Categorie: Road To Draft

Road to Draft 2014: Shabazz Napier

“Tra i freshmen terribili di Calipari e il trofeo c’è una sola persona”. Probabilmente la frase più ripetuta da qualsiasi commentatore alla vigilia della scorsa Finale NCAA a Dallas; ma con un fondo, e anche qualcosa in più, di verità, visto che quella persona in effetti si è messa tra Randle & soci e la vittoria, soffiando loro una gloria che sembrava già scritta. E l’ha fatto riesumando pure la biblica contrapposizione tra Davide e Golia, trattandosi di un piccoletto che però ha umiliato i giganti (in ogni ruolo) di Calipari. Federico Buffa, a una gara delle schiacciate con Javale McGee tra i partecipanti, disse che, in fondo, “nessuno tifa Golia”; e infatti all’indomani di quella gara tutti stravedono per il piccolo e vincente Davide, che in questa versione del racconto dell’Antico Testamento risponde al nome di Shabazz Napier, re per una notte come il suo alter ego lo diventò degli Israeliti. E che ora sogna di prolungare il proprio regno anche tra i Golia di professione…

 

SHABAZZ NAPIER

 Il piccolo (in ogni senso) Shabazz vede la luce a Roxbury, sobborgo a maggioranza afroamericana di Boston, nel 1991. Per la verità l’origine non è afro ma portoricana da parte di madre, ma sul parquet la differenza con i talentuosi ragazzi di colore, se anche c’è, si risolve molto spesso a suo favore: cambia un paio di high school ma da junior, a Lawrence Academy, chiude l’annata a 29-0, titolo statale e scontato MVP del torneo. Ce n’è abbastanza per attirare l’attenzione dei pezzi grossi del college basket nonostante la taglia fisica ridotta e il ruolo indefinito (gioco più da guardia, fisico decisamente da play); ma quando chiama una leggenda come Jim Calhoun, la risposta tende ad essere affermativa. Ed in effetti, oltre al piccolo freshman portoricano (che dal canto suo si adatta subito giocando una buona stagione d’esordio), UConn in quel 2010/2011 può contare su un altro primo anno di un certo talento come Jeremy Lamb e soprattutto sulla classe di un secondo fenomeno tascabile come Kemba Walker, di cui Napier è il cambio. Arrivano le Final Four, eliminata la solita Kentucky in semifinale e battuta poi la sorprendente Butler di coach Brad Stevens (sì, proprio quello dei Celtics), alla seconda finale persa consecutiva.

Forte del titolo NCAA e del Most Outstanding Player (l’MVP collegiale), Kemba se ne va a Charlotte e Shabazz ne prende il posto come titolare degli Huskies: i numeri migliorano, ma la squadra, nonostante un freshman del calibro di Andre Drummond, non fa strada nel Torneo. Ma la vera tegola arriva in off season, quando Jim Calhoun, vero e proprio allenatore di culto del college basket, decide che dopo 26 anni sulla panchina di Connecticut possa anche bastare così. Privato del coach che l’ha reclutato, Shabazz medita seriamente il trasferimento; ma dopo aver perso Lamb e Drummond, che si dichiarano per il Draft, l’ex assistente e nuovo head coach Kevin Ollie non può permettersi di perdere anche il play titolare e lo convince a restare. La prima stagione non benissimo, visto che gli Huskies nemmeno giocano il Torneo NCAA; ma la seconda, quella da senior per Napier, come si suol dire è storia, con Connecticut che non solo torna al Torneo ma lo vince pure stracciando ogni pronostico. L’eroe, come detto, è lui, autore di 22 punti con 8/16 al tiro e 4/9 da 3, a coronamento di una stagione che l’ha visto chiudere a 18 punti, quasi 6 rimbalzi, 5 assist e 2 recuperi a gara, oltre al Bob Cousy Award come miglior play della stagione e allo scontato, quasi quanto quello del liceo e di Walker, Most Outstanding Player.

CARATTERISTICHE TECNICHE

 Dopo questo exploit anche chi non segue molto il college basket avrà ormai un’idea piuttosto chiara di che tipo di giocatore sia Shabazz Napier: il nativo di Boston come detto è un playmaker, ma non necessariamente nel senso più classico del termine, visto che il suo gioco ricorda piuttosto quello di una guardia relegata alla regia per la taglia fisica ridotta (1.85 per 83 kg) più che per reali attitudini da point guard. Shabazz infatti è un ottimo realizzatore, con un shooting range praticamente illimitato, in grado di costruirsi il proprio tiro dal palleggio con un ball handling ubriacante e di scoccarlo anche contro avversari più alti (come Calipari ormai sa bene) e in situazioni di equilibrio precario con uguale efficacia. Anche col piazzato, soprattutto in transizione, è una mezza sentenza (40.5% da 3 nella stagione da senior su 215 tentativi), ma in contropiede non disdegna neanche di attaccare il ferro con la sua velocità. Nel ruolo di playmaker è un discreto passatore, ma soprattutto è un leader naturale, dalla mentalità vincente, in grado se necessario di caricarsi sulle spalle la squadra e di prendersi tiri pesanti senza esitazioni. In difesa non è certo un muro, ma compensa un po’ con le mani veloci che hanno fruttato 2 recuperi di media nell’ultima stagione, inoltre è un eccellente rimbalzista in relazione alla taglia, e non di rado va a prendersi direttamente la palla dal tabellone per poi attaccare subito in contropiede. In generale Napier è il classico “piccoletto con gli attributi”, che arriva con il carattere e la faccia tosta dove i centimetri non dovrebbero consentirgli di giungere.

A livello di college questa mentalità è riuscita appunto a coprire efficacemente i limiti fisici, i quali però rimangono il più grosso punto di domanda aleggiante sul buon Shabazz, che dovrà affrontare una fisicità ben maggiore nella Lega. E la taglia in sé sarebbe anche nulla (nulla no in realtà, ma ad esempio non è più basso di un Chris Paul, tanto per citarne uno), se non fosse per l’abbinamento con uno stile di gioco piuttosto aggressivo ma anche molto accentratore che sembra poco adatto a rivelarsi così efficace anche al piano di sopra. Nonostante possieda discrete doti di playmaking infatti, Napier tende spesso a non leggere le situazioni e a forzare molti tiri, talvolta con poco senso, ignorando i compagni e perdendo parecchi palloni (3.2 in stagione); se gli viene tolto il tiro inoltre fatica a concludere in avvicinamento, complice la solita taglia fisica e un atletismo non certo da Nate Robinson, per citare uno di stazza simile ma dotato dell’esplosività necessaria per sopperire a questo handicap in area. Ma è nella propria metà campo che arrivano le note più dolenti, considerato che se può essere fisiologico soffrire guardie più prestanti fisicamente, lo è molto meno faticare a tenere l’uno contro uno, più per scarsa dedizione che per reali possibilità. Questo difetto, dovuto più all’atteggiamento che a effettivi limiti tecnici, dovrà essere assolutamente migliorato se non vuole diventare un vero e proprio buco difensivo, riducendo così inevitabilmente il suo impiego in campo; i suoi margini di miglioramento però non sembrano infiniti, visto che a luglio, poco dopo il Draft, compirà 23 anni (Wiggins e Parker, per dire, ne hanno fatti 19 da pochi mesi), ed è un altro elemento che farà riflettere, e non poco, i dirigenti NBA.

PROSPETTIVE NBA

Questi difetti fanno sì che, pur essendo un giocatore appassionante (come hanno potuto sperimentare i tanti che l’hanno seguito in particolar modo nella Final Four), Shabazz faccia anche storcere più di qualche naso a chi deve decidere se farne un proprio giocatore o meno. Dopo il trionfo collettivo ma anche personale nel Torneo le sue quotazioni sono ovviamente andate alle stelle, ma forse proprio per questo pochi prospetti di questa annata dividono gli scout come lui, i quali si distinguono tra chi crede possa diventare un buonissimo playmaker con attitudine realizzativa (è stato accostato, potenzialmente, addirittura a Mike Bibby) e chi invece ritiene che i suoi indubbi limiti attuali siano tali da consentirgli solo una carriera di secondo piano (alla DJ Augustin, per fare un paragone meno gratificante). Subito dopo la Finale NCAA, uno del calibro di Lebron James ha sentenziato su Twitter che “in nessun modo si può scegliere un’altra PG in Lotteria prima di Napier”; non foss’altro per Smart e Exum, in realtà il senior da UConn dovrebbe andare oltre la zona lottery, finendo intorno alla 20 o addirittura a fine primo giro: oscillazioni piuttosto ampie, dovute appunto ai dubbi e alle opinioni discordanti sul suo conto. Prima del Torneo, tra l’altro, il suo nome era quasi sempre inserito nelle quasi certe second ruond pick: se il fenomeno Shabazz Napier sia un prodotto del suo stesso exploit alla Final Four, certamente eccezionale ma forse irripetibile a livello pro, o se sia un giocatore in grado di dire la sua anche in NBA probabilmente lo scopriremo solo con l’impatto sul parquet la prossima stagione. Comunque sia, qualcuno che vorrà scommettere sull’eroe degli Huskies ci sarà di sicuro (Houston se dovesse liberarsi del contrattone di Lin?), perché in fondo un piccolo Davide in grado si sconfiggere i vari Golia non si trova spesso neanche in Draft eccezionali come quello di quest’anno.

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Pubblicato da
Giacomo Sordo

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