Westbrook è una delle tre migliori guardie NBA. Esplosività, qualità di tiro, capacità di procurarsi tiri liberi. Ed inoltre: eccezionali doti di pressing, possibilità fisica di marcare tutti i giocatori dall’1 al 3, predominio atletico rispetto alla totalità degli avversari. Un attimo però, la domanda sorge spontanea: ma non è una point guard (anche di un certo livello, se è per questo!)? Si, certo. Ma dopo aver visto la partita tra Warriors e Thunder (fantastica, la più bella di queste prime settimane di Regular Season) me ne sono convinto sempre più.
Tempo fa scrivemmo un articolo a 4 mani (clicca qui per l’articolo) in cui si discuteva della possibilità (non presa in considerazione dai Thunder) di cedere il numero 0 e non Harden. Le mie perplessità in quel caso erano dettate dal fatto che ad OKC a mio avviso servisse un playmaker. E Westbrook sostanzialmente non lo è. In compenso è uno degli attaccanti più devastanti dell’intera Lega. La partita contro Curry e compagni ne ha dato un’ennesima conferma. Un campionario invidiabile di soluzioni.
Prima azione. Ibaka strappa un rimbalzo in mezzo ad una selva di avversari.
Golden State rientra per non concedere transizione, mentre il numero 9 dei Thunder apre su Westbrook che parte a spron battuto verso la metà campo offensiva. Il cronometro segna 21 secondi ancora a disposizione per l’azione d’attacco.
3 secondi e 3 palleggi dopo (lo scandisco se non fosse chiaro: T-R-E S-E-C-O-N-D-I D-O-P-O) Russell è già in aria, dall’altra parte del campo, col suo solito “pull up jumper”, quel tiro costruito dal palleggio che è diventato il suo marchio di fabbrica. Ovviamente, solo rete.
Seconda situazione. Stavolta a rimbalzo c’è Durant. Nonostante non sia ancora in pieno possesso del pallone, il “playmaker” dei Thunder (cerchietto verde) è già proiettato e pronto a correre per tutto il campo.
Il passaggio parte quando il cronometro segna 22 secondi.
Visto che viene ricevuto a metà campo, questa volta ne bastano soltanto 2 di secondi per arrivare fino in fondo, a sfidare Bogut. Anche in questo caso, scrivere due punti.
La sostanza in questi casi è che, a prescindere dal tipo di conclusione (tiro dalla media o aggressione del ferro) Westbrook è talmente atletico che, anche di fronte ad un rapido rientro difensivo (come nella prima azione analizzata), riesce a generare transizione, riesce ad attaccare prima che gli avversari si schierino.
Altra situazione che volevo prendere in considerazione è quella del pick and roll.
In questo caso Ibaka porta il blocco, consapevole del fatto che, avendo in marcatura su di sé Barnes, la difesa accetterà il cambio. Per questo motivo appena il prodotto di UCLA sfrutta il blocco, il centro congolese rolla verso canestro, sperando nel passaggio del compagno.
Westbrook però, come spesso gli accade, è di un altro avviso. Accetta il cambio, Barnes è costretto a concedergli un metro per non farsi battere in penetrazione e lui prende il palleggio/arresto/tiro. Swisssss. (da notare l’elevazione con cui riesce in una frazione di secondo ad andar su quando prende il tiro).
Ed infine (ce n’erano tante altre, ma evito, tanto il concetto dovrebbe essere chiaro), il penultimo (con sommo dispiacere dei tifosi di OKC) canestro dell’incontro.
Poco più di 8 secondi al termine. Durant incede già puntando il canestro.
Raddoppiato, in emergenza, scarica su Westbrook una pallaccia, all’altezza dei piedi del compagno (cerchietto rosso).
Ma il ragazzo nato a Long Beach ha acquisito una tale sicurezza (nonostante sia da poco rientrato dal primo infortunio serio della sua carriera) che prende e spara da 9 metri. Splash!
Di fronte a tutto questo (e a molto altro) la curiosità è diventata feroce. L’ausilio delle nuove rilevazioni statistiche poi (clicca qui per l’articolo) permette di analizzare molto più a fondo le situazioni di tiro. In particolare, grazie al sistema di telecamere che garantisce una registrazione a tappetto di ogni movimento sul parquet, è stata introdotta la rilevazione dei “pull up shots”, definiti come tutti quei tiri presi da una distanza superiore ai 10 piedi (3 metri su per giù) in cui un giocatore palleggia una o più volte prima di concludere.
La tabella sopra riportata fa riferimento proprio a questo e non ha “deluso” le mie aspettative. Mettendo in ordine i giocatori in base al numero di canestri segnati a partita in questo modo, Westbrook risulta essere secondo soltanto a Curry (4,8 contro 5,4), producendo 10,8 punti ad incontro grazie a questo tipo di conclusioni. Un’enormità. Inoltre la percentuale effettiva di realizzazione risulta essere addirittura superiore a quella del playmaker dei Warriors (47,1% contro 46,8%). In sostanza, in palleggio/arresto/tiro il prodotto da UCLA è uno dei migliori realizzatori NBA (senza tener conto delle possibilità fisiche, di gran lunga superiori agli altri “piccoli”).
Se si allarga l’analisi alla cosiddetta “Shooting Efficiency” (cioè la comparazione di tutte le varie tipologie di conclusione con relativa percentuale) le carenze diventano palesi.
Cerchietto blu. 0,8 conclusioni a partita in “Catch and Shoot”, ossia dopo essere stato messo in ritmo dal compagno. Tiri a più alta percentuale che il playmaker dei Thunder non prende praticamente mai. Difatti sono assistiti soltanto il 27,8% dei canestri da 2 che il giocatore della squadra dell’Oklahoma realizza. Se avesse quelle conclusioni a disposizione, viaggerebbe tranquillamente con una percentuale reale superiore al 60%, diventando ancor più mortifero offensivamente.
Il problema però nasce dalla sua voglia spasmodica di tenere la palla tra le mani, dal volerla portare dall’altra parte a tutti i costi, diventando soggetto a palle perse (4,7 contro i “soli” 5 assist in questo inizio di stagione) e causando spesso la “stagnazione” del gioco offensivo.
Inoltre, gestendo lui la selezione dei tiri, spesse volte esagera nel ricercare la soluzione personale. A riprova di questo riporto un ultimo dato: la percentuale di tiri presi da Westbrook quando lui è sul parquet è pari al 33% (che per uno che gioca nella stessa squadra di Durant sono un’immensità), a fronte però di una percentuale di canestri realizzati pari al 28%. Toglierli la palla dalle mani permetterebbe di limitare anche questo.
In definitiva, il giocatore dei Thunder se “gestito” da un playmaker sembrerebbe poter diventare sostanzialmente un’arma impropria. Un realizzatore difficilmente contenibile. Una garanzia di successo (o quasi) se affiancato a KD. Coach Brooks è avvisato: togliere la palla dalle mani di questo Westbrook e “trasformarlo” in guardia tiratrice (per dirlo nella maniera classica) potrebbe essere il tassello mancante per diventare definitivamente competitivi per la conquista del titolo.