In una lunga intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, Marco Belinelli si è ‘confessato’ su tutto ciò che concerne la sua prima stagione con i San Antonio Spurs, i vicecampioni NBA. L’ex giocatore dei Bulls si è soffermato su diversi argomenti, quali la vittoria del titolo, il possibile (ormai quasi certo) invito all’All-Star Game per la gara da 3 e sul suo primo giorno a San Antonio:
“Il timore del primo giorno di scuola se n’è andato in un attimo. Prima mi ha abbracciato Duncan. Duncan, capite? Poi lo ha fatto anche Pop. E naturalmente Manu (Ginobili). Mi sono sentito subito benvenuto nella nuova famiglia. Cosa mi ha colpito degli Spurs? Proprio in quel primo giorno ho capito di trovarmi in una squadra forte e ambiziosa. Pronti via, abbiamo riguardato gli ultimi 5’ di gara-6 delle finali con Miami. Analisi dettagliata. Quella partita l’ho vista dall’Italia. Ero stato sveglio e tifavo Spurs. Miami non la sopporto. Avevo pronosticato che avrebbero vinto 4-2: ci ho quasi azzeccato. Il giocatore più difficile da marcare? Facile: Kevin Durant. Sa fare tutto. Tiro da tre, da destra, da sinistra, post, bravissimo pure a subire falli. E devi stare attento perché dalla lunetta è infallibile. Che giocatore mi emziona? Kobe Bryant. Mi mette soggezione. Per me è come vedere una statua, un dio. Il secondo anno a Golden State mi ha dato la sua maglia. Che emozione!”
Su un possibile invito all’All-Star Week-end per la gara di 3 punti, Belinelli non si scompone:
Ci tengo, perché è una cosa importante. Per me, per i miei tifosi, per l’Italia. Inutile essere modesti, sarà un passo avanti nella mia carriera. Naturalmente vado per vincere”
Quindi un ultimo pensiero all’obiettivo più grande: l’anello…
“E’ da 2 o 3 anni che non penso ad altro. Poi in questa palestra, come a Chicago, hai sempre fisso davanti agli occhi i banner dei titoli conquistati. A me fa solo crescere dentro la voglia pazzesca di vincere. Anche per zittire tutti quelli che non hanno mai creduto in me e dicevano di tornarmene in Europa”