Categorie: Road To Draft

Road to Draft 2014: Rodney Hood

Say my name: Rodney Hood

Il primo nome che si è associato all’ultima stagione di Duke è senza dubbio quello del super freshman Jabari Parker, ma chiunque abbia visto qualche partita dei Blue Devils ha avuto in più di un occasione la sensazione che il giocatore più importante della squadra potesse essere Rodney Hood o che quantomeno quest’ultimo fosse un vicinissimo secondo. Tutto ciò non è per forza traslabile poi in una prospettiva NBA, dove la separazione tra Parker e Hood dovrebbe crescere parecchio, ma ci ha fatto capire quanto questo sia uno di quei prospetti che, in una draft profondo come il prossimo, potrebbe rivelarsi una piacevole sorpresa per chi lo dovesse scegliere magari nella seconda metà del primo giro. Andiamo allora a vedere pregi e difetti dell’ex Duke e Mississippi State (dove giocò nell’anno da freshman) e cerchiamo di fare una proiezione finale.

Il morbido rilascio di Rodney Hood tra le mura del Cameron Indoor Stadium

Un aspetto incoraggiante per il ragazzo e per chi lo sceglierà è sicuramente la capacità del prodotto da Meridian di mettere punti a referto: innanzitutto la meccanica di tiro di Hood è perfetta e con un alto rilascio che gli ha permesso di concludere la stagione con un eccellente 42% dalla lunga distanza. Pericoloso anche dalla media distanza e con un eccellente 43% al tiro nei pull-up jumper tentati in stagione (primo tra i prospetti), Rodney è ampiamente capace di colpire dal palleggio e in situazioni di pick’n’roll così come è pericolosissimo in situazioni di catch and shoot, rivelandosi un giocatore di notevole intelligenza cestistica anche nel suo gioco senza palla. Grazie alla sua buona lettura degli spazi e della partita il ragazzo si è dimostrato un buon creatore di gioco tanto per sé stesso quanto per i compagni con un assist/turnover ratio di 1.3, nettamente superiore a quello visto ad esempio con Wiggins (0.67), ovvero il miglior prospetto di questo draft. Dotato di un’ottima altezza per un’ala piccola NBA a 6’8” (circa 2.03), Hood è un più che discreto atleta, dotato di buona esplosività, anche se non fuori dal comune. La sua altezza e dei movimenti eleganti lo hanno portato ad essere un giocatore più efficiente anche in penetrazione dove partendo dal palleggio riesce a crearsi delle buone occasioni, sebbene in questo contesto soffra ancora difese particolarmente fisiche, vedasi la partita contro Clemson e l’altro prospetto KJ McDaniels (che è più basso, ma più fisico e con una maggiore estensione delle braccia) che gli hanno impedito penetrazioni per quasi tutta la partita. Il quintetto piccolo messo in campo spesso da Duke quest’anno lo ha visto giocare anche da ala grande, sfruttando il suo mismatch contro 4 meno agili, ma è una situazione difficilmente proiettabile in NBA dove forse sono più probabili alcuni minuti da 2 oversized.

Purtroppo le situazioni che vi possiamo mostrare in video non dipendono da noi che abbiamo a disposizione i miseri mezzi di internet, ma questa sua prestazione contro l’arci-rivale North Carolina mostra in poco più di un minuto sostanzialmente tutto il repertorio da poco menzionato: triple dal palleggio, catch and shoot, penetrazioni e anche un jumper dalla media:

Se poi volete rifarvi gli occhi con un buon gesto atletico eccovi accontentati:

Dove risiedono allora i limiti principali di questo giocatore? Iniziamo da quelli “insormontabili”, seppur di certo non drammatici: l’ “apertura alare” e l’età. La lunghezza delle braccia di Hood è difatti pari alla sua altezza (6’8”) cosa che per noi comuni mortali non crea nessun problema, ma che nella lega dei Kawhi Leonard può fare una certa differenza, basti pensare che lo stesso Wiggins (che usiamo come metro di paragone per le ali piccole di questo draft) pur essendo alto come Hood ha un wingspan di 7 piedi. In che ambiti può fare la differenza (non tutta la differenza, ma un po’) questo aspetto? Palle rubate, stoppate e rimbalzi. Quali sono gli aspetti deficitari di Hood, considerando anche la sua buona altezza? Palle rubate, stoppate (entrambi meno di 1 a gara) e rimbalzi (sotto i 4 di media). Ambiti in cui invece eccelle o è comunque molto buono Wiggins. Dicevamo poi l’età: Hood è uscito dal college dopo il suo anno da sophomore, ma è difatto un terzo anno, data la stagione di stop che ha dovuto affrontare per il suo trasferimento da Mississippi State a Duke, il che gli farà approcciare la sua prima stagione NBA a 22 anni, non propriamente un anziano, ma nemmeno con i margini di miglioramento ed il tempo a disposizione dei (parecchi) 19enni talentuosissimi che entreranno nel prossimo draft.

A livello di gioco il problema principale di Hood (come di Parker e un po’ di tutta la Duke di quest’anno) è nella metà campo difensiva: già abbiamo sottolineato le sue carenze a livello di palle rubate e stoppate, sebbene queste da sole dicano molto poco delle capacità difensive di un giocatore, ma quello che preoccupa di più è la sua non-attitudine difensiva, una posizione quasi sempre inadeguata, con Hood spesso pressoché verticale nel difendere sugli avversari, senza nemmeno piegare le gambe, aspetto che dovrebbe essere basilare sin dai tempi del minibasket. Se a livello offensivo il giocatore mostra di possedere ottime letture di gioco lo stesso non si verifica nella metà campo difensiva, dove è spesso fuori posizione lasciando gli avversari liberi per facili conclusioni e dove in generale si adatta con troppa lentezza ai movimenti dell’attacco. A livello di rimbalzi se l’estensione delle sue braccia non lo favorisce tuttavia non lo giustifica nemmeno per una passività quantomeno dubbia. Fisicamente il giocatore necessiterà poi di un po’ di lavoro in sala pesi per rinforzare una parte superiore che potrebbe avere qualche problema ad imporsi al piano di sopra. Infine, sebbene abbia già mostrato dei miglioramenti, rimane da perfezionare il gioco in penetrazione, un po’ prevedibile (tendenza ad andare a destra come Wiggins) e non propriamente “iversoniano” a livello di varietà di movimenti e capacità di superare le difese avversarie.

Per concludere Hood è un giocatore che potrebbe essere pressoché da subito un buon aiuto dalla panchina a livello offensivo, dove ci aspettiamo che riesca a contribuire in breve tempo, ma che dovrà migliorare negli aspetti appena sottolineati se vorrà ritagliarsi minutaggi importanti. Probabile una chiamata tra la 15 e la 20, magari in una squadra che flirta con i playoff e che potrebbe avere bisogno di un attaccante prolifico ed efficiente, ma una migliore difesa e una maggiore forza fisica sono probabilmente imperativi per costruire una carriera degna del suo talento.

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