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San Antonio Spurs – Dallas Mavericks, analisi di gara 1!

112. 116. 112. 109. Nessun numero d’emergenza, nessun prefisso telefonico casuale. Questi sono i punti che gli Spurs hanno messo a referto contro i Mavs nei 4 episodi giocati in Regular Season. Unendo questo dato alle grandi capacità realizzative messe in mostra (soprattutto nel post All-Star Game) della squadra di Marc Cuban, tutti sembravano concordi nel pronosticare una gara (e più in generale una serie) “giocata all’attacco”, di quelle in cui l’importante è provare a segnare un canestro in più dell’avversario.

Coach Carlisle però, visti i pessimi frutti raccolti in stagione perseguendo questo mantra, in gara 1 ha deciso di cambiare approccio. Di provare a sorprendere l’avversario. Riuscendoci, per buona parte dell’incontro, e perdendo l’abbrivio proprio sul rettilineo finale, in quegli ultimi 8 minuti di partita malcontati in cui la difesa di San Antonio ha stretto le sue maglie attorno ad un già claudicante attacco, concedendo la miseria di un solo canestro dal campo a Nowitzki e soci.

La chiave difensiva dei Mavericks è stata tanto semplice quanto efficace: cambiare su ogni p&r, mandando il lungo (molto spesso proprio Nowitzki) su Parker, portandolo ad essere più finalizzatore e molto meno distributore di gioco.

E in un primo momento il leitmotiv della partita è stato questo, con il franco belga continuativamente protagonista di ripetute scorribande al ferro. Nel fotogramma sopra riportato accoppiato con Dalembert, lo attacca e con un sottomano segna il primo canestro della serie. Altro esempio

P&r laterale, Parker accoppiato stavolta con il lungo tedesco (nel cerchietto rosso), Duncan è uscito dall’area proprio per liberare spazio alla penetrazione del proprio playmaker. Altro appoggio al tabellone, scrivere 2.

Tutto questo però ha generato i frutti che Carlisle sperava di ottenere, tenendo i Mavericks a contatto (ed anche avanti) per quasi tutta la gara, nonostante la pessima prestazione al tiro dei due uomini chiave (8/28 dal campo per la coppia Ellis-Nowitzki).

Il problema offensivo che questa situazione ha creato all’interno dell’attacco Spurs è ben palesato dalla tabella sotto riportata:

I ragazzi di coach Popovich, attratti da questa possibilità di attacco diretto sul cambio nel p&r, hanno totalmente “sbilanciato” la distribuzione dei tiri, perdendo quell’armonia offensiva, marchio di fabbrica dei nero argento. Un esempio per tutti: raddoppiati gli attacchi in isolamento (che generano il minor valore di Punti Per Possesso, solo 0,89) e dimezzati quelli da Spot-Up (che di PPP ne generano ben 1,06).

L’1/10 dal campo messo insieme dal trio Belinelli/Green/Mills è la conferma finale dell’assunto precedentemente esposto. Fuori ritmo ed in generale fuori dalle dinamiche offensive di un attacco che ha mandato a bersaglio soltanto 3 delle 17 triple tentate.

La domanda allora sorge spontanea: come hanno fatto a vincere? 

Hanno vinto (per una volta) “alla Miami Heat”, “alla OKC”, ossia affidandosi ai propri Big Three, trascinatori rispettivamente con 27,21 e 17 punti. Il 72% totale dei punti della squadra, degno dei migliori James, Wade e Bosh.

Proprio il tipo di incontro in cui i Mavericks confidavano. Sfuggitogli di mano per meriti difensivi degli Spurs, ma anche a causa di un paio di errori banali nei pressi del ferro. Consolarsi per le ottime prestazioni in uscita dalla panchina di Harris e Wright è un bottino davvero troppo misero per chi sa che occasioni del genere in una serie playoff non capitano molto spesso. Anzi.

Stanotte è già tempo di riprovarci però. E noi non vediamo l’ora di goderci come andrà a finire.

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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