Se fino a ieri era necessario lanciare il dado per ipotizzare chi fosse la favorita tra Indiana e Atlanta, adesso il pronostico appare più semplice. Come nelle grandi corse a tappe i Pacers hanno aspettato la salita per cambiare passo, e di colpo gli Hawks si sono ritrovati costretti a pedalare forte per riuscire a giocarsi il destino in volata. Si riparte stanotte da un sacrosanto 2-2, condizione paritaria soltanto in apparenza. A stravolgere l’inerzia di un film dalla trama controversa ci hanno pensato i leader maximi della combriccola di Vogel. Il talento di George e la solidità di West sono i messaggi più intimidatori che i campioni della Eastern Conference potessero inviare alle dirette concorrenti. Una squadra morta è tornata a lottare con il coltello tra i denti, imparando a convivere con i propri problemi e aggirandoli con il cinismo. Già, perchè la Indy formato playoff è questa: rude, poco spettacolare, ma terribilmente concreta. Prendere o lasciare.
Il centro di gravità attorno al quale ruotano le ambizioni da titolo si chiama Roy Hibbert. Il giamaicano, dopo settimane passate ad oscillare tra il deludente e l’imbarazzante, sembra essersi svegliato dal letargo. In Gara 4 abbiamo assistito ad “assaggini” di un armadio che, se recuperato al 100%, si confermerebbe devastante. La lavata di capo lo ha ferito nell’orgoglio e il processo di rilancio (seppur graduale) invita il pubblico della Bankers Life Fieldhouse alla massima prudenza. Se Hibbert va atteso, David West ha già fatto irruzione. Una figura così carismatica non poteva reagire con indifferenza alla crescita di Scola. La concorrenza dell’argentino, quasi “minacciosa” per quanto prepotente, ha riacceso il killer instinct del ragazzotto del New Jersey. La firma in calce sul trionfo di sabato è sua, con tanto di file audio in allegato contenente un ruggito da destinare alla panchina.
Il grilletto inceppato, al momento, è quello di Lance Stephenson. Mister tripla doppia ha sparato a salve nell’ultima passerella, facendo dormire sonni tranquilli ad un Korver capace di ben figurare anche in difesa. “Born Ready”, però, è un pozzo di risorse e può attingere al suo infinito bagaglio tecnico rendendosi utile in mille modi. Come? Catturando rimbalzi (lo fa già); distribuendo cioccolatini ai compagni (intesi come assist); oppure perdendo qualche pallone in meno (l’istinto spesso lo porta ad eccedere). Smussando questi angoli, il prodotto finale rischia davvero di sfiorare l’eccellenza.
Se entrate negli spogliatoi della Philips Arena e sul muro notate qualche crepa, beh, sappiate che c’entra qualcosa la capoccia di Mike Budenholzer. Il coach di Atlanta non si dà pace per aver buttato via un’occasione irripetibile. Gara 4 si era incanalata su binari favorevoli, fino a quando i suoi soldati non hanno deciso di mollare il colpo. Adesso è tutto da rifare. L’allievo di Popovich deve escogitare qualcosa di nuovo per demolire il fortino dei Pacers. Il bombardamento asfissiante da dietro l’arco ha provocato goduria intensa finchè l’effetto sorpresa è rimasto intatto, ma l’impressione è che dall’altra parte della barricata si siano ingegnati per trovare delle contromisure. Lo stesso Teague ha visto i sorci verdi quando tra lui e il canestro si è palesata la sagoma di Paul George. L’unica certezza, fonte inesauribile di miracoli, risponde al nome di Paul Millsap. Impiegandolo nel doppio ruolo di ala grande-centro, a Budenholzer si aprirebbe la prospettiva di far rifiatare l’inconcludente Antic. Elton Brand avrà pure poca birra in corpo, ma sa come comportarsi quando la palla scotta. Perchè ad Indiana l’atmosfera sarà così, bollente. E con il fuoco è meglio non scherzare.