Categorie: Editoriali NBA

Focus sui Minnesota T’wolves: la loro ottima partenza e le (lecite) aspettative per i PO!

In molti li indicavano come possibili outsider per la corsa all’ottavo posto ad Ovest già prima che la stagione cominciasse, ma dopo le prime 11 partite di Regular Season i Minnesota Timberwolves sembrano aver convinto anche i più scettici. 7-4 il record racimolato, terzi nella loro Division alle spalle dei Thunder (c’era da aspettarselo) e dei sorprendenti Portland Trail Blazers.

I motivi che stanno alla base dell’ottimo inizio di stagione (a Denver e Creveland sono arrivate due sconfitte in volata) sono tanti, così come i limiti che sul medio-lungo periodo la squadra di coach Adelman potrebbe riscontrare. Per ora (com’è giusto che sia) ci si gode quanto di buono è stato fatto finora. Terzi per punti segnati (108,5), terzi per rubate (9,91) e quinti per assist (24,6) (Grazie Ricky di aver deciso di giocare a basket!). E inoltre quinti per rimbalzi catturati a partita (45,6) e terzi per percentuale ai liberi (81,7%).

Tutto, ma proprio tutto, sembra andare per il verso giusto. Merito (soprattutto) dell’MVP (ad oggi) della stagione, Kevin Love. La qualità del basket che ha messo in mostra sul parquet è abbacinante in quanto a completezza ed efficacia. Talmente piacevole che non posso non sciorinare le statistiche che sta mettendo assieme il giocatore dei T’wolves.

L’ausilio delle immagini spero renda bene l’idea di quanto Love stia giocando “sopra la media”. La linea tratteggiata infatti indica proprio quello. Tutte le categorie statistiche che riguardano il mettere a referto punti (come è ben chiaro) sono al di sopra di tale linea. 26,8 punti segnati a partita (terzo soltanto perché in NBA giocano alieni come LBJ e KD) e una TS% (cioè la “True Shooting Percentage”, quella che tiene conto del “peso” maggiore del tiro da 3 e della % ai liberi) del 61%. Unbeliveble direbbero dall’altra parte dell’oceano, considerando anche quanto sia stato bravo a “costruirsi” buona parte del suo gioco offensivo (l’anno da rookie le triple prese in tutta la stagione erano solo 19, realizzate con il 10%).

Quello che sorprende di Love però è la capacità di essere presente anche sotto le plance con una costanza e una frequenza degne dei migliori centri NBA.

La seconda immagine difatti tiene conto dei rimbalzi totali, difensivi e offensivi. Se possibile l’eccellenza dei dati è ancora maggiore di quella relativa alla realizzazione. Secondo dietro Dwight Howard per numero di rimbalzi totali (13,6 a partita), Love cattura il 10% dei rimbalzi d’attacco e ben il 31% di quelli difensivi della sua squadra! Per uno che gioca di fianco ad un centro “purosangue” come Pekovic, costretto spesso a difendere lontano dal pitturato e offensivamente spesso coinvolto dietro la linea dei 3 punti (un po’ il discorso fatto per Bargnani qualche giorno fa), questi sono numeri ai quali si stenta a credere.

La terza e ultima immagine di questa lunga parentesi dedicata al numero 42 dei T’wolves è quella riassuntiva, quella che riguarda la cosiddetta “Efficiency”.

Secondo soltanto a Lebron James (e come si potrebbe non esserlo in questo momento), Love “pesa” per il 20,8% sulla produzione totale della sua squadra (questo il significato del PIE). Tira molto più della media, ma nonostante questo realizza con percentuali più alte e genera 0,39 punti per possesso, un valore molto a di sopra della linea tratteggiata come ben testimonia la colonnina in arancio.

Dinanzi a tutto questo, la reazione (e le conclusioni) sembrano scontate: “Il giorno in cui Love (inevitabilmente) calerà Minnesota ritornerà a faticare!”. In parte questo può essere un concetto condivisibile, tenuto conto che non solo il 25enne ma tutto il quintetto titolare di coach Adelman sta giocando più di quanto fosse lecito aspettarsi in un inizio di Regular Season.

Le statistiche parlano chiaro. 22,6 minuti di utilizzo (metà partita in sostanza), più del 50% dei tiri totali presi e più della metà degli assist sono soltanto alcuni dei dati messi a referto quando sul parquet ci sono i “titolarissimi” (per dirla alla Mazzarri).

Quello che secondo me però in pochi sottolineano è la qualità d’esecuzione che Minnesota sta esprimendo, mostrando una grossa varietà di set offensivi che sfruttano la transizione (Brewer), i tiri sugli scarichi e costruiti dal palleggio (Martin e Love) e il gioco spalle a canestro (Pekovic), il tutto sapientemente orchestrato da Rubio. Un esempio è d’obbligo.

La palla è nelle mani di Love, pronto a servire il proprio centro che si appresta a ricevere spalle a canestro, mentre Rubio “sembra” dirigersi verso l’angolo. Il cronometro dell’azione segna 18 secondi.

“Sembra” perché in realtà Love, scaricata la palla su Pekovic, piazza il blocco per Rubio che con un cambio di direzione sale in punta a ricevere la sfera.

Lawson decide di passare dietro (pallino verde) mentre Love ha a disposizione una “facile” linea di aggressione del ferro.

Subito dopo il consegnato Pekovic in un movimento solo porta il blocco per Love che, come Rubio in precedenza, torna in punta a ricevere.

A questo punto Faried, in ritardo, è costretto a recuperare di corsa sul numero 42 e ad onorare la sua finta di tiro (cerchietto rosso), mentre Pekovic attivissimo è pronto di nuovo a ricevere.

Dopo tutto questo “lavoro” si materializza la giocata tra i lunghi. Pekovic riceve e Love sfrutta la linea di penetrazione che lo porta al ferro.

Passaggio schiacciato a terra (semplice) con i tempi giusti, 2 facili al ferro. Tutto questo col cronometro dell’azione che segna 9 secondi.

Pazienza, pazienza e ancora pazienza. Non accontentarsi della prima opzione, eseguire e cercare di creare il vantaggio da sfruttare all’interno del gioco disegnato dal coach. Tutto questo non è legato alle prestazioni del singolo ed è quello che più di tutto il resto porta a pensare che i ragazzi del Minnesota potranno dire la loro in questa stagione.

L’ultimo aspetto dell’analisi riguarda invece quello che da più parti viene indicato come il “tallone d’Achille” della squadra, il motivo per cui molti storcono il muso quando sentono il nome del playmaker spagnolo, ossia le sue percentuali al tiro. La shotchart riportata di fianco parla chiaro. Rubio sta tirando poco e male. Il 32% dal campo e i soli 8 tiri presi a partita ne sono la dimostrazione. Questo consente alle difese avversarie troppe volte di scommettere sulle sue cattive percentuali, portando ulteriori difficoltà al suo gioco e a quello della squadra. Nessuno vuole mettere in discussione il giocatore (alcuni a dire il vero lo fanno..), ma una carenza di questa portata parametrata su 82 partite potrebbe risultare decisiva.

In ragione di tutto questo restano ancora delle incognite attorno ai T’wolves i quali però, dopo quanto fatto vedere in questo inizio stagione sul parquet, non possono essere esclusi dalla corsa ai PO ad Ovest.

Riuscirà Kevin Love a mantenere queste “medie”? E Rubio a risolvere i suoi problemi al tiro? La panchina troppo corta a lungo andare peserà? Tutte domande lecite alle quali non vediamo l’ora di dare una risposta.

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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