Categorie: Hall of Famer

Il più grande upset di sempre

Ci sono notti che rimangono scolpite nelle menti e nei cuori degli appassionati. Partite che, a ben vedere, entrano di diritto nella storia di questo sport, per non uscirne mai più. Per questo appuntamento di tale rubrica, speriamo ci perdonerete una digressione dal consueto binario destinato alla NBA ed ai suoi idoli da Hall of Fame. Oggi, infatti, ci concentreremo su uno dei più grandi upset della pallacanestro a stelle e strisce, anche se non professionistica. Parleremo, infatti, di quella volta che i Washington Generals riuscirono a sconfiggere la loro nemesi storica, gli Harlem Globetrotters.

E’ doveroso un rapido excursus storico sulla storia di questi due grandi duellanti, con uno “appena leggermente” più vincente e famoso dell’altro.

Gli Harlem Globetrotters nacquero attorno alla metà degli anni Venti in un quartiere di Chicago. Dopo un paio di stagioni, cambiarono la propria città di appartenenza trasferendosi a New York e, contestualmente, acquisendo quel nome che li ha accompagnati sino ai giorni nostri. Figura chiave della formazione fu uno dei primi proprietari, Abe Saperstein, ebreo nato a Londra e col fiuto degli affari. Fu lui, infatti, a decidere tanto il nickname della squadra, ancorandolo a quello che può essere considerato il centro della cultura afro-americana, quanto i colori sociali, che ricalcavano quelli della bandiera statunitense. Altra peculiarità che ha da sempre contraddistinto i Trotters è lo stile di gioco, un raro mix di pallacanestro unita a divertimento ed intrattenimento degli astanti. Chiudendo magari un occhio su eventuali infrazioni al regolamento, la creatura di Saperstein ha, da sempre, come marchio di fabbrica la spettacolarità e metodi anticonvenzionali, che si traducono in giocate da far togliere il fiato e da applausi a scena aperta. Nelle loro partite di esibizione, però, avevano bisogno di un determinato sparring partner, disponibile a prestarsi ai giochi di prestigio dei propri avversari.

La data ufficiale di nascita dei Washington Generals è fatta risalire al 1952 quando Louis Klotz, ex giocatore NBA con i primissimi Baltimore Bullets, creò una formazione destinata a gareggiare contro gli Harlem Globetrotters ed il cui nome era un doveroso tributo a Dwight Eisenhower. In realtà, la squadra nacque dalla ceneri di una formazione ben più antica e vincente, i Philadelphia Sphas. Acronimo di South Philadelphia Hebrew Association, gli Sphas vennero fondati nel 1917 da Eddie Gottlieb, personaggio che avrebbe rivestito un importantissimo ruolo da pioniere nella NBA. Futuro Hall of Famer, Gottlieb creò tale formazione raccogliendo i migliori prospetti tra i giovani ebrei della città della Pennsylvania, riuscendo a plasmare una creatura vincente. Gli Sphas, infatti, ebbero pochi rivali nei decenni che precedettero la Seconda Guerra Mondiale. Furono la prima dinastia, se vogliamo, della pallacanestro americana, dominando la ABL, il primo tentativo, riuscito, di campionato organizzato. Negli anni’40, con la nascita di BAA prima ed NBA poi, la lega fu costretta a chiudere i battenti e le proprie squadre a cercare diverse fortune.

Mentre gli Sphas mietevano successi, vincendo ben 7 titoli ABL, nel firmamento cestistico splendeva luminosa la stella degli Harlem Globetrotters. Quello stile poco ortodosso aveva fatto breccia nel cuore dei tifosi, rendendo la squadra famosa in tutto il paese. Anche se la nascita della NBA, ed il suo sempre crescente utilizzo di giocatori di colore, aveva spostato il focus delle attenzioni generali sulla nuova Lega, la creatura di Saperstein mantenne intatta la propria aura, tanto di invincibilità quanto di unicità. Tenendo fede al proprio nickname, iniziarono a girare il mondo, esportando nei paesi stranieri il proprio stile inimitabile ed accentuando maggiormente, se possibile, il proprio ruolo di intrattenitori. Furono tra i primi americani, infatti, ad andare in Unione Sovietica ad esibirsi davanti ad una folla non propriamente amica, non prima di aver incontrato l’allora premier Nikita Krusciov. Quella squadra, tra le proprie fila, poteva annoverare un peso massimo di grandissima caratura, tale Wilt Chamberlain, il primo di tante star che avrebbero vestito la gloriosa maglia degli Harlem Globetrotters.

Dall’anno della propria nascita, i Generals furono designati come la spalla ideale che si prestava ai giochi di prestigio dei ben più quotati avversari, uscendo sempre dal campo sconfitti e tra i boati di approvazione della folla. Non potevano certo avere giocatori del calibro di Meadowlark Lemon o Fred “Curly” Neal, ma solo degli onesti mestieranti che erano guidati in campo dallo stesso owner, il già citato Klotz. All’inizio degli anni’70, per dare una parvenza di diversità ed originalità alle partite contro i Trotters, la squadra assunse, di volta in volta, altre denominazioni: Boston Shamrocks, New Jersey Reds, Baltimore Rockets o Atlantic City Seagulls. Il copione era sempre lo stesso e le sconfitte andavano accumulandosi, gara dopo gara. Fino a quando, un giorno, avvenne l’incredibile.

5 Gennaio 1971, Martin, Tennessee. Sembra una partita come tante, sulla stessa falsariga delle 2495 precedenti. Tale era l’astronomico filotto di vittorie consecutive da parte degli invincibili Globetrotters, una striscia che sembrava potesse ancora allungarsi a dismisura. Quella sera, privi del loro Capitano Curly Neal, affrontavano i Generals che, da par loro, usavano il già citato nomignolo di New Jersey Reds. Per gli spettatori, come al solito rinfrancati dalle esibizioni di Lemon e compagni, si trattava di ordinaria amministrazione, ignari che la Storia potesse venire riscritta proprio lì, a Martin nel Tennessee. Un po’ come quando, nemmeno dieci anni prima, sembrava impossibile che nella piccola Hershey si potesse assistere a qualcosa di indimenticabile, con quella gara tra Phila e Knicks con Chamberlain in campo, il 2 Marzo 1962. Evidentemente gli Dei del Basket amano farsi beffe di noi comuni mortali.

Già dall’inizio si era percepito qualcosa di inusuale nell’aria. Sembrava esserci meno brio del solito da parte dei Globetrotters ed i Generals/Reds, per converso, parevano particolarmente ispirati. Il punteggio, nella stragrande maggioranza di questi casi, era spesso una formalità, raramente regnava l’equilibrio ed a Lemon e compagni, in situazioni di necessità, bastava pigiare lievemente il pulsante dell’acceleratore. Senza prestare particolarmente attenzione al tabellone, i Generals si trovarono avanti di 12 a due minuti dal termine, quasi inaspettatamente. Con la solita dimostrazione di forza, tuttavia, i ‘Trotters sfruttarono la compiacente difesa matador avversaria riportandosi sopra di uno, 99-98, a 10 secondi dal termine, volendo ristabilire le già note gerarchie. Ma c’era ancora speranza per Washington/New Jersey.

Il timeout seguente è passato, di peso, alla storia. C’era parecchia incertezza tra i Generals, mai si erano ritrovati in una situazione del genere. Un dubbio amletico li attanagliava: meglio provare a vincere o porgere, per l’ennesima volta, la biblica guancia? Notando la confusione serpeggiante, Red Klotz decise di cavare d’impaccio i propri ragazzi, esclamando il più classico dei “Datemi la palla”.

Rientrati in campo per il presumibile ultimo possesso, lo “schema” funzionò proprio come era stato disegnato. Il pallone arrivò tra le mani di Klotz che, con un piazzatone a due mani che era già fuori moda ai tempi di Hank Luisetti, scoccò un improbabile tiro. Solo rete. 100-99 Generals a 3 secondi dal termine.

Gli addetti al tavolo, come già avevano fatto tante altre volte in passato, cercarono di rimediare ritardando il suono della sirena. Gli Harlem Globetrotters ebbero l’ultima possibilità di vincere, ma Meadowlark Lemon sbagliò. I ‘Trotters avevano perso. O, se preferite, i Washington Generals avevano vinto. Dopo 2495 occasioni andate in bianco.

La reazione sugli spalti fu contrastante. Qualcuno era felice per l’impresa storica, ma l’umore collettivo era ben diverso. Delusione, stordimento, bambini che piangevano perché i propri idoli avevano dimostrato di essere umani. “Sembrava quasi che avessimo appena ucciso Babbo Natale” ebbe a dichiarare lo stesso Klotz. E mentre i giocatori festeggiavano quasi come avessero appena vinto gara-7 di Finale NBA, gli Harlem Globetrotters apparivano impotenti. Lo stesso Lemon si infuriò contro i propri avversari, esclamando un profetico “Voi avete perso, non io”, anche se poi fu il primo ad andare a congratularsi negli spogliatoi. Per una volta, quasi nessuno era contento che Davide avesse battuto Golia.

La squadra che era state di Abe Saperstein ha dimostrato poi, negli anni seguenti, di poter essere battibile, perdendo in diverse occasioni, spesso contro squadre collegiali. Col passare delle stagioni, quella sconfitta di Martin, Tennessee, più che togliere valore e validità alla propria leggenda, ne ha, quasi paradossalmente, avuto l’effetto opposto. Anche perché, si è trattato davvero di un Gronchi Rosa. I Washington Generals non hanno mai più vinto una singola disfida da allora, in più di 40 anni. 4 decadi segnate solo da sconfitte contro gli avversari di sempre, tutte con le stesse, identiche modalità. Occhio però a darli per perdenti in eterno. Se c’è da piazzare il più grande upset di tutti i tempi, i Generals sono sempre lì a recitare la parte del perfetto bastone tra le ruote.

Alessandro Scuto

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