Come è noto il mondo degli sport americani gira attorno alle statistiche. La concezione europea dello sport porta spesso il nostro connazionale a criticare la massa di dati che, oltreoceano, viene fatta cadere a pioggia prima, durante e dopo un match sportivo. Nella NBA è stato sviluppato, di recente, persino un sistema di rilevamento e raccolta informatico, inizialmente volto a monitorare e migliorare l’arbitraggio delle partite e divenuto, nel giro di poco tempo, un’ulteriore fonte di statistiche. Molti detrattori ritengono che questa grande quantità di numeri, percentuali, calcoli e campionamenti non faccia altro che incentivare i giocatori all’individualità, trascurando il principio fondamentale dello sport di squadra. Oggi questa tesi ha trovato un nuovo sostenitore in Rudy Gay. La stella dei Toronto Raptors ha chiesto ai compagni di rinunciare ai consueti “stat sheets“ nello spogliatoio a fine partita. Negli Stati Uniti, e non solo, è usanza distribuire a fine partita fra i giocatori le statistiche individuali e di squadra come resoconto del match appena concluso. Rudy Gay ha definito questa richiesta, appoggiata in pieno dalla società, come un modo per far dimenticare l’individualità e creare gruppo all’interno dello spogliatoio, eliminando una barriera inutile contro il legame di squadra.
Non giochiamo per le statistiche. Voglio soltanto che passi questa abitudine. Noi vinciamo e perdiamo e la gente a cosa guarda? Alle statistiche!, non siamo qua per quelle!, siamo qua per vincere le partite!
Il gesto di Rudy Gay è stato di sicuro molto forte, ma questa sua leadership nello spogliatoio è orientata verso una filosofia di squadra ben precisa. Non si sa se questo avrà un effetto positivo sui Raptors, ma lo spirito con cui affronteranno le partite sarà sicuramente diverso e, forse, è ciò che serve nell’ambiente di Toronto.