Rivoluzione Golden State: licenziato Mark Jackson

L’ipotesi era ventilata già da tempo ed era diventata insistente già all’indomani dell’eliminazione della squadra dalla post season, ma lascia comunque in parte stupiti: la dirigenza dei Golden State Warriors ha annunciato di aver preso la decisione di interrompere il proprio rapporto di lavoro con il capo allenatore Mark Jackson. Per il Reverendo, com’è soprannominato per la sua attività di pastore, l’avventura come head coach della franchigia della Bay Area termina dunque qui, dopo 3 stagioni più che positive, in particolar modo le ultime due, in cui Jackson non solo ha risollevato una squadra ormai abitualmente fuori dal giro dei playoff, ottenendo i migliori record stagionali dai tempi eroici dei Run TMC (risaliva al 1994 l’ultima apparizione oltre le 50 vittorie stagionali), ma è riuscito anche a raggiungere il secondo turno la passata stagione e a portare i favoriti Clippers a gara 7 nella post season in corso; inoltre, il coach aveva impiantato in una squadra a vocazione spiccatamente offensiva una difesa molto più che decorosa, soprattutto nell’ultima stagione (con Bogut e Iguodala a inizio stagione Golden State aveva addirittura la terza difesa della Lega). Il record finale parla di 121 vittorie a fronte di 109 sconfitte sulla panchina gialloblu.

Il passo indietro nella voce risultati rispetto al 2013 (nonostante l’importante inserimento di Andre Iguodala, peraltro) sembrerebbe comunque non bastare a spiegare il licenziamento, probabilmente motivato solo in parte da motivi tecnici: erano ormai noti i cattivi rapporti di Jackson con buona parte del suo stesso staff (in particolare con lo specialista difensivo Darren Erman e con l’ex giocatore Brian Scalabrine, mandato “in esilio” nella squadra satellite di D-League per averne criticato l’approccio), nonché con lo stesso proprietario Joe Lacob e con suo figlio Kirk, che detiene il posto di assistente GM (i quali, curiosamente, lo scelsero come primo coach da loro assunto dopo l’acquisizione della franchigia). Da un punto di vista prettamente tecnico invece sembrerebbe essere imputato all’ex playmaker dei Knicks gli eccessivi isolamenti, soprattutto per Stephen Curry, al cui rendimento la squadra sarebbe stata troppo legata, e le rotazioni piuttosto variabili e non sempre precise o condivise.

Da ricordare infine che a fronte di relazioni non sempre facili con i membri dell’organizzazione, Jackson poteva vantare un rapporto molto stretto con quasi tutti i suoi giocatori, e in particolar modo con la stella designata Steph Curry, che l’ha sempre difeso, allontanando ogni ipotesi di un cambio nella panchina della squadra: la scelta dunque potrebbe rivelarsi non priva di strascichi e forse addirittura di risentimenti. Dal canto suo invece, dopo il buon lavoro svolto sulla Baia sembra difficile che il Reverendo rimanga a lungo disoccupato.

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Pubblicato da
Giacomo Sordo

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