gioca dietro la linea dei 3 punti come gioca lui, è la chiave del gioco d’attacco. Naturalmente, per poter fare sempre più minuti e cose in quella posizione bisogna che abbia attorno 3 tiratori e quindi, presumibilmente, che sia meglio equipaggiato per marcare un secondo lungo avversario, punendolo in attacco e non soffrendo in difesa. Quindi difensivamente ha enormi margini di miglioramento.

Curiosi e amanti della palla a spicchi scalpitano alle nostre spalle per chiedere una foto, un autografo, una battuta a Flavio.

Resta il tempo per un’ultima domanda, di carattere generale rispetto ad iniziative del genere.

In questi ultimi mesi abbiamo visto Lillard a Udine, Rose a Milano, KD in questi giorni e già si parla di un altro grande ospite tra qualche settimana in Friuli. Tutto questo a cosa è dovuto? Al fatto che noi ci stiamo interessando sempre più all’NBA? E i 4 giocatori italiani che militano nella loro Lega, hanno un peso in tutto questo?

Hanno un peso i 4 giocatori italiani, hanno un peso i “segnali” che arrivano dall’Italia che vengono percepiti dall’NBA di un maggiore interesse nell’ultimo paio di stagioni, anche per i 4 ragazzi. E poi è tutto legato a delle strategie commerciali che tendono a non concedere molto allo spettacolo, cioè dove cercano di concentrare il fuoco è dove pensano che quel fuoco renda. 

Se lo fanno qui, c’è anche un altro fattore per la verità. Diciamo che non è difficile convincere un giocatore NBA a venire in Italia. Da Wade alla mostra del cinema insieme alla signora, ad altri che hanno fatto le vacanze in Italia o in Europa come Lebron James a Kobe che torna spesso. Se tu proponi Roma, piuttosto che Venezia, piuttosto che Capri è anche difficile dire “No, mi fa schifo”.

La stretta di mano e un sorriso gentile sanciscono la fine dell’intervista. Porto subito il cellulare all’orecchio per riascoltare la conversazione e verificare che ci sia tutto, che si senta bene, che non mi sia sfuggito nulla.

Fortunatamente è tutto pronto per essere sbobinato e pubblicato. L’acquisto di un registratore, invece, è rimandato alla prossima volta.

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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