Nella Western Conference così competitiva di questa stagione, in cui al duo Thunder-Spurs si sono aggiunte valide duellanti quali i Clippers di Doc Rivers, i sorprendenti (fino ad un certo punto) Portland Trail Blazers, i Golden State Warriors in cerca di conferme e i nuovi Rockets di Howard, sembra strano che ad occupare la settima casella valida per l’accesso alla post season non siano i Mavericks (campioni prima degli Heat) o i Nuggets o Memphis (che molto bene hanno fatto nelle ultime annate).
No, in zona playoff c’è ad oggi una di quelle squadre che ai nastri di partenza i più davano come possibile outsider non per la post season, ma per la ricerca di una scelta alta al draft. Quei Phoenix Suns che, scambiato Marcin Gortat con Washington, sembravano aver definitivamente alzato bandiera bianca per questa stagione e che invece si sono ritrovati con un roster pieno di giovani talenti che poco spazio avevano trovato in NBA.
Il nome nuovo arrivato in estate in Arizona è quello di Bledsoe, partito da Los Angeles alla ricerca di un posto da titolare (e di un congruo contratto). Il suo impatto, purtroppo, è stato relativo, causa infortunio dopo 22 partite dal quale ancora non ha del tutto recuperato (si dice che potrebbe rientrare nelle prossime settimane).
Neanche questo però ha scalfito il sistema di gioco col doppio playmaker che così tanti dividenti ha fruttato alla squadra di coach Hornacek.
Difatti l’impostazione di gioco dei Suns si fonda su un semplice concetto di gioco, il più conosciuto ed il più utilizzato: il pick&roll! Da quello (e dai suoi possibili sviluppi) prendono forma poche chiare opzioni che i vari Dragic, Barbosa e Smith (una delle tante sorprese) sfruttano a meraviglia. I dati riportati in tal proposito da NBA.com danno conferma di questo.
Phoenix è la squadra che genera il maggior numero di punti per possesso da p&r, ben 1,093 punti, giocandone non una quantità eccessiva (24esima per possessi di questo genere con il 47,8%) ed anche in ragione di questo risultando molto produttiva. Si sfruttano sia le doti di penetratore di Dragic (alle quali il giocatore sloveno sta aggiungendo buone percentuali dalla lunga distanza), sia quelle di “poppatore” (ossia di giocatore che dopo il blocco si rende disponibile al tiro dalla distanza) di Frye. Il risultato di quest’intesa? Ce lo spiega la tabella successiva.
Tra le coppie in NBA che hanno giocato almeno 100 p&r quella dei Suns è prima per produzione. 1,3 punti ogni volta che il giocatore dell’università dell’Arizona porta il blocco. Una sentenza. Vediamo, con l’ausilio di qualche video di SBNation, questa capacità di lettura.
Sempre Indiana, sempre la miglior difesa NBA. West pur di seguire Frye va totalmente in bambola, ne segue ogni finta e ogni cambio di direzione. Per Dragic è un gioco da ragazzi battere in palleggio l’avversario ed appoggiare al tabellone.
Vista la capacità di riuscire a chiudere vicino al ferro, i Pacers decidono di modificare il loro “approccio”, ma il risultato (purtroppo per loro) non cambia.
In questo caso Dragic riceve dalla rimessa marcato da George (Vogel, viste le difficoltà di Hill, manda sulle piste del play avversario il suo miglior difensore). Solito ottimo blocco di Frye e West, al posto di preoccuparsi del “pop” del lungo avversario, chiude al piccolo la linea di penetrazione verso il ferro. Ma il numero 1 dei Suns non si scompone minimamente, si arresta dietro la linea da 3 punti con spazio e spara a bersaglio.
Qualsiasi scelta tu faccia, loro ti puniscono. Perfetti.
E’ tutto merito del pick&roll? Non solo. Quasi tutti gli interpreti del sistema costruito da coach Hornacek stanno mettendo a referto i loro massimi in carriera, andando ben oltre ogni più rosea aspettativa. Ne sia da esempio la seguente tabella.
Ben 8 giocatori che fanno parte in pianta stabile della rotazione dei Suns stanno tirando con percentuali reali (ossia quelle che tengono conto di un valore maggiore del tiro da 3 e della percentuale ai liberi) migliori rispetto a quella della stagione precedente (nel caso di Frye i dati fanno riferimento a quella 2011/2012, l’ultima giocata per intero dal numero 8), facendo registrare il carrer high in quanto a percetuale.
Addirittura Plumlee è migliorato del 44% e Dragic, nonostante l’ingente mole di responsabilità, tira col 61,4% di “True Shooting”.
Infatti la cosa (a mio avviso) più incredibile sta proprio nel fatto che queste percentuali accresciute in realtà sono accompagnate da un generalizzato aumento dei minuti per tutti. Mi spiego. Di solito, all’aumentare dei minuti giocati, maggiori sono le conclusioni tentate e minore è la loro % di conversione. A Phoenix, come per magia, è successo il contrario. Vedere per credere.
Per tutti i giocatori chiave della squadra i minuti a partita sono aumentati, ma questo ha inciso positivamente sulle percentuali (come visto prima). La reazione “perfetta”, il sogno di ogni allenatore. Giochi 10 minuti fai 10 punti. Ne giochi 15 e realizzi 15. E così via.
Se tutto questo dipenda più da una fortunata congiuntura astrale oppure dalla capacità di esecuzione della franchigia dell’Arizona non sta di certo a me dirlo. Certo è che, qualora venissero a mancare le elevate percentuali dall’arco, il sistema inizierebbe a perdere colpi (visto che la difesa non è proprio il pezzo forte di Bledsoe e compagni..).
Ma fin quando l’incantesimo dura (se di “incantesimo” si tratta) perché smettere di sognare?