Categorie: Editoriali NBA

Gli Indiana Pacers e il segreto del loro successo!

12-1. Basterebbe il record della squadra allenata da coach Frank Vogel come manifesto dell’eccezionale partenza dei ragazzi dell’Indiana. I numeri che però possono corroborare questa tesi sono tanti tanti altri. Vedere per credere.

Ovviamente le statistiche riportate sono quelle relative agli avversari. 87,6 punti concessi. Non primi, straprimi. Percentuale dal campo avversaria? 39,7%! Difficilmente ricordo difese così efficaci, così fisiche e allo stesso tempo reattive nella propria metà campo.

Parlare però delle incredibili cifre messe a referto da Paul George e compagni in fase difensiva è ormai cosa nota. La qualità di Hibbert, primo con distacco sul secondo nella categoria del cosiddetto “Defensive Impact”, una delle nuove rilevazioni possibili grazie alla presenza degli Sport VU all’interno delle arene (clicca qui per l’articolo), è diventato ormai argomento di dominio pubblico (in molti hanno dimenticato le aspre critiche che gli venivano mosse durante la passata Regular Season).

Giusto per citarne alcune. Hibbert è il giocatore che ha distribuito (di certo non per la gioia degli avversari) più stoppate di tutti sui vari parquet degli States. 56 in 13 partite. Sostanzialmente, quando giochi contro di lui, già sai che 4 tiri malcontati saranno gentilmente rispediti al mittente dal numero 55 dei Pacers.

Le nuove rilevazioni però permettono di aggiungere un dato molto più interessante (e valido) in quanto a misurazione delle qualità difensive. La percentuale al tiro dei giocatori che si trovano a tentare la conclusione quando a presidiare il ferro c’è il centro dei Pacers è pari al 35,3%. Ripeto. La percentuale al tiro dei giocatori che si trovano a tentare la conclusione quando a presidiare il ferro c’è il centro dei Pacers è pari al 35,3%. 

Non si sta parlando di conclusioni da tre o di tentativi di chissà quale difficoltà. Stiamo parlando di tiri presi a un metro dal ferro, quelli che in media vengono realizzati col 55,6%. La differenza è del 20%, un’enormità.

Tenuto conto di questo (e dei molti altri aspetti dei quali si potrebbe parlare), quello che mi ha impressionato maggiormente e che a mio avviso rende Indiana una reale candidata al titolo (e non una Portland qualsiasi per intenderci) è la capacità di controllare la partita. Non soltanto dal punto di vista del ritmo (solitamente molto basso) e a livello difensivo (vedi sopra), ma in particolare riguardo la gestione delle energie e la distribuzione dello sforzo durante la gara.

A questo proposito, le statistiche che vengono fuori facendo una scansione quarto per quarto rendono molto bene l’idea.

Il primo quarto, secondo quanto riportato nella tabella, è sostanzialmente una fase di studio, che Indiana tende a chiudere in vantaggio (6,9 il NetRtg, casella evidenziata in giallo e un plus/minus di +1,1) e in cui non serra molto i ranghi difensivamente (42,4% effettivo concesso, come vedremo successivamente san fare molto di meglio). La percentuale di palle perse è superiore all’avversario, colpa soprattutto delle palesi difficoltà che gli uomini di coach Vogel hanno nello sviluppare trame offensive (vero tallone d’Achille della squadra).

Nel secondo quarto i titolari vanno a sedersi (Stephenson a parte) e la differenza di vede. Lo scarto tra punti segnati e concessi su 100 possessi diventa impietoso. -18,2 il NetRtg, con la squadra capace di produrre soltanto 82,2 punti (valore sempre parametrato su 100 possessi). Le maglie difensive (per dirlo alla calcistica maniera) si allargano e la percentuale concessa sale al 47,7%.

A partire però dalla seconda frazione di gioco, la musica (e i numeri) cambiano. Nel terzo quarto infatti il rientro dei titolari sul parquet da la scossa alla gara. I dati sono talmente belli che vanno citati tutti. +7,2 di plus/minus, NetRtg a +29,6 (con l’attacco che rispetto al quarto precedente produce quasi 24 punti in più) e soprattutto una percentuale reale concessa pari al 37% (“reale” vuol dire che si da maggior valore al tiro da 3, quella “canonica” sarà quindi attorno al 30%). Si inverte anche la percentuale delle palle perse, per la prima (e unica) volta a sfavore dell’avversario (quelle dei Pacers non diminuiscono, sono quelle ai quali si costringono i rivali che aumentano vertiginosamente).

Infine il quarto quarto amplia il margine (+4,6 di plus/minus), ma non attraverso la difesa, ma con l’esecuzione offensiva. 122,4 di OffRtg (degno dei migliori Clippers o Rockets) che permette di sovrastare l’avversario, nonostante gli si conceda il 46,9% dal campo (10 punti percentuali in più rispetto al quarto precedente).

Tutto questo in sostanza per dire che Indiana è per davvero una delle maggiori indiziate per la conquista dell’anello non soltanto per le indubbie doti difensive. I dati sopra riportati infatti non sono frutto di medie tra valori estremi, ma sono indice di una conduzione di gara che in qualche modo sembra essere programmata a tavolino (in particolar modo difensivamente). Tutto questo porta a centellinare nel migliore dei modi le energie, riuscendo a garantire un buon record senza usurare troppo le proprie stelle.

La stagione è ancora agli inizi, il calendario (ad Est soprattutto) è stato molto agevole, i giocatori sono in un particolare stato di forma. Tutto questo può far pensare ad una particolare coincidenza di fattori che hanno garantito questo splendido avvio alla franchigia dell’Indiana. In realtà esso è frutto di molto altro, in particolare di un lavoro e di una programmazione diverse da quelle delle annate scorse.

Che sia la volta buona?

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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