Nel giorno della protesta contro le dichiarazioni di Sterling svelate dalla stampa, i Clippers cadono nella Oracle Arena sotto i colpi dei Warriors, guidati da un implacabile Steph Curry. La sfida torna ad accendersi e, con il ritorno allo Staples Center, la squadra di Doc Rivers deve scrollarsi di dosso il passato e cercare di mettere la testa avanti per usufruire del fattore campo contro una compagine che sembra non aver finito gli assi nella manica.
TOP
Stephen Curry: Il ragazzo da Davidson mette subito le carte in tavola e tira fuori la prestazione che forse era mancata ai Warriors in questo inizio di playoff (forse anche per la difesa messa in campo da Rivers). 10-20 dal campo e 7-14 dall’arco, conditi da 7 assist e giocate dall’immenso valore sia in attacco che in difesa. Le palle rubate sono un fattore che potrebbe mettere in difficoltà i lunghi avversari e se Curry continua ad essere questo, allora Rivers dovrà risolvere un rompicapo abbastanza complicato. Torcia umana.
Andre Iguodala: Se non è condizionato da problemi di falli, allora diventa un fattore decisivo. Jackson decide di far partire le azioni dalle sue mani per consentire a Curry maggior libertà in uscita dai blocchi, e lui non tradisce la fiducia del coach. Organizza, attacca, tira con ottime percentuali e si conferma una potenza difensiva, che porta a tanti contropiedi e galvanizza la squadra intera. Fattore.
Draymond Green: Nonostante la relativa altezza, riesce a giocare in tutte le posizioni e fornisce un apporto decisivo soprattutto nella propria metà campo. Lottatore come pochi, riesce a tenere a bada per lunghi tratti giocatori più esperti, grossi e potenti di lui, facendoli penare anche dall’altra parte e costringendoli ad uscire spesso dall’area di competenza. Poliedrico.
Blake Griffin: Nonostante la prestazione sottotono dell’intera squadra, Griffin ha dimostrato di essere il vero unico fattore per cambiare le partite a favore dei Clippers. Nei momenti in cui era fuori i suoi hanno penato e la sua migliorata capacità in post, con l’aggiunta del tiro dalla media distanza, hanno messo praticamente sempre in crisi i Warriors, ancora in cerca di una reale soluzione. Il suo limite sono i falli ma ,se indottrinato a dovere, potrebbe diventare una vera macchina da guerra. Unstoppable.
Jamal Crawford: Il re dell’uno contro uno torna in pista con una prestazione sublime, condita da tiri (ovviamente segnati) al limite del paranormale. Sembra l’unica vera minaccia all’inizio infuocato di Curry e prende le redini della squadra vista anche l’assenza prolungata di Paul per falli. Nonostante un 3-10 dalla linea dei tre punti, mette insieme 26 punti che aprono in parecchi momenti della partita delle finestre di salvataggio per i suoi. Giocoliere.
FLOP
Chris Paul: I meri numeri direbbero il contrario, ma nonostante stia continuando a tirare bene, il giocatore con la casacca n°3 non rende nell’ambito in cui dovrebbe eccellere. Troppe palle perse e decisioni affrettate rendono alcuni momenti della partita troppo neri per i Clippers, che avrebbero potuto rimettersi in carreggiata almeno 2 o 3 volte in quel di Oakland. Tutti si aspettano prestazioni super da lui, ma con dei compagni all’altezza, dovrebbe solo amministrare meglio e inserirsi negli schemi al momento giusto. Fantasma.
DeAndre Jordan: Ce la mette tutta con il suo atletismo ma le troppe lacune si sentono e danno vita anche ad alcune palle perse che portano gli avversari dritti a canestro. In fase difensiva mancano gli aiuti fondamentali e se un intimidatore come lui non migliora questo lato del gioco ha vita breve. Baobab.
Donald Sterling: Nella partita che poteva ammazzare la serie, il proprietario dei Clippers ammazza i suoi uomini con frasi alquanto inquietanti. I giocatori protestano silenziosamente ma il contraccolpo psicologico non può mancare. Non tutti i problemi derivano da questa situazione, ma un calcetto Sterling lo ha dato di sicuro. Imbarazzante.