“They don’t pay you a million dollars for two-hand chest passes.” – Non ti pagano milioni di dollari per un passaggio a due mani. – Pete “Pistol” Maravich.
Ventisei anni fa terminava un viaggio incredibile, per molti il più bello, spettacolare e sregolato della storia dello sport. Un viaggio scritto nel destino di una famiglia che, già di per sé, di chilometri ne aveva fatti parecchi. Un viaggio iniziato ad Aliquippa, Pennsylvania, cittadina dell’area metropolitana della città dell’acciaio, Pittsburgh. Un viaggio fatto di perseveranza, ossessione e allenamento estremo. Questo viaggio è la vita di Peter Press “Pistol” Maravich.
Da molti considerato il primo esponente del gioco moderno, capace di creare attorno a sé un’aura mitologica già nel corso dei primi anni al college e sospeso fra magia e mera umanità durante la sua esperienza in NBA. Ha portato sui parquet di tutta america lo “showtime” due decadi prima di Magic Johnson e le prime magie del playground di cui tutti, in quel periodo, parlavano. Simbolo per eccellenza della dedizione maniacale al lavoro per un traguardo. “Il miglior giocatore della storia della lega” secondo il padre, Petar “Press” Maravich, suo vero mentore e allenatore. Il più giovane Hall of Famer di sempre, nominato fra i migliori 50 giocatori NBA e come miglior giocatore della storia del college basketball, venuto a mancare all’età di 39 anni, a causa di una malformazione al cuore che, secondo i medici legali che effettuarono l’autopsia, non gli avrebbe dovuto consentire di superare l’adolescenza. Un predestinato, forse, che è diventato la dimostrazione di come una disciplina sportiva possa diventare poesia.
Evidanto inutili dilungamenti, Nba Religion pensa che il modo migliore per ricordare la dipartita di una delle più brillanti stelle di questo sport sia riproporvi il racconto di Federico Buffa, andato in onda qualche anno fa su Sky Sport.