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NBA Season Preview: Chicago Bulls

A fine anni ’90 la prima cosa che veniva in mente, non senza nostalgia, agli appassionati di basket quanto a quelli di sport in generale quando si parlava di Chicago Bulls era un signore con la maglia n.23 a nome Michael Jordan, capace di portare la NBA ad una dimensione planetaria e di rivoluzionare in maniera incontrovertibile il mondo della palla a spicchi. Nel fare questo però, MJ era anche riuscito a regalare alla città di Chicago, prima di lui abituata ad una tradizione cestistica sostanzialmente perdente, la gioia di essere sul tetto del mondo, portando nella “Città del Vento” il titolo NBA ben sei volte, in entrambi i casi 3 volte consecutivamente (1991-1993; 1996-1998).

Ma il periodo successivo al ritiro di His Airness è stato avaro di soddisfazioni per i Bulls, che da Jordan in poi hanno conosciuto ben pochi successi (nonostante un paio di stagioni positive nell’era Gordon-Hinrich-Wallace).Tutto questo fino al 2008, anno nel quale a Chicago arriva un nativo della città, scelto al draft da Memphis con la prima scelta assoluta, che ha fatto riaccendere nel cuore dei tifosi la speranza di potere presto tornare in cima alla vetta: ovviamente stiamo parlando di Derrick Rose. La “Rose-Era” ha tuttavia conosciuto un brusco arresto quando nel 2012, con Rose consacrato “il più giovane MVP della storia” avendo vinto tale alloro nella stagione precedente, la PG ha subito il più terribile degli infortuni, la rottura del legamento crociato anteriore, che lo ha tenuto fermo per un anno, e ha ridimensionato di parecchio le aspettative dei Bulls per la stagione scorsa. È quindi da un Rose sano che Chicago riparte: con la consapevolezza che se la propria stella quest’anno tornerà ad essere il giocatore devastante che conquistato il trofeo di MVP, i Bulls avrebbero nuovamente una seria chance di contendere il titolo agli “odiati” Miami Heat.

LA STAGIONE SCORSA– La stagione scorsa è stata di fatto per i Bulls una stagione di transizione, senza alcuna seria possibilità di aspirare al titolo e nella spasmodica attesa di rivedere in campo la propria stella, Derrick Rose, fuori per infortunio. La truppa biancorossa, guidata ancora una volta dal “sergente di ferro” Tom Thibodeau, ha ottenuto un record di 45 vittorie e 37 sconfitte, record che nella Eastern Conference garantisce un sereno accesso alla postseason. L’annata si è dimostrata particolarmente difficile, infortunio di Rose a parte, per i continui problemi fisici che hanno falcidiato il roster dei Bulls: molti giocatori tra i quali Kirk Hinrich, Taj Gibson, Joakim Noah e, in postseason, anche Luol Deng sono stati costretti a fermarsi, talvolta rendendo persino difficile a Thibodeau  mettere in campo 5 giocatori degni di questa nomina. C’è di buono che i continui infortuni hanno comunque permesso che venissero alla ribalta, rilanciandosi, giocatori come Nate Robinson, uno dei giocatori simbolo dei Bulls in questa stagione per l’enorme cuore messo in campo in ogni partita (aldilà di scelte gioco ampiamente discutibili..); Marco Belinelli, girovago della NBA, arrivato alla corte di Thibodeau da free agent, ha mostrato dopo un primo periodo di difficoltà, di potersi adattare al sistema di gioco dei tori, e ha dato un contributo essenziale alla stagione dei Bulls; e infine Jimmy Butler, che come diremo tra poco, quest’anno sarà la guardia titolare, dopo essersi conquistato il posto disputando la stagione scorsa in continuo crescendo. Dopo una regular season discreta (seppure anche con vittorie di pregio per esempio quella con i Miami Heat che ha interrotto la striscia di 27 vittorie consecutive), i Bulls hanno affrontato con grande grinta i playoff, riuscendo a sconfiggere al primo turno i Brooklyn Nets alla settima gara, per poi soccombere al secondo turno ai futuri campioni Miami Heat per la seconda volta in 3 anni.

 IN ESTATE– Le manovre di Chicago in estate sono state pressoché nulle; l’unico innesto dal mercato dei free agent (dopo le partenze di Nate Robinson e Marco Belinelli) è stato Mike Dunleavy, veterano alle soglie della 12ª stagione NBA, giocatore di grande esperienza e ottimo tiratore, con un contratto biennale da $ 6 Milioni. L’acquisto migliore, tuttavia, sarà probabilmente quello rappresentato dal ritorno di Derrick Rose a guidare la squadra dopo più di un anno di stop; molta parte delle sorti di Chicago in questa stagione sono legate proprio a “Poohdini” e alle sue condizioni. Sul versante rinnovi, la franchigia si è un po’ complicata la vita sulla questione dell’estensione contrattuale di Luol Deng, al momento in stallo, e che probabilmente non vedrà i Bulls impegnarsi più di tanto per trovare un accordo, per evitare di incorrere in accordi pluriennali che rischino di peggiorare un situazione salariale al momento non precaria, ma sulla buona strada per diventarlo; probabile dunque un approdo del no.9 dei Bulls sul mercato dei free agent a fine stagione.

 DRAFT– Due i giocatori provenienti dal draft per i Bulls: Tony Snell, scelto con la 20ª chiamata assoluta, e Erik Murphy, scelto al secondo giro con la 49esima chiamata. Il primo è un prodotto di New Mexico, dove ha trascorso le ultime tre stagioni collegiali sotto coach Steve Alford; nel suo ruolo, che è quello di guardia/ala piccola, è uno dei migliori prospetti NBA per la combinazione di fattori fisici e tecnici: atletismo e velocità si combinano ad un buon gioco offensivo, soprattutto senza palla, visto l’ottimo lavoro che il giocatore svolge per farsi trovare libero per il tiro e le ottime capacità balistiche in uscita dai blocchi. Minori sono invece le sue doti nel crearsi un tiro dal palleggio. Difensivamente, le sue doti fisiche gli consentono di essere un ottimo difensore, grazie anche ad una buona rapidità negli spostamenti laterali e la sua capacità di difendere su entrambi gli esterni. I maggiori limiti del giocatore potrebbero essere di tipo mentale, vista talora la sua mancanza di concentrazione o di aggressività; ma con un coach come Thibodeau e in una squadra che punta in alto come Chicago, le motivazioni a fare bene non dovrebbero mancargli. Erik Murphy è invece una PF, uscito da Florida, dove  ha completato il quadriennio collegiale: vista la poca profondità nel reparto lunghi dei Bulls, Murphy potrebbe anche essere chiamato a fare qualcosa di più di una comparsata durante la stagione. Si tratta di un giocatore con buone doti in post basso e un alto IQ cestistico. Buon rimbalzista, ha anche un tiro da fuori, molto utile ad aprire le difese avversarie. Resta da vedere se replicherà al piano di sopra le buone cose fatte vedere al college.

STARTING FIVE– Un solo cambiamento di rilievo nel classico quintetto titolare dei Bulls, che da quest’anno riaccoglierà la sua stella, Derrick Rose, e vedrà porsi accanto a lui come nuova guardia titolare, come peraltro confermato da coach Thibodeau, il giovane Jimmy Butler, ormai alle soglie del terzo anno nella lega. Mentre Rose riporterà in campo (si spera) la sua esplosività e creatività offensiva, affidandosi alle consuete penetrazioni, ma probabilmente anche a un jump-shot a suo dire sensibilmente migliorato, il compito di Butler sarà quello di mettere in campo il suo atletismo e la sua difesa, dando una mano ad aprire il campo con un tiro dall’arco che, seppure ancora un po’ ondivago, l’anno scorso lo ha visto concludere con un complessivo 38,1% che può costituire la base per un ulteriore salto in avanti. Nessun dubbio invece sulla sua energia e tenuta fisica visto che l’anno scorso è stato il giocatore più impiegato da Thibodeau ai playoff, giocando anche per due partite di fila tutti e 48 i minuti di gioco. L’altro esterno sarà, come ormai da tradizione, Luol  Deng, forse giunto alla sua ultima annata con la casacca di Chicago, e migliore marcatore dei Bulls nella stagione passata con 16,5 punti a partita. A comporre la frontline ancora una volta Carlos Boozer e Joakim Noah: per Boozer, al penultimo anno di contratto, si tratta forse dell’ultima chiamata per togliersi di dosso l’etichetta di giocatore “inconstente” che si trascina dietro da più di qualche anno; Noah invece è chiamato a riconfermare quanto di buono fatto nell’ultima stagione nella quale, tra le altre cose, ha conquistato la sua prima chiamata all’All-Star Game.

 PANCHINA– La panchina dei Bulls ha visto le partenze, rispettivamente con destinazione Denver e San Antonio, di Nate Robinson e Marco Belinelli, giocatori essenziali nella scorsa stagione per alzare l’asticella di un, a volte, ristagnante gioco d’attacco, e capaci di togliere le castagne dal fuoco a Thibodeau in un più di un’occasione. Partiti loro e con il rientro da titolare di Rose, la second unit di Chicago avrà i suoi personaggi di spicco in Taj Gibson, Kirk Hinrich e il nuovo arrivato Mike Dunleavy, chiamato insieme ad Hinrich a dare un grande contributo in termini di esperienza e a sfornare punti con il suo ottimo tiro da 3.

A fare compagnia ai 3 giocatori sopra citati ci saranno il sophomore Marquis Teague (il quale, dopo avere disputato una buona Summer League, punta ad un minutaggio più elevato dopo una scorsa stagione in cui ha fatto intravedere pregevoli qualità), i nuovi arrivati dal draft Tony Snell e Erik Murphy e il centro veterano Nazr Mohammed, la cui presenza quest’anno sarà vitale per consentire a Noah di rifiatare e prevenire il riacutizzarsi dei problemi di fascite plantare che lo hanno afflitto durante l’ultimo anno.

IL COACH– Dopo avere rinnovato nella stagione passata per altri 4 anni, coach Tom Thibodeau rimane saldamente al timone dei Chicago Bulls e dopo una stagione 2010-2011 in cui ha potuto solamente odorare la vetta, giunto alla Finali di Conference contro Miami, quest’anno sarà chiamato a riprovare ad arrivare fino in fondo, potendo giovarsi di un Rose nuovamente in buone condizioni fisiche e di un roster di giocatori fisicamente integri dopo i continui acciacchi dello scorso anno. Nelle prime due stagioni al comando della propria truppa, il “sergente di ferro” Thibodeau, oltre ad essere il più rapido head coach a raggiungere le 100 vittorie in regular season (su 130 gare disputate) e ad aver vinto nella stagione d’esordio il premio di “Coach Of The Year”, ha per ben due volte consecutive, nel biennio 2010-2012, guidato i suoi al miglior record dell’intera lega; più sfortunato invece ai playoff, dove dopo un ottimo anno d’esordio, che faceva presagire non troppo lontani trionfi, è seguita la delusione del 2012, nella quale ha compiuto forse l’unico grave errore (ovviamente guardando alle conseguenze) della sua sin qui eccellente carriera: non togliere Rose nell’ultimo minuto di gioco di gara-1 contro Philadelphia a gara abbondantemente finita. L’infortunio che ne è conseguito (e probabilmente rivissuto in sogno da Thibodeau durante tutto lo scorso anno) ha condannato i Bulls ad una stagione di transizione, la 2012-2013, nella quale coach Thibo ha comunque tenuto le redini della squadra, guidandola sapientemente tra infiniti acciacchi e problemi ad un altro viaggio in postseason, stavolta terminato in semifinale. In questa stagione, con un roster sano e con D-Rose nuovamente in sella, sarà un imperativo morale per Thibodeau ritornare dove ha lasciato al primo anno, con la fondamentale consapevolezza di avere le chanches per giocarsela sino in fondo.

 PROSPETTIVE PER LA STAGIONE– Pochissimi, anzi proprio nessun dubbio sul fatto che questa squadra possa nuovamente andare ai playoff, dei quali è ormai dall’inizio della “Rose-Era” un’abitueé: nei tre anni di gestione Thibodeau, in particolare nei primi due, la squadra ha dimostrato di essere una corazzata da regular season, con un eccellente rendimento casalingo che solo nella scorsa stagione, per via dei mille problemi che l’hanno afflitta, ha conosciuto un brusco calo. Quest’anno, con Rose di nuovo nel quintetto base e “l’esperimento” Jimmy Butler nello spot di guardia, Chicago dovrebbe fare poca fatica in regular season, a maggior ragione se Rose tornerà ad essere il giocatore che conoscevamo. Tutt’altra storia invece per la postseason: i Bulls dovranno dimostrare di reggere lo stress fisico e mentale portato dai playoff oltre che quello derivante dalle aspettative e dai pronostici che li vedono fin d’ora, insieme ai Pacers e ai Knicks, recitare il ruolo di anti-Miami. Non c’è dubbio anche in questo caso che coach Thibodeau saprà fornire ai propri giocatori le giuste motivazioni, ma il maggior grado di competitività ad Est, unito ad un’ulteriore possibile calo psicologico, che è stato il maggior problema dei tori nelle ultime due stagioni in postseason, potrebbe mettere in pericolo la playoff run dei Bulls. Certo è che se Chicago metterà in campo tutto il cuore e la grinta che l’hanno contraddistinta l’anno passato, con un D-Rose in più, i limiti per la squadra della “Windy City” potrebbero essere davvero pochi e serie sarebbero le chances di arrivare a giocarsela fino in fondo, magari in un re-match contro i Miami Heat, giusto per riprendere da dove lasciato.

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