Categorie: Editoriali NBA

Playoff Preview 2014: Houston-Portland, due rose per una dama

La più bella della scuola, quella che tutti guardano con ammirazione e desiderio. Le altre ragazze la invidiano, i maschietti la bramano. La classica tipa acqua e sapone che con il suo sorriso sarebbe in grado di far smuovere anche il più impavido degli eroi. Il ballo di fine anno si avvicina e gli spasimanti di certo non le mancano, ma si sa come in ogni buona commedia di serie b d’oltreoceano la rosa dei papabili si è ridotta a due. Da un lato il super quotato quarterback di buona famiglia, affascinante, capello impeccabile, idolo incontrastato delle teenager di tutto l’istituto. Dall’altro lato l’immancabile sfigato di turno: quel ragazzo taciturno, imbronciato. Clichè del tipico intellettuale. Insomma quello che nessuna bella ragazza ha mai avvicinato e mai avvicinerebbe. Però c’è sempre un però in queste trame già scritte e scontate. Lui è il suo migliore amico, il ragazzo della porta accanto per intenderci, quello che da sempre nutre un amore incondizionato e mai dichiarato. Quello che era arrivato sul punto di conquistarla prima di fare l’immancabile gaffe che ha spostato tutto nuovamente e che ora deve affidarsi ad un ultimo eclatante gesto per poter sperare di avere una chance.
Mancano ormai poche ore al ballo e la nostra dama ancora non ha preso la sua decisione. Nel già citato film di serie inferiore la scelta ricadrebbe sull’amico di sempre, ma probabilmente nella vita reale la decisione favorirebbe il biondo ciuffo dello sportivo. Chi riuscirà a spuntarla in questa occasione? Anche perché conquistare una ragazza è una cosa, ma ben altra è riuscire ad aggiudicarsi il titolo di re e regina del ballo.

Houston-Portland è senza dubbio una delle serie più avvincenti ed incerte di questo primo turno di Playoff. Da una parte i Rockets, squadre costruita per vincere e acclamata a furor di stampa dopo il tanto incensato quanto dispendioso acquisto di Superman, per dar man forte alla Barba. Dall’altra i Blazers squadra su cui i pochi pronti a scommettere in un ingresso nella postseason si conterebbero, senza grossi patemi, sulle dita di una mano, massimo due.

 

 RIPCITY

Non considerati, ignorati, a larghi tratti snobbati. Le agenzie di scommesse nemmeno li quotavano per il titolo, inserendo la franchigia dell’Oregon nella poco dignitosa casella “ALTRO”. Tuttavia quel famoso “Altro” ha subito una corsa al ribasso, dopo le continue e martellanti doppie V conquistate dai ragazzi di coach Stotts. L’inizio di stagione è stato indubbiamente dei più esaltanti ed è servito a far ricredere i molti scettici. Per lunghi tratti, prima della pausa per l’ASG, i Blazers hanno guardato dall’alto l’intera Western Conference. Il calo c’è stato, vistoso, innegabile. L’inesperienza, la stanchezza e i problemi fisici in una squadra dalla rotazione già corta, hanno portato per un breve periodo la compagine di Ripcity ad avere il serio timore di non partecipare a questi Playoff. Alla fine il biglietto utile è stato staccato ed è valso comunque un dignitoso quinto posto nell’ultracompetitivo Ovest, grazie ad un record che ha visto 54 vittorie al fronte di sole 28 sconfitte, per rendere l’idea a Est i Blazers sarebbero arrivati secondi a pari merito con gli Heat. L’avversario non è dei più agevoli ma la serie è quanto mai aperta e non mancherà di colpi di scena e di partite dai punteggi vertiginosi; ad affrontarsi sono il secondo attacco della lega, Houston, ed il quarto, quello di Portland, con i suoi 106,7 punti a partita.

 

Gli scontri diretti stagionali contro i texani non sono favorevoli, infatti i Rockets si sono aggiudicati 3 delle 4 sfide disputate in Regular Season. Essendo Portland una squadra, come già detto, prettamente offensiva vale la pena dare uno sguardo ai numeri che hanno contraddistinto i ragazzi dell’Oregon. Pur segnando tantissimo, i Blazers, tendono a prediligere il gioco a difesa schierata, esplorando la transizione solo nell’11,9% dei casi e sfidando gli avversari a metà campo nel restanti 88% abbondante di situazioni; l’alto coefficiente realizzativo è figlio di un ottimo trattamento di palla e delle esigue palle perse, soltanto 13,7 a partita di media, che fanno di Portland la quarta squadra in assoluto in questa specifica statistica. L’attacco sfrutta molto il talento individuale basandosi su molti isolamenti e tiri costruiti in uscita dai blocchi, il pick ‘n roll non è particolarmente esplorato e comunque non risulta molto produttivo. I Trail Blazers guidano inoltre l’Nba per percentuale dalla linea della carità, dato non secondario soprattutto nei finali punto a punto, ben l’81,5% dei liberi tentati trova il fondo della rete.; da oltre l’arco gli uomini di Stotts vantano un dignitoso 37,2% (noni nella lega). Il vero punto di forza di questa franchigia è, tuttavia, il totale dominio a rimbalzo dove ogni notte sono riusciti a strappare 46.4 palloni vaganti, garantendosi la supremazia totale in questo campo e potendo così usufruire di un numero considerevole di possessi extra. Al fronte di un attacco largamente incensato c’è ovviamente l’altra faccia della medaglia che non è propriamente scintillante come quella mostrata fino a qui. Il dato più allarmante nel settore difensivo è senza dubbio quello relativo alle palle recuperate che è il più basso in assoluto, soltanto 5,5 a serata, e da solo può rendere l’idea della scarsa indole difensiva di questa squadra.

 

 

 

 GIOCATORI CHIAVE

Lillard-Aldridge rappresentano uno dei migliori “duo” Nba, non a caso proprio quest’asse riesce a combinare 43.9 punti a serata (20.7 il primo, 23.2 il secondo). Entrambi i giocatori sembrano aver trovato la loro dimensione di All Star in questa stagione trascinando i Blazers alla postseason e regalando il sogno concreto di poter passare quel maledetto primo turno che rappresenta un ostacolo insormontabile dalla stagione ’00-01. Lillard in questa annata si è guadagnato di diritto la fama di giocatore clutch, forse il più clutch dell’intera lega, riuscendo a regalare un consistente numero di vittorie ai suoi con canestri decisivi sulla sirena; oltre a questo nei finali di gara (spesso anche persi) il numero 0 con la maglia di Ripcity si infiamma ed è capace di segnare a ripetizione, in ogni modo contemplato dallo scibile umano, recuperando sostanzialmente da solo svantaggi anche considerevoli. Il talento cristallino è fuor di dubbio ma quello che sorprende è l’esperienza che un giocatore, solo al secondo anno, riesce a mettere a disposizione del collettivo. La crescita rispetto allo scorso anno è stata veramente impressionante, a raccontarlo non sono i numeri che sono restati molto simili, ma la qualità delle scelte e la velocità del processo di maturazione; tenendo pur sempre conto che questo giocatore, probabilmente già oggi uno dei primi 10-15 al mondo, ha margini di miglioramento immensi. Damian guida i suoi Portland per percentuale da tre punti grazie al suo 39.4% e nei tiri liberi con un eccelso 87% abbondante (inferiore di poco solo a Mo Williams). Per quanto riguarda Aldridge i numeri di quest’anno sono impressionanti e lo sono ancora di più considerando i numerosi problemi fisici che lo hanno costretto fuori dal campo o a giocare solo scampoli di partita. Il prodotto di Texas ha chiuso la regular season con una roboante doppia doppia di media, grazie a 11.1 rimbalzi a gara. Meritano un breve elogio anche gli altri del quintetto, abbandoniamo per un secondo Batum, che tratteremo più avanti, e concentriamoci sulla coppia Lopez.-Matthews. Robin Lopez, il gemello cattivo per intenderci anzi forse meglio dire il gemello scarso (o quantomeno considerato tale), ha svolto un ruolo chiave in questa stagione, dando quel briciolo di solidità difensiva che mancava a questa squadra; facendo un lavoro di intimidazione sotto il ferro e distribuendo ad ogni allacciata di scarpe 1,7 banane e dimostrando che forse così scarso non è. Matthews a sua volta ha mantenuto fede al suo delicatissimo compito di specialista da tre punti sugli scarichi, segnando 39,3% delle conclusioni da oltre l’arco e piazzandosi secondo come percentuale di squadra alle spalle del già citato Lillard.

 
Abbiamo deciso, in questa preview sulla serie, di esporre tre aspetti negativi e tre aspetti positivi che le due squadre potrebbero incontrare nel corso delle gare.

I CONTRO:

 -ROTAZIONI: i Blazers hanno il grossissimo handicap di avere una panchina molto corta, già in stagione regolare è apparso evidente lo scarso minutaggio e apporto di chi guardava inizialmente la gara da seduto. Certo ai Playoff in generale tutte le squadre tendono a ridurre drasticamente i minutaggi delle seconde linee, ma a Portland sembra chiaro che oltre a Mo Williams il materiale sia davvero scadente e questo alla lunga può risultare un problema primario contro una squadra, come Houston, che può vantare cambi qualitativamente e quantitativamente maggiori.
-LUNGHI: se come detto precedentemente Aldridge e Lopez hanno fatto le fortune di questa franchigia sotto i tabelloni, questo giro si troveranno ad affrontare una batteria di lunghi di primissimo livello e saranno costretti agli straordinari. L’accoppiamento con Howard non è dei più semplici per il buon Robin che potrebbe soffrire parecchio e allo stesso tempo il fatto di dover affrontare un Asik in uscita dalla panchina con le sue spiccate doti di rimbalzista e di difensore potrebbe far faticare non poco anche Aldridge.
INESPERIENZA: per capire questo punto basterebbe il titoletto, i Blazers peccano di precedenti in postseason, la squadra è giovane e dall’altra parte ci sono due che il titolo lo hanno già annusato da vicino.

 I PRO:


INESPERIENZA: abbiamo appena chiuso parlando di questo fattore in ottica negativa, ma girando la frittata è facile intuire che quel pizzico di incoscienza giovanile misto alla consapevolezza di non aver nulla da perdere possa dare agli uomini di Stotts una carica positiva. Insomma è un’arma a doppio taglio.
-CLUTCH: come già trattato Portland, nella figura di Lillard ma non solo, è una delle squadre con più sangue freddo nelle vene; nei finali di gara punto a punto sono la tipica franchigia che non vorresti mai incontrare perché in grado di vincere la partita in tutti i modi. In una serie dall’aspetto equilibrato e con corse al fotofinish, il temperamento rettiliano di quelli dell’Oregon può giocare un ruolo chiave.
-TALENTO: offensivamente a Ripcity non hanno nulla da invidiare a nessuno e la grande capacità di segnare complessi tiri contestati può spezzare le gambe anche al più arcigno difensore, figuriamoci ai Rockets. Un grande attacco ha sempre la meglio su una grande difesa.

 

FATTORE X:

il ruolo chiave della serie per i Blazers lo avrà Batum. Giocatore all-around se ce n’è uno. Il francese è il vero e proprio ago della bilancia di Portland, non a caso (statistiche alla mano) ha prodotto quasi 15 delle vittorie stagionali di squadra. In grado di ricoprire alla grande qualsiasi casella statistica e di fare ancora di più a livello di impatto, il numero 88 sarà impegnato nel delicato scontro diretto con Parsons, una sfida nella sfida che potrà spostare gli equilibri di un’intera serie.

 IL PRONOSTICO part I

 

Ovviamente essendo questa la parte dedicata a Portland ed essendo io un inguaribile romantico la scelta non può che ricadere in un trionfo da parte del “miglior amico”: 4-2 Blazers. A parere di chi sta scrivendo nell’Oregon ci sono tutte le carte in regola per poter passare questo primo turno, nonostante i precedenti non siano confortanti in questo senso. Aldridge nelle quattro sfide in regular season ha messo insieme statistiche impressionanti con 26.8 punti e 15.5 rimbalzi, dimostrando di sentire (da buon nativo di Dallas) la rivalità con i Rockets. Lillard invece ha sofferto maggiormente l’accoppiamento ma in postseason è tutta un’altra cosa.

HOUSTON, ABBIAMO UN CENTRO!

 

Luglio 2013, la piazza del centro di Houston conta 10.000 persone. Una folla composta dai tifosi in maglia Rockets accorsi per vedere la presentazione di Dwight Howard. Il sorriso di Superman da quel palco è luminoso, sono passati pochi mesi da quando ha lasciato i Los Angeles Lakers. In California aveva trovato la Kryptonite, acutizzando i suoi problemi alla schiena e sbattendo più volte la testa contro la leadership di Kobe Bryant. Aveva già deciso che lì non sarebbe rimasto, tra le spasimanti interessate ai suoi superpoteri c’erano anche Dallas, San Antonio e Atlanta. Ma Houston era la piazza migliore. Oltre a ricevere un max contract da 87 milioni di dollari per quattro anni, una fornitura illimitata di profilattici e un appello da parte di Jim Parsons (attore che interpreta il nerd Sheldon Cooper nella serie TV Big Bang Theory), c’erano quei 10.000 fan,  un comitato di accoglienza e un’ atmosfera positiva. Niente fischi, niente insulti. E c’era la possibilità di ripartire da zero, chiudendo la pagina Lakers. Da quel palco, il sorriso di Superman era un simbolo di buon auspicio.

Aprile 2014, quasi un anno dopo i Rockets sono sulla cresta dell’onda. Le buone premesse di luglio si sono tradotte in un bilancio finale di 54 vittorie e 28 sconfitte, 10 w in più rispetto alla scorsa annata. La convivenza James Harden – Dwight Howard è più che riuscita, ci sono un paio di giocatori che rendono al massimo con il minimo della spesa, vantano il quinto attacco NBA e sono la seconda difesa della lega in situazione di post up. Eppure, il cammino verso i playoff di Houston, non è mai stato una passeggiata in questa stagione. In primis per il nome di Dwight Howard che porta con sè grandi aspettative mescolate ad un velo di scetticismo. In secondo luogo, l’esecuzione in attacco, spesso poco fluida e arroccata sugli isolamenti del Barba. Passando sempre dal go-to-guy di Houston, il terzo problema della squadra è la difesa sugli esterni. Lenta, pachidermica, sia in uscita dai blocchi, dove i ragazzi di McHale sono la quarta peggiore difesa NBA e sia su passaggio consegnato, situazione di gioco in cui i Rockets proteggono male( al 28° posto in questo specifico settore) e concedono troppo.

GIOCATORI CHIAVE:

Houston si muove sul tandem H&H, coppia che gioca il pick and roll a regola d’arte e lo applica così bene da consentire ai Rockets di essere la quinta squadra più produttiva della lega con 0,92 punti per possesso ogni volta che viene eseguito. L’impatto di Harden sulla gara è cambiato in meglio, specialmente in cabina di regia. Considerato che McHale lo utilizzava spesso come portatore di palla anche la scorsa stagione, qualche progresso nella gestione di gioco si è visto. Forza di meno( e ciò non vuol dire che abbia smesso di forzare) e crea di più( cosa che fa con meno frequenza da quando è a Houston, complice la naturale transizione da facilitatore quale era ai Thunder a scorer e prima opzione offensiva quale è ai Rockets). Il Barba ha chiuso la Regular Season viaggiando ad oltre 25 punti (settimo realizzatore della lega), 4.7 rimbalzi e 6.1 assist a partita. Negli scontri diretti( che vedono Houston come favorita), i Blazers non hanno trovato una vera soluzione per contenere Harden. Con Matthews e Batum entrambi andati sotto nel tentativo di limitare le sue scorribande o coprire i tiri da fuori. I Rockets  hanno cavalcato il match-up con Batum appena ne hanno avuto la possibilità. Contro il francese il Barba è riuscito ad imporsi agevolmente spalle a canestro, ha tirato dalla lunga distanza con un perentorio 4/4, dominando su ogni zona della metà campo avversaria.

Il secondo violino del tandem targato Rockets sta lentamente riprendendo le sembianze del giocatore che era, cominciando dalla protezione del pitturato, zona in cui in questa stagione è stato per lunghi tratti l’intimidatore numero uno di Houston. Quarto rimbalzista della lega con 12.5 palloni catturati, Superman ha riacquistato quella sicurezza nel subire il contatto per cercare il fallo in attacco o proteggere il ferro in difesa, che non aveva da tempo. I dolori alla schiena non sono spariti, ma il fatto che non giochi più al risparmio è un buon segno per Houston e per la ripresa di un giocatore che vuole tornare a dominare questa lega. Gli accoppiamenti del front-court negli scontri diretti hanno visto Howard fare la voce grossa contro Lopez. Per il gemello capellone, 42 punti e 3 stoppate subite nei 29 minuti e spiccioli di marcatura su Howard.

A proposito di giocatori decisivi, il terzo che viene in mente è Chandler Parsons. Ala piccola di 2.06m che all’occorrenza può giocare anche da 4, punisce le difese avversarie sia dalla lunga distanza che dal mid range, sa giocare spalle a canestro con ali piccole sottodimensionate e possiede un alto QI cestistico( con cui si fa pescare nel posto e al momento giusto). Quanto costa a Houston? Solo $925, 600, una spesa minima per una resa massima. Parsons è solo al terzo anno nella lega e questa estate il front office di Houston dovrà decidere  se esercitare la team option e rendere Parsons restricted free agent in luglio( valutando se vale la pena pareggiare l’offerta di altre squadre) oppure lasciare l’ ex Florida Gators  a libro paga e farlo diventare unrestricted free agent a luglio 2015.

FATTORE X


E’ stato oggetto di un accesso dibattito nei giorni che precedevano la trade deadline. Tutti pensavano che avrebbe fatto i bagagli dal Texas, invece è rimasto e con ogni probabilità sarà il giocatore che muoverà l’ago della bilancia in favore dei Rockets. Omer Asik ha avuto stagioni migliori in NBA, non solo per il minutaggio in calo e il declassamento  a terzo centro nelle rotazioni. Il turco si aspettava maggiore fiducia da coach McHale, alla luce delle ottime cose mostrate la stagione precedente( chiusa in doppia-doppia di media) ma in parte a causa dell’arrivo di Superman, non è arrivata. In regular season, nonostante sia stato relegato come secondo centro in partenza dalla panchina, ha continuato ad avere un ottimo impatto sulla gara, specialmente in chiave difensiva. Infatti è qui che Asik farà la differenza in questa serie. Il primo nemico pubblico dei Rockets sarà Lamarcus Aldridge, perché tra i lunghi a disposizione dalla panchina (Oberto,Motlejunas,Jones) l’unico che può aiutare Howard a contenere l’ondata offensiva di LMA è proprio Asik. Per limitare il suo temibile jump shot, ma anche per raddoppiarlo prima che concluda al ferro.

PRONOSTICO part II:

Game 1: POR at HOU| Sun., Apr. 20, 9:30 PM ET |
Game 2: POR at HOU| Wed., Apr. 23, 9:30 PM ET |
Game 3: HOU at POR| Sat., Apr. 25, 10:30 PM ET |
Game 4: HOU at POR| Mon., Apr. 27, 9:00 PM ET |
Game 5: POR at HOU| Wed., Apr. 30 | If Needed
Game 6: HOU at POR| Fri., May 2 | If Needed
Game 7: POR at HOU| Sun., May 4 | If Needed

Penso che sarà la serie più avvincente del primo turno. Livello di hype: voto 9!. Portland  in fase offensiva è una macchina con tutti gli ingranaggi ben oliati, nella propria metà campo, invece, ha molte ombre.  Negli scontri diretti, Harden e Howard hanno banchettato. Il primo usando i blocchi e cercando spesso di andare in lunetta, il secondo fornendo una combinazione di velocità e potenza sotto canestro che Lopez non è riuscito a contrastare.

Dall’altra parte, Houston perde più palloni di qualsiasi altra squadra( fuorché i Sixers), non hanno grandi difensori sul perimetro a parte Beverly e soffriranno a rimbalzo.

A mio avviso, per capire che piega prenderà la serie si passerà dal jump shot di Aldrige e dalla capacità di Houston di reagire al pick-and-pop che gioca con Lillard, ma in linea di massima penso che i Rockets abbiano qualcosa di più da entrambi i lati del campo, ergo il mio pronostico è 4-3 Houston. Sognare ad occhi aperti è bello, ma la vita non è un film e alla fine il Quaterback dagli occhi blu ha (quasi sempre) la meglio.

Scritto in collaborazione con Michelangelo Mion*

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Pubblicato da
Pietro Caddeo

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