La vostra squadra di prima divisione non ha mai vinto niente. Da quando avete lasciato le giovanili, i pochi referti rosa conquistati sono stati appesi al muro della sede centrale della società. In memoria di qualcosa di unico, come un trofeo. Con il passare delle stagioni, avete messo su pancetta, perdendo il primo passo bruciante che vi contraddistingueva e con esso l’ elevazione. State cominciando ad assomigliare a quelle carcasse deformate, sovrappeso e stempiate che per tanti anni avete preso in giro dalle tribune: i perdenti( o meglio noti come rutti).
Durante l’estate, però, la dirigenza della vostra squadra fa una campagna acquisti più oculata rispetto alle scorse off-season. Cambia coach, arriva una solida batteria di lunghi e dettaglio fondamentale, perdete peso. A questo punto ricomincia il campionato e arrivano i primi inaspettati trionfi. E’ passato così tanto tempo dall’ultimo successo, che avete quasi scordato il sapore della vittoria. Chiariamoci, non passerete in promozione, ma sarà la stagione buona per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
Destino simile ha coinvolto Toronto e Washington, due squadre nella landa desolata della Eastern Conference. Franchigie storicamente perdenti, formazioni materasso, barzellette della lega, che in questa stagione sono riuscite a staccare il biglietto per la postseason.
Nel momento in cui scrivo, Toronto è in testa all’atlantic division, con un bilancio di 46 vittorie e 33 sconfitte. Nella classifica generale ad est è sul gradino più basso del podio, dietro alle due big che la scorsa annata si sono scontrate nella finale di conference. Prima di entrare nel vivo dell’analisi, riavvolgiamo un attimo il nastro.
Il record dei Raptors a metà dicembre 2013 recitava 7-13, un pessimo avvio di stagione dovuto principalmente a tre fattori: carenza di uomini nel pitturato, per via della corta rotazione di lunghi tenuta in piedi da Jhonson, Valanciunas e Hansbrough. Poco ossigeno per Lowry, costretto a giocare più del dovuto in assenza di playmaker puri pronti a sostituirlo dalla panchina e Rudy Gay. La terza causa della partenza col freno tirato dei Raptors è un signor giocatore, almeno sulla carta, ma ha l’innata capacità di rompere ogni fluidità offensiva nella squadra in cui gioca. Un cocktail di individualismo e selezione di tiri imbarazzante.Qui entra in gioco Masai Ujiri, GM di Toronto, prestigiatore nelle mosse di mercato. Il coniglio che tira fuori dal cilindro in questa occasione è da standing ovation. Si disfa del contratto di Rudy Gay che aveva ereditato dalla vecchia gestione Colangelo($17,888,932+ secondo anno da $19,317,327 con player option) e ottiene asset validi per proseguire il cammino di ricostruzione della squadra. Il numero di magia avviene con la trade che spedisce Rudy Gay, Quincy Acy e Aaron Gray ai Sacramento Kings, in cambio di Vasquez, Salmons, Patterson e Hayes. Uno scambio che risolve i tre problemi sopracitati in un colpo solo, portando un cambio per Lowry, Vasquez, allungando il front court con l’arrivo di due ottimi gregari come Hayes e Patterson e eliminando alla radice il monopolio offensivo targato Rudy Gay. Il tutto appioppando 21 milioni di dollari di contratti a Sacramento, per ricevere quattro role players e il complessivo dei loro ingaggi, circa 18 milioni. A Toronto stanno già pensando di fare una statua in onore di Masai.
Chiuso il riepilogo, torniamo ad oggi. Toronto si trova a dieci giorni dai playoff a combattere per ottenere il vantaggio del fattore campo nel primo turno della postseason, vanta uno dei quindici attacchi NBA più precisi da oltre l’arco, da cui tira con il 36.5% e ha un core offensivo ben strutturato, in cui non esistono leader fissi. Possibile che la svolta sia dovuta solo ed esclusivamente alla partenza di Rudy Gay?
Nì, perchè la chimica di squadra è arrivata nel post-Gay e con essa le vittorie e la possibilità di migliorare le soluzioni offensive. Dwane Casey ha rimodellato l’attacco dei Raptors partendo dal perimetro. Trovando in Kyle Lowry un’inaspettato facilitatore di gioco, capace sia di chiudere al ferro sia di aprire il campo per i compagni, in Derozan il primo realizzatore di squadra e in Ross un micidiale tiratore dalla lunga distanza. Un tridente che produce 51.2 punti a partita.
Anche nel reparto lunghi si sono visti passi avanti, a partire da Valanciunas. Il centro lituano sta finalmente dimostrando di valere quella quinta chiamata assoluta al draft 2011. Leader di Toronto per rimbalzi catturati(8.6 di media),comincia a rappresentare sotto canestro l’autorità che ci si auspicava da tempo. In difesa è ancora lento negli aiuti e tende ad amnesie nelle rotazioni, ma la differenza la fa nei pressi del canestro e alla voce rimbalzi. Più precisamente quelli contestati, in cui il lungo da Vilnius troneggia con un 43.5% di palloni presi quando l’avversario è a meno di 3,5 piedi dal punto in cui si recupera il rimbalzo. L’altra sopresa è Amir Jhonson, l’ala grande titolare dei Raptors mai stato un esempio di lucidità cestistica, è leader di squadra per stoppate inferte(1.5 a partita) e protegge il ferro come non molti nella lega( contenendo gli avversarsi che si trovano a meno di 5 piedi dal canestro al 47.8% al tiro).
percentuali dal campo pre ASGpercentuale dal campo post ASGGli effetti positivi della partenza di Gay non sono emersi subito. Un indice della crescita esponenziale è l’andamento pre e post All Star Game della squadra canadese. I Raptors post ASG, per quanto il volume delle partite siano la metà rispetto al pre, sono migliorati quasi sotto ogni voce statistica. Al tiro, rimpolpando le percentuali dal campo( dal 43% al 46%) e da fuori( dal 36% al 38%) . Nei punti segnati, passando dai 99.7 prima dell’ASG, ai 104 che hanno messo a bersaglio dalla fine di febbraio sino ad oggi. Ma anche nel +/-, aumentato da +2.8 a +4.3
Nelle ultime 20 gare i Raptors hanno vinto 12 incontri, tre di questi in casa contro Rockets e Pacers, due corazzate da playoff con grandi ambizioni, confermando il trend positivo iniziato a fine febbraio. Le premesse per un futuro roseo, nonostante la scadenza del contratto di Lowry in estate(che Masai potrebbe usare per fare un altro colpaccio), ci sono tutte per Toronto, la quale con ogni probabilità chiuderà la regular season con il 3° seed ad est. Ciò vorrebbe dire un primo turno non proprio agevole contro Washington( guarda caso l’altra “cenerentola”, protagoniste di questo pezzo) o Charlotte.
A proposito di Washington, la squadra della capitale è un’altra delle sorprese positive di questa stagione. I Wizards hanno attualmente un bilancio di 42 vittorie e 38 sconfitte, record appena sopra il 50%, ma che è oro colato per le abitudini della franchigia. Il fondo si era toccato nel 2009, cedendo la quinta scelta assoluta a Minnesota( che prese il folletto spagnolo) per Andre Miller( quest’anno ritornato) e Randy Foye, ma anche con i curiosi casi di Arenas e Crittenton, che trasformarono lo spogliatoio in un film western.
Oggi quei ricordi spiacevoli sono vecchie cicatrici. Il profilo dei Wizards del presente( ma anche del futuro) ha la faccia di John Wall, entrato di diritto nell’élite delle point guards NBA. Il suo effort è sensibilmente cresciuto e lo si nota anche dalle cifre. Wall sta viaggiando a 19.7 punti a partita( massimo in carriera), distribuisce oltre 8 assist e recupera 4 rimbalzi di media da cui spesso nascono fulminei coast-to-coast che finalizza in prima persona o su assistenza. Il max contract da 80 milioni per sei anni siglato in estate non pare più così distante dal valore del giocatore.
Il motore dei Wizards, una point guard esplosiva dal passo di un centometrista. Quando non chiude al ferro, esegue un sempre più affidabile palleggio-arresto e tiro dal mid range o in alternativa costruisce interessanti situazioni di pick and roll con Gortat. Ha dimostrato di poter essere leader e di riuscire a dominare lunghi tratti di partita.
Un salto di qualità che sarebbe valso a poco, senza un buon supporting cast. Il primo complice positivo della lista è Nené, lungo che dal post basso è il miglior passatore di squadra. In qualità di bloccante è quasi meglio, perché dopo aver bloccato e ricevuto palla guarda prima l’uomo libero e dopo il canestro. Un altro giocatore chiave è Marcin Gortat, centro titolare, maestro del pick and roll e padrone del pitturato. Il polacco sta disputando la migliore stagione in carriera, mettendo in campo una durezza fisica impressionante. Nel mese di marzo è andato in doppia doppia di media per punti segnati e rimbalzi presi. Due uomini che chiudono il back court di titolari insieme a Wall, sono Beal e Ariza. Il primo è il bersaglio favorito degli scarichi di Wall sia in campo aperto per finire il contropiede, che sugli angoli per tentare il gioco da tre punti. Il secondo ( ex campione NBA con i Lakers nel 2009) è il prototipo di ala piccola che sa fare bene un po’ tutto senza saper fare benissimo niente( a parte difendere, settore in cui Ariza eccelle da sempre)
Tornare ai playoff dopo 6 anni di astinenza, non vuol dire aver disputato una stagione senza macchie.Spazio a qualche nota dolente:
– L’avvio è stato pessimo (5-8 dopo 13 uscite, simil Raptors). E solo una scossa di Nenè ha risvegliato la squadra dai torpori di inizio stagione.
– Con Nenè fuori per infortunio( fermo ai box dal 23 febbraio, rientrato il 9 aprile contro i Bobcats), sono apparsi in certi frangenti più discontinui e meno motivati. Vedi recente trasferta ad ovest conclusa con un solo successo su cinque partite.
– Rientrano male dall’intervallo lungo, non chiudono la partita, nel terzo quarto si fanno rimontare spesso e volentieri.
Ottenere il sesto seed ad est, vorrebbe dire incontrare Toronto al primo turno di playoff. Una serie che darebbe alla squadra canadese più chance di vittoria, rispetto alla possibilità di finire tra le grinfie di Miami o Indiana, nel caso in cui chiuda al settimo posto. La franchigia ha alcuni veterani con contratti in scadenza questa estate( vedi Harrington, Ariza e Gortat), ma la dirigenza ha le idee chiare su chi puntare per il futuro. Un nucleo costituito da Nenè, Porter e Beal, al cui centro spicca il nome( e la grande speranza) di John Wall