INTRODUZIONE: nuova rubrica su NbaReligion
“Hanno ceduto tutti i migliori, quest’anno si tanka dichiaratamente!” “Stanno vincendo fin troppo, ma quelli non dovevano fare tanking?” “Hanno avuto un sacco di infortuni, ma almeno così perdono e vanno in lottery!”. Frasi ricorrenti in questa strana stagione NBA 2013/2014, quella che con ogni probabilità verrà ricordata come l’annata del tanking, concetto ormai conosciutissimo da chiunque segua anche solo saltuariamente la principale Lega professionistica americana: la tattica cioè di perdere più o meno appositamente le partite e passare un anno nei bassifondi, ma avere poi ottime possibilità di scelta molto alta al Draft, e quindi di “pescare” una futura superstar. Non è certo una strategia nuova, ogni anno parecchie squadre in fase di ricostruzione lo fanno più o meno palesemente (specie quando ci sono all’orizzonte giovani talenti in grado di spostare gli equilibri), eppure non si erano mai viste tante franchigie, per precisa scelta dirigenziale o per necessità o condizioni avverse (in primis l’ecatombe di infortuni che sta colpendo la Lega), scegliere di adottare questa tattica così controversa. Ovviamente la motivazione di questo fenomeno è da ricercarsi proprio nel jackpot: nessuno spende soldi del biglietto se non ha almeno la speranza di vincere il montepremi. E il jackpot consiste in una Draft Class sopraffina, con qualche assoluto fenomeno e dal livello generale molto alto, ben assortita in ogni ruolo e già ora considerata la migliore insieme a quelle del 1984, del 1996 e del 2003.
Fin qui, niente di nuovo sul fronte occidentale: ma poi in pratica, da chi è realmente composta questa tanto celebrata nidiata di talenti? Tutti hanno almeno sentito parlare di Andrew Wiggins e Jabari Parker, ma tutti gli altri? Che giocatori sono, che ruolo potranno avere nel basket che conta? Sono davvero così fenomenali come si dice? Con questa nuova rubrica, che vi accompagnerà fino all’attesissimo Draft di giugno, NbaReligion cercherà di rispondere a questi quesiti e di presentarvi i migliori prospetti che con ogni probabilità faranno parte del lotto. Un po’ di biografia, caratteristiche tecniche, punti di forza e aspetti del gioco da migliorare, previsione di scelta e quale squadra potrebbe puntare sul soggetto preso in esame: tutto, qualora non siate ancora a conoscenza dei futuri protagonisti della Lega. Perché come potete vedere dalle annate eccellenti elencate in precedenza, un Draft così ricco e importante arriva una volta ogni decennio, e in linea di massima cambia non poco gli equilibri della National Basketball Association: non vorrete farvi trovare impreparati?
JABARI PARKER
Per inaugurare alla grande questa nuova rubrica, iniziamo subito col botto, e cioè con uno dei due nomi più gettonati degli ultimi tempi, uno dei due giocatori che fanno già sognare l’immaginario di ogni tifoso di qualsiasi squadra che stia tankando: uno è Andrew Wiggins, l’altro, da cui partiamo, è Jabari Parker.
Se il circo mediatico generato dal canadese Andrew Wiggins fin dalla giovane età è secondo solo a quello provocato da un talentuoso liceale dell’Ohio di nome Lebron James, il seguito avuto da Jabari Parker non è stato certo molto inferiore. Nativo di Chicago, nell’Illinois al momento piagato da un gelo innaturale anche per queste regioni, figlio d’arte (il padre Sonny giocò qualche discreta stagione nei Warriors) e per metà polinesiano (da parte di mamma Lola), questo ragazzo che a marzo compirà 19 anni ha da sempre bruciato le tappe: quando alla primissima partita alla Simeon High School piazza 16 punti contro ragazzi di 4 anni più grandi con la mano sinistra fratturata pare abbastanza evidente che sia un predestinato. Da lì in poi è un continuo arraffare di ogni titolo e premio individuale: 4 titoli statali in 4 anni, tornei estivi stravinti, Mr. Basketball, All-American, MVP al Jordan Classic, addirittura USA Basketball’s Male Athlete of the Year nel 2011, dopo aver portato a casa la medaglia d’oro ai Giochi Americani under 16 ed esser stato già indicato quale possibilissima prima assoluta al Draft di 3 anni dopo (!!!). Cursus honorum impeccabile insomma, che rendono la sua scelta del college una sorta di Decision lebroniana dell’Illinois, nonostante l’immediata esclusione dell’ateneo locale: la scelta finale premia coach Mike Krzyzewski, come noto allenatore dei Blue Devils di Duke. Anche a Durham, in questo primo scorcio di stagione NCAA, il ragazzino ha mostrato di non essere esattamente il classico freshman che vede il campo col contagocce: esordio da 22 punti e 5/5 iniziale con Davidson, tanto per rompere l’emozione, poi alla seconda 27+9 contro l’eterno amico-rivale Andrew Wiggins, finito a Kansas. Fino a adesso solamente in una recente serata storta in cui è stato anche panchinato da coach K nei minuti finali non ha scollinato oltre la doppia cifra, e al momento di scrivere viaggia a oltre 21 punti, 8 rimbalzi, il 52% dal campo e oltre il 45 da 3 punti. Per la serie freshmen timidi…
CARATTERISTICHE TECNICHE
Grandi numeri, ma che tipo di giocatore è in sostanza questo Jabari Parker? Il figlio di Sonny è un ragazzone di 2.03 di ottima taglia fisica (107 kg) che a Duke gioca spesso PF, ma che al piano di sopra dovrà giocare di più anche sul perimetro. Nessun problema: ha il fisico per reggere i contatti, ma allo stesso tempo è molto coordinato e corre molto bene in campo aperto. Dispone inoltre di un buon palleggio che gli permette di attaccare fronte a canestro e di concludere al ferro, ma ha nel tiro la sua arma migliore, che prende con un range molto ampio e che è in grado di costruirsi da solo dal palleggio o di sparare col catch ’n shoot sugli scarichi o in uscita dai blocchi. Insomma, il più classico degli inside & outside player come dicono gli americani, un’ala pericolosa in area con la stazza fisica unita alla rapidità (con le quali genera frequenti mismatch) ma anche sul perimetro. Se si aggiunge una grandissima mobilità in campo ed una spiccata intelligenza cestistica, che gli permette di leggere bene le situazioni di gioco, è facile comprendere come sia difficilmente arginabile nella metà campo offensiva.
Non si limita però a mettere solo punti a referto: è anche un ottimo rimbalzista, e non di rado prende il rimbalzo in difesa e attacca subito in contropiede in prima persona. Statisticamente non smazza molti assist, eppure è anche un buon passatore rispetto alla taglia fisica, specie sui numerosi aiuti e raddoppi in cui trova buoni scarichi per i compagni. Ma ciò che più fa brillare gli occhi agli scout, oltre al fisico come detto già NBA ready, è soprattutto l’atteggiamento, la mentalità vincente, l’incredibile maturità e sicurezza alla sua giovane età: è chiaramente un talento naturale, ma non disdegna il lavoro duro in palestra per migliorarsi ulteriormente, e con i suoi soli 19 anni questo atteggiamento non pone limiti alla sua crescita. Inoltre è considerato un ottimo elemento anche fuori dal campo, perfettamente allenabile e che non crea problemi per sé e per la squadra.
Ovviamente anche Jabari ha qualche aspetto del gioco da migliorare. Pur non essendo certo un difensore scandaloso, come ogni grande attaccante tende a prendersi qualche possesso difensivo di pausa, specie quando deve marcare giocatori di post basso e nelle situazioni di pick ‘n roll avversario, in cui non sempre aiuta. Anche nella prediletta metà campo offensiva ha qualche difetto: oltre a non essere un atleta molto esplosivo e a dover migliorare la verticalità, tende talvolta ad accontentarsi del tiro forzato con l’uomo in faccia invece di lavorare per trovare soluzioni a più alta percentuale, magari attaccando di più il ferro. Ma ciò che preoccupa maggiormente gli scout NBA è il suo adattamento alla Lega: al college è rapido e forte fisicamente, ma a livello pro? Riuscirà a battere gli avversari e ad andare al ferro? A creare mismatch in post? A prendere i suoi jumper, vista la tecnica non fluidissima e le difese ben più organizzate che troverà? Permane qualche dubbio anche sulla difesa al livello superiore, perché nella peggiore delle ipotesi potrebbe trovarsi in difficoltà con esterni più rapidi ed esplosivi e andar sotto fisicamente contro i giocatori d’area, faticando quindi a marcare qualsiasi genere di avversario.
PROSPETTIVE NBA
Se però tante squadre stanno tankando nella speranza di poterselo aggiudicare, probabilmente queste possibili difficoltà non vengono considerate invalicabili. Come detto infatti la sua etica del lavoro e il buon atteggiamento devono aver già convinto anche il più scettico degli scout, e a dispetto di un livello di gioco già ottimo i margini di miglioramento sono considerati ancora notevoli. Ragion per cui in quasi qualunque altro anno Parker sarebbe stato tranquillamente la sicura prima scelta assoluta, ma l’agguerita concorrenza dei vari Wiggins, Randle, Smart e del sempre più convincente Embiid fa sì che, nonostante abbia comunque buone possibilità di essere il primo in assoluto a stringere la mano al neo-commissioner Adam Silver, possa anche scivolare più indietro: sembra improbabile comunque che vada oltre la quinta chiamata. A livello pro, per ruolo, naturalezza e varietà offensiva, taglia fisica e attitudine al rimbalzo è stato spesso accostato al primo Carmelo Anthony, che in effetti sembra l’NBA comparison più calzante (sempre da prendere con le pinze, comunque). Non c’è una squadra che mira dichiaratamente solo a lui (come potrebbe essere Toronto col figliol prodigo Wiggins); con ogni probabilità chi lo troverà ancora libero se lo piglierà a prescindere dal roster, e farebbe comodo a tutte le squadre di bassa classifica, perché è considerato un possibilissimo uomo-franchigia. Come Toronto con Wiggins però, la natia Chicago non lo schiferebbe di sicuro, specie dopo aver ceduto Luol Deng; e se Rose tornasse ai suoi livelli e riuscisse ad avere un minimo d’integrità fisica, ci sarebbe da divertirsi. Tanti “se”, ma per gli sfortunati tifosi della Windy City almeno sognare è lecito…