Categorie: playoffs 2014

Top & Flop Miami Heat – Brooklyn Nets, le pagelle di gara 5 & il pagellone finale della serie

I Miami Heat avevano sulla racchetta la palla per il game, set & match e davanti al proprio pubblico (per la verità all’inizio un po’ latitante, ma il ritardo alla partita è un must di South Beach e, con il paradiso che hanno, come far loro una colpa) non hanno fallito l’occasione, soffrendo non poco ma conquistando in rimonta gara 5 e serie. Ultime pagelle dunque per questa semifinale di conference, le quali vedranno sia il voto per la singola partita che il voto finale di ciascuno dei suoi protagonisti.

 

MIAMI HEAT

Lebron James: 8. Dopo l’exploit di gara 4 il Prescelto non parte benissimo, provando a coinvolgere di più i compagni ancora una volta non nella miglior serata in carriera e rimanendo piuttosto silenzioso. Poi, mentre i Nets crescono e prendono un po’ di margine, gli deve arrivare all’orecchio qualche critica per la scarsa presenza, perché nel secondo tempo e in particolare nell’ultimo quarto cresce notevolmente di rendimento, guadagnandosi una marea di falli e frequenti viaggi in lunetta che converte con precisione militare, mettendo anche una tripla pesantissima che lancia la rimonta e giocando anche due possessi difensivi da vero fuoriclasse, con la stoppata e poi il recupero nei secondi finali sempre ai danni di Joe Johnson. VOTO FINALE: 8. Vince una partita praticamente da solo, stecca in parte solo una gara (mettendo peraltro comunque 28 punti), che infatti coincide con l’unica sconfitta, e chiude la serie di prepotenza con giocate decisive su due lati del campo in quest’ultimo episodio: per i Nets cercare di contenerlo è come provare a proteggersi da un uragano con un ombrellino.

Dwyane Wade: 8. L’avvio di Miami, e in generale il primo tempo, non è dei migliori, con pochissimo ritmo in attacco e percentuali dalla lunga inguardabili (una sola tripla messa a segno nella prima metà di gara); nessun problema, ci pensa il leader carismatico a togliere le vesti del Wade attuale per tornare per 24 minuti il Flash di un tempo, la macchina da punti in grado anche di metterne 20 in 15 minuti in campo. Eguaglia il record stagionale di score in una metà di gara proprio quando i suoi hanno più bisogno di canestri: se non è un leader questo, qualcuno spieghi che cos’è. VOTO FINALE: 7.5. D-Wade gioca in generale un’ottima serie, segnando magari non tantissimo ma con grande costanza e buonissime percentuali: il jumper gli viene spesso concesso dalle difese che incontrano gli Heat, se lo manda a bersaglio con questa continuità sono cavoli amari per tutti. Piazza inoltre alcune giocate decisive nelle varie gare, per poi incorniciare il tutto tenendo in partita i suoi praticamente da solo nel primo tempo di gara 5: assolutamente insostituibile.

Chris Bosh: 7. Si trova anche lui infognato nel vasto gruppo di Heat in difficoltà a inizio gara, ma esce benissimo dalle sabbie mobili con una reazione d’orgoglio e, sopratutto, con alcune triple pesantissime durante la rimonta dell’ultimo quarto. Chiude addirittura con 4/6 da 3, percentuali da vero tiratore: e dire che a inizio carriera sì e no che ci andasse fuori dall’area. VOTO FINALE: 6.5. In generale CB4 non gioca di sicuro la serie della vita: dopo due buone gare d’esordio, si perde un po’ nei meandri della Mela, ritrovando la retta via solo con l’aria salmastra della Florida. Pecca soprattutto di continuità anche nella singola gara, ma ha l’indubbio merito di farsi trovare sempre pronto quando serve, anche in una partita piuttosto deludente come gara 4, decisa dalla sua tripla dall’angolo. Può dare di più alla causa soprattutto ora che il livello e l’intensità si alzerà inesorabilmente, ma finché si improvvisa clutch player con questa precisione, gli Heat potrebbero pure accontentarsi…

Ray Allen: 7. L’esempio vivente del proverbio secondo cui il lupo perde il pelo ma non il vizio: infatti il buon Jesus Shuttlesworth torna sul luogo del delitto, facendo esplodere l’American Airlines Arena con una tripla dall’angolo che magari non avrà il peso specifico della sua gemella più famosa, ma risulta allo stesso modo decisiva su partita e serie. Fino a quel momento tra l’altro gioca una gara piuttosto anonima, ed è addirittura 0/6 dall’arco al momento di scoccare quel tiro: he really got game, decisamente e non solo per soprannome post esperienza cinematografica. VOTO FINALE: 6.5. Anche lui non è sempre determinante come in gara 5 (non lo è nemmeno per gran parte di gara 5, per la verità), ma gioca almeno una gara di altissimo livello (la prima) e non demerita praticamente mai, anche quando gli altri “gregari” faticano parecchio. E considerare Allen tra i gregari è un lusso più unico che raro, confermato dalla perla che decide partita e serie.

Heat supporting cast: 4. Già pochissimo in sé, se poi si toglie dal mazzo il già citato Allen resta veramente un pugno di mosche: la miseria di 10 punti, dicasi 10, in 6 giocatori che calcano il parquet oltre ai Big Three e Ray. Lebron ne ha appena fatti 49 e dovrebbero avere tutti più spazi e buoni tiri, ma non vedono il canestro neanche per errore e tocca di nuovo fare tutto il lavoro ai soliti noti: in attesa della Finale di Conference, un elemento su cui riflettere parecchio, al momento la vera incognita nella strada verso il threepeat. VOTO FINALE: 5. Alzano un po’ la media le prime due buone gare a Miami, ma con l’approdo a New York per il resto della serie sono quasi totalmente desaparecidi. Se dovessero incontrare le panchine lunghe e fornite di Indiana, seppur altalenante, e soprattutto di San Antonio in una eventuale e possibilissima rivincita delle scorse Finals, il confronto sulla carta potrebbe risultare impietoso e potenzialmente determinante, in negativo.

Erik Spoelstra VOTO FINALE: 6. Menzione d’onore al coach, che mette in bacheca un’altra serie vinta nella sua fin qui invidiabile carriera (certo, la fuoriserie che ha per unica squadra allenata finora nei playoff aiuta non poco il suo curriculum), anche se si limita al compitino tattico, agevolato da dei Nets che non hanno certo armi strategiche e di gioco devastanti e che riesce spesso a domare con il solo talento puro e i meccanismi ormai oliati. Merito di motivare efficacemente i suoi ragazzi anche in partite che si potevano benissimo perdere come le ultime due, ma in generale la sua mano non è così determinante e strappa la sufficienza per il risultato ottenuto più che per effettivi meriti personali.

 

BROOKLYN NETS

Deron Williams: 6.5. In quest’ultima gara di non ritorno D-Will batte finalmente un colpo, giocando un partita un po’ fuori dai riflettori ma comunque efficace e portando il suo contributo alla causa. Non è la prestazione delle vita e ci si può legittimamente aspettare anche di più, ma avesse giocato sempre anche solo così già sarebbe stata tutta un’altra serie per Brooklyn, che non a caso ieri è andata a un paio di minuti dal tornare al Barclay Center. VOTO FINALE: 5. Due buone gare per aprire e chiudere la serie, ma in mezzo tanta confusione e pochissimo ritmo in attacco, con la poco edificante ciliegina della disastrosa virgola in gara 2. Apparso molto in calo, con una squadra che potrebbe benissimo disgregarsi vista l’età media del suo nucleo, il GM Billy King si troverà una bel cubo di Rubik da risolvere quest’estate: puntare ancora sull’indubbio talento di D-Will per il futuro o provare a disfarsene dopo le ultime uscite? Auguri, Billy…

Joe Johnson: 8. Aveva ricevuto qualche critica per l’ultimo quarto deludente di gara 4, probabilmente se la lega al dito e tra terzo e ultimo periodo in questa gara 5 a tratti è quasi immarcabile, regalando ai suoi un margine rassicurante che sembra presagire il ritorno sull’Hudson. Sparisce un po’ negli ultimi minuti e guarda caso gli Heat rimontano, inoltre ha sulla coscienza un paio di possessi offensivi andati male (stoppata e palla persa nei secondi finali): episodi che comunque macchiano solo relativamente una prestazione nel complesso ottima, certamente la sua migliore della serie. VOTO FINALE: 6.5. Non conosce mezze misure: gioca due gare eccellenti (gara 3 e 5) e tre invece molto più complicate nonostante tabellini mai completamente da buttare. Peccato non essere riuscito a dare continuità alle due partite migliori, ma rimane comunque l’elemento dei Nets più affidabile offensivamente in ogni episodio: con questi Heat sarebbe servito il miglior Johnson possibile sempre, ma non si può dire che in generale abbia demeritato, e sembra ancora il go to guy anziano con più cartucce ancora in canna.

Paul Pierce: 7. Assolutamente nessun dubbio sul carattere vincente di The Truth, che anche con le spalle al muro prova a reagire e ad aggiustare le cose con una buonissima prestazione che tiene avanti i suoi per tre quarti e mezzo prima di capitolare. Anche in difesa la marcatura su Lebron lo costringe a spendere qualche fallo di troppo ma stavolta riesce quanto meno a contenerlo (James mette 15 punti su 29 dalla lunetta). VOTO FINALE: 6. Serie tutto cuore per l’ex Boston, parso tecnicamente e atleticamente in difficoltà ma comunque in grado di giocare cinque partite più che dignitose con l’orgoglio e la voglia che ne hanno fatto un campione riconosciuto. Ha lasciato i suoi Celtics dopo una carriera in biancoverde per provare l’ultimo assalto al titolo, le cose non sono andate come sperava e gli anni ormai avanzano: qualcuno parla già di possibile ritiro, ha dimostrato di poter essere ancora molto utile, magari con ruolo più defilato rispetto ad ora.

Kevin Garnett: 4.5. A rimbalzo si sbatte anche (anche perché spesso è l’unico lungo in campo dei suoi), ma in generale un’altra prova assolutamente impalpabile per KG, ormai del tutto estraniato dal gioco offensivo dei Nets, che non prova nemmeno a coinvolgerlo (solo 3 tiri presi). Chiude serie e forse carriera in maniera mesta e anonima, proprio contro una squadra che in teoria avrebbe dovuto dargli grandi motivazioni. VOTO FINALE: 4. Cinque partite quasi identiche, con pochissimi guizzi e tantissimo encefalogramma piatto: a questo livello ormai fatica enormemente, e non a caso le voci su un suo possibile ritiro sono diventate insistenti già all’indomani della chiusura della stagione, nonostante un bel contrattone ancora in essere. Una stagione storta non rovinerà certo una carriera da incorniciare sia da un punto di vista individuale, sia per quanto riguarda i risultati di squadra, ma sarebbe un vero peccato chiudere in questo modo.

Nets supporting cast: 5. Se la panchina degli Heat è stata quasi sempre spettatrice non pagante, non molto meglio han fatto gli ospiti, autori di una prova solo di poco superiore e in generale quasi ininfluente sulle sorti della gara, nel bene prima e nel male poi. Anche il fin qui sempre positivo Shaun Livingston si è visto solo in un paio di canestri in post up, fallendo anche un tiro importantissimo nell’ultimo minuto dalla stessa posizione; gli altri han combinato ancora meno, e non ha aiuto l’esasperato small ball tentato da Kidd, che ha portato i Nets a giocare senza lunghi per molti spezzoni di gara, senza raccogliere frutti in attacco. VOTO FINALE: 5.5. Ottimi solo in gara 3, i gregari dei Nets in generale non hanno rispettato le attese di chi aveva indicato la profondità della panchina come possibile importante punto di forza di Brooklyn contro i più quotati bicampioni in carica. Nell’arco delle cinque sfide si salva pienamente il solo Livingston, mentre per quanto riguarda gli altri rimangono alcune buone prestazioni sulla singola gara (come detto tutti nell’unica vittoria, Teletovic anche in gara 2), alternate a prove molto più incolori, comprese le ultime due gare che hanno condannato Brooklyn.

Jason Kidd VOTO FINALE: 5.5. La prima annata di Giasone sul pino è stata piuttosto altalenante: l’inizio shock, l’inversione di tendenza, gli equilibri che paiono finalmente stabiliti, i playoff raggiunti in maniera più che onorevole e il primo turno, non scontato, vinto coi giovani ed arrembanti Raptors. Con Miami però tutti i limiti di questa squadra e del suo gioco sono venuti fuori per lunghi tratti della serie: poche idee in attacco, tanto isolamento ed eccessivo uso del tiro pesante (che infatti ha generato l’unica vittoria solo quando è entrato in maniera quasi sistematica e assolutamente eccezionale), difesa non certo impermeabile e spesso arroccata in area sperando in un errore da fuori degli avversari. Kidd ha tutte le attenuanti del mondo, poca esperienza in panchina, assenze pesanti (Brook Lopez), giocatori che rendono meno di quanto potrebbero o di quanto fosse auspicabile; ma viste le difficoltà e la palese superiorità avversaria qualche mossa tattica più ardita del semplice abbassamento del quintetto andava provata nel corso della serie, altrimenti si faceva molto dura per i Nets, come in effetti è stato.

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Pubblicato da
Giacomo Sordo

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