Nessuno dei prospetti di quest’anno ha avuto una “strada verso il Draft” tortuosa come quella di Samuel Peterson “P.J.” Hairston: dopo tre anni alla Dudley High School ed uno nell’Accademia Militare di Harsgrave P.J. è approdato nel prestigioso college di North Carolina all’inizio della stagione 2011-2012. Dopo una stagione da panchinaro è riuscito a ritagliarsi un ruolo sempre più importante nella sua stagione da sophomore, partendo addirittura da titolare in un Carolina Game (uno dei due derby annui tra North Carolina e l’arci-rivale Duke), mettendo a referto 23 punti e chiudendo la stagione a quasi 15 punti di media. Pronto ad essere uno dei protagonisti dei Tar Heels nel suo terzo anno al college Hairston però non è mai sceso in campo per UNC nella stagione 2013-2014 allontanato dal team a causa di comportamenti non consoni all’ateneo: prima un arresto per guida sotto l’effetto di stupefacenti e senza patente (accuse poi cadute), poi un altro arresto per eccesso di velocità e le sue connessioni con Haydn “Fats” Thomas, lo hanno portato ad essere allontanato dal programma situazione alla quale il ragazzo si è adattato andando a giocare nei Texas Legends della D-League, di solito lega di crescita per giocatori già scelti o professionisti maturi in cerca di un contratto anche solo di qualche giorno in NBA o un posto stabile in Europa e non palcoscenico di ragazzi proiettati al primo giro del prossimo Draft. Il ragazzo però ha brillato e sembra destinato a sentire il proprio nome chiamato da Adam Silver, andiamo allora a conoscere meglio il suo gioco.
Ad 1.95 circa con un‘apertura alare di 2.05 Hairston è una guardia NBA fatta e finita, ma quello che più impressiona dal punto di vista fisico è certamente la solida struttura del ragazzo che pesa 104 kg con una percentuale di grasso corporeo del solo 8% con una parte alta del corpo particolarmente imponente anche per gli standard delle guardie NBA. Cosa più importante di tutte è però l’ottimo utilizzo che fa il ragazzo di questi suoi mezzi fisici: pur non essendo dotato di un atletismo da elite NBA P.J. non ha nessuno problema ad attaccare l’area con continuità e risulta difficilmente marcabile dagli avverari meno fisici, di cui riesce a sfruttare i contatti per conclusioni nei pressi del ferro, “and one” e numerosi viaggi in lunetta (quasi 6 a partita in D-League) che realizza con percentuali eccellenti che sfiorano il 90%. Sfrutta bene gli spazi lasciati dalle difese avversarie e approfitta della sua maggiore fisicità contro pari ruolo meno solidi e quando ha lo spazio per operare non si nega qualche giocata spettacolare come questa:
La forza maggiore dal punto di vista del gioco di Hairston è però senza dubbio il suo tiro: in transizione, dal palleggio, in situazioni di pick’n’roll, spot-up o in uscita dai blocchi poco cambia data la sua eccellente meccanica di tiro, il suo rilascio morbido e le ottime percentuali con cui realizza ogni tipo di tiro dalla media-lunga distanza. Nella più libertina D-League le sue percentuali da tre sono leggermente calate rispetto al secondo anno a UNC, ma va anche considerato il passaggio ad una linea del tiro dalla lunga distanza più lontana, alla quale tuttavia il ragazzo ha dimostrato di sapersi adattare senza alcun problema.
Possiamo vederlo in azione nel suo career high da 45 punti nel losing effort contro Reno:
come osservabile nel video P.J. è particolarmente a suo agio in uscita dai blocchi, ma è molto efficace anche in situazioni di giochi in transizione che si concludono nei primi secondi dell’azione (1:15) dove riesce sempre a farsi trovare pronto e con la mano calda quando invece non decide di attaccare direttamente il canestro (1:44), tutti aspetti molto interessanti in una NBA sempre più veloce e alla ricerca di ottimi tiratori e giocatori capaci di guadagnari tiri ad alta percentuale, come i liberi che Hairston si procaccia con continuità.
Anche dal punto di vista difensivo Hairston è un prospetto interessante quantomeno per le sue doti individuali: con le sue braccia di oltre due metri è un ottimo difensore sulle linee di passaggio catturando quasi due palloni a partita. E’ un buon difensore sulla palla, ma nonostante una migliorata velocità laterale è ancora più a suo agio nel marcare giocatori fisici, anche ali piccole, piuttosto che guardie particolarmente rapide.
Testa bassa, sguardo nel vuoto: non è raro vedere P.J. con un cattivo linguaggio del corpo
Il ragazzo però non manca di difetti: poco mobile e agile per gli standard NBA fatica a crearsi occasioni dal palleggio, dato un trattamento della palla non eccelso e una rapidità nella media, è riuscito a sopperire parzialmente a tali mancanze grazie ad altre doti al college e in D-League, ma l’NBA sarà un altro discorso e ci sono non pochi dubbi sulle sue possibilità di battere l’uomo in quel contesto. Come già detto è un giocatore poco esplosivo e potrebbe trovarsi ad avere parecchie difficoltà ad imporsi nelle aree NBA grazie solo al suo fisico, date le percentuali già non ottime con cui conclude al ferro. Con la palla tra le mani risulta anche piuttosto deludente a livello di letture, visione di gioco e scelte: pressoché nullo alla voce assist tende a forzare qualche tiro di troppo sin dai tempi di UNC e a non essere un giocatore funzionale alla coralità del gioco se non addirittura deleterio. Difensivamente è, come detto, dotato di una buona tecnica individuale, ma manca di quella comprensione del gioco che gli permetterebbe di non trovarsi così spesso fuori posizione, senza capire come muoversi e rimanendo come ipnotizzato dal portatore di palla perdendo di vista gli altri 4 uomini sul parquet. Soprattutto quando si trova fuori posizione in difesa sembra troppo spesso rinunciatario, con un linguaggio del corpo preoccupante per un futuro professionista. I già citati problemi fuori dal campo pongono poi qualche punto di domanda riguardo alla sua personalità, ai suoi comportamenti e ai problemi che potrebbe avere nelle dinamiche di spogliatoio.
P.J. Hairston compierà 22 anni la vigilia di Natale e, non solo per motivi anagrafici, non sembra avere gli enormi margini di miglioramento di altri compagni di Draft, tuttavia l’esperienza in D-League contro giocatori professionisti e l’abitudine ai tempi (i 24 secondi) e gli spazi tipici della NBA lo potrebbero rendere più pronto rispetto a giocatori provenienti direttamente dal college, attirando l’attenzione di squadre alla ricerca di un buon complemento ad una squadra già di ottimo livello tra quelle che sceglieranno dalla 24-25 alla 30-35. Migliorando a livello comportamentale, di attitudine in campo e soprattutto interpretando al meglio il ruolo di riserva al servizio della squadra potrebbe anche rivelarsi un buon realizzatore dalla panchina capace di ritagliarsi il suo spazio da role-player nella NBA dei prossimi 10 anni: perché siamo sicuri che, dopo averla già provata, P.J. Haiston non vorrà più tornare a calcare i campi della D-League.