Dopo il suo ritorno dall’infortunio che l’anno scorso lo ha tenuto fuori praticamente per tutta la stagione, Danny Granger è tornato in piena forma durante il training camp e punta adesso a riaffermare il proprio ruolo negli attuali Indiana Pacers, fioriti l’anno scorso, proprio durante la sua assenza, come una delle squadre più forti della lega. Granger crede che i Pacers beneficerebbero maggiormente delle sue doti laddove fosse inserito in quintetto, lasciando magari a Lance Stephenson il compito di sesto uomo:
“Sono sempre stato un starter, quindi è ovvio che io mi trovi meglio in questo ruolo” – ha dichiarato il no.33 dei Pacers – “E Lance, lui è più un playmaker. Io penso che renda meglio uscendo dalla panchina, guidando la second unit. Lui gioca molto di più con la palla in mano perché è bravo a creare dal palleggio. Quando gioca da starter, invece non può giocare palla in mano perché o il pallone viene dato a Paul (George, ndr) oppure viene subito mandato in post basso. Io gioco molto di più senza palla. ”
E guidare la second unit potrebbe forse il ruolo che per Stephenson hanno in mente i Pacers, consapevoli dell’energia che Stephenson è in grado di mettere in campo e che potrebbe fare comodo in uscita dalla panchina:
“Lui (Stephenson, ndr)ha una carica pazzesca” – ha dichiarato David West, ala della franchigia di Indianapolis – “È capace di creare gioco, tiri ed è anche un buon realizzatore. Lance è un pezzo importante del nostro progetto, e ha una grande annata davanti a sé. È andato anche oltre le sue stesse aspettative. Ora è tempo che dimostri di essere il giocatore che noi sappiamo che è.”
Questione spinosa dunque quella che si pone di fronte allo staff tecnico dei Pacers: con Granger che spinge per riprendersi un posto in quintetto, Stephenson potrà essere effettivamente “retrocesso” a sesto uomo, ma è difficile calcolare quale impatto potrebbe avere questa mossa, considerato che i Pacers nella passata stagione si sono assestati come una forza temibile in NBA senza avere Granger in quintetto, puntando sulla forza del gioco collettivo e sulla propria efficienza difensiva (aiutati anche dalla esplosione definitiva di Paul George) e hanno consolidato i propri meccanismi giovandosi proprio dell’apporto della guardia originaria di New York.