Il quarto italiano in NBA ha un nome e cognome: Luigi “Gigi” Datome. Dopo le stagioni frizzanti alla Virtus Roma, il capitano della Nazionale italiana ha finalmente la sua occasione di approdare in un basket tanto diverso, quanto sognato. Lo scorso agosto Datome ha firmato un contratto triennale con i Detroit Pistons ed ora il suo sogno è lì da vivere. Per ora Datome ha dovuto fare i conti con un problema al flessore della coscia destra, che lo ha costretto ai box in questo periodo di pre-season, ma l’esordio in NBA potrebbe arrivare tra qualche giorno, una volta smaltito il problema fisico. Intanto Gigi Datome ha rilasciato una bella intervista alla Gazzetta dello Sport:
“L’altro giorno durante il riscaldamento dall’altra parte del campo c’erano LeBron James e D-Wade: pazzesco. Se mi conosce? Non credo. Starà a me fargli sapere che c’è un altro italiano nella NBA. Può darsi che dovrò anche marcarlo. Rasheed Wallace? E’ un bel personaggio. Ha tanta energia e sa scherzare, ma in campo dà i consigli giusti: è un vero trascinatore. Avevo sempre sentito che in difesa è importante comunicare. Lui ti dice: “La tua bocca è il difensore in più”. Cavoli è vero.”
Da ragazzo aveva mai avuto il culto degli States?
“Mi piaceva l’NBA, ma l’America no. Avevo voglia di viaggiare, però l’ho fatto soltanto una volta, perchè d’estate c’erano sempre i raduni della Nazionale. Nonostante la mia grande passione per la musica non ho mai avuto un vero trip per gli americani. Ora sto scoprendo Eminem che è di Detroit, ma è una pura coincidenza. Io andavo più su Jim Morrison. Roba di altre generazioni, ma è quella che rimane. Mica come il rap. Quello proprio non lo digerisco.”
Com’è andato il primo giorno di ‘scuola’?
“Qui si parla molto slang e a volte faccio fatica a capire. Ma sono stati tutti molto gentili: mi spiegano e mi coinvolgono anche nelle cazzate di spogliatoio. Piano piano imparo i vari modi di dire. A me non frega di fare errori grammaticali, l’importante è farmi intendere. Poi fortunatamente si va in campo e lì la lingua è universale.”
Quali sono le domande più frequenti che le fanno i compagni di squadra?
“Diciamo che il gm Dumars spesso mi chiede di Balotelli e Berlusconi. Sono i due che fanno più ridere. Vede, siamo famosi per queste cose”
Inizia una grande avventura: solo eccitazione o c’è anche qualcosa che la spaventa?
“Paura no. Sarà un’esperienza meravigliosa. Potrà risultare difficile, ma non ci sono aspetti che mi intimoriscono. Potrei aver bisogno di tempo per potermi esprimere al meglio, o magari no. Ho faticato tanto per conquistarmi questa nuova vita, nessuno me l’ha regalata: non ci sono raccomandazioni. Se mi hanno preso vuol dire che credono in me. Aspetterò il mio momento senza ansie. Non vedo l’ora di andare in campo per cercare di essere utile alla squadra senza fare l’eroe. Perchè non sono venuto qui a fare l’eroe. Voglio capire cosa posso dare ai Pistons.”
Sa già che ruolo avrà?
“Dovrò mettere al servizio della squadra il mio atletismo. Essere una garanzia in difesa. Nel sistema, però. Perchè qui non ci sono tante responsabilità individuali, si lavora in collettivo. Si difende sempre in 5, conta la comunicazione. E lì dovrò essere impeccabile. Poi allargherò il campo pronto per il tiro. So che non potrò fare le cose che facevo in Serie A. Migliorerò. Come ho fatto in Italia, dove all’inizio ero solo un tiratore.”
La nostra gioventù si appassiona sempre più alla NBA, snobbando il nostro campionato.
“Non mi sorprende. Io stesso, sbagliando, ho iniziato a seguire la Serie A l’anno in cui sono andato a Siena. Certo, conoscevo i giocatori della Nazionale. Ma vedevo la Nba in TV, tutti quei campioni, gli idoli con cui giocavo alla playstation.”
Differenze tra cultura italiana e Nba?
“Qui tutti parlano di vincere il titolo. C’è la tendenza di puntare al massimo senza paura di disattendere le aspettative. Da noi c’è la cultura opposta: si fa a gara a chi piange di più e si mettono le mani avanti. Qui, si lavora sempre per provare a diventare campioni del mondo”.