Categorie: Road To Draft

Road to Draft 2014: Aaron Gordon

Il piccolo di casa Gordon. E’ 2.06, e i genitori non sono in piedi su una sedia

Ci sono persone che lo sport, come il ritmo, ce l’hanno proprio nel sangue. Non solo perché quando lo praticano appare evidente che ne siano particolarmente portati, ma anche e soprattutto perché quell’attitudine parrebbe effettivamente scritta nei geni. E di cromosomi intrisi di talento fisico e sportivo ne aveva parecchi Ed Gordon, nipote di un nativo americano di 2.15 (a inizio Novecento, quando essere 1.80 dava adito a sospetti di gigantismo), che negli ’80 a San Diego State University si dilettava con ottimi risultati sia nel basket che nel football, arrivando a giocare per un breve periodo anche nella NFL coi New England Patriots. Un agonista del genere non poteva che perdere la testa per una come Shelly Davis, ex pattinatrice, ma con mazza e caschetto: era infatti un buon prospetto dell’hockey femminile prima di essere fermata dagli infortuni. Strano però come i cromosomi si rimescolino in modi nuovi e imprevedibili pur senza perderne le caratteristiche genetiche, e dal loro matrimonio vede la luce il primogenito Drew, che dimostra di aver ereditato da papà soprattutto il talento cestistico e va al college prima a UCLA e poi a New Mexico, per poi passare professionista in Europa e dire la sua anche in Italia alla Dinamo Sassari la passata stagione. Eredità condivisa anche con la sorella Elise, anch’essa cestista a Harvard, e soprattutto col piccolo di casa, Aaron, con il quale a Ed e Shelly in quanto a talento sportivo nei geni dev’essere decisamente scappata la mano. Così tanto che anche il loro desiderio di vedere i pargoli laureati con lui non andrà a buon fine: troppo insistenti le sirene dei pro, che suonano le note della NBA e non del Vecchio Continente, per rimanere ancora al college dopo l’anno da freshman. E allora vediamo chi è la punta di diamante di questa famiglia di fenomeni in questa puntata della nostra rubrica Road to Draft 2014.

AARON GORDON

L’ultimogenito di casa Gordon vede la luce a San Jose, California, il 16 settembre 1995, entrando così a pelo nell’annata scolastica e sportiva dei nati tra la fine del 1994 e la prima metà del 1995. Fisicamente e atleticamente piuttosto dotato, coi geni che come detto sono quelli giusti, a livello scolastico alla Archbishop Mitty High School ha pochi rivali anche nel grande Stato Dorato, ricoprendo letteralmente ogni posizione in campo e aggiudicandosi due titoli statali, con annesso doppio titolo di Mr. Basketball. Ma è nell’anno da senior all’high school che si supera e comincia a far segnare il suo nome su parecchi taccuini, facendo la doppietta con l’MVP al McDonald All American e pure al Mondiale Under 19 (oltre alla scontata medaglia d’oro) nonostante sia uno dei pochi liceali della spedizione, soffiando entrambi i premi a tale Jabari Parker e il primo anche a un altro tale, Andrew Wiggins. Chiaro come non venga così distante dai due pezzi grossi nella corsa al reclutamento, e a spuntarla sono i Wildcats di Arizona, che con lui formano un team dalle grandi ambizioni. La stagione non delude le aspettative, con sole 5 sconfitte a fronte di 33 vittorie e il seed numero 1 nel tabellone del Torneo NCAA: la corsa degli uomini di coach Sean Miller si infrange però sul corpaccione di Frank Kaminsky nella finale del Regional con Wisconsin, il quale con 28 e 11 rimbalzi nega a Gordon e compagni l’accesso alla Final Four di Dallas dopo un’overtime. Il figlio di Ed chiude comunque la stagione da freshman con 12.4 punti, 8 rimbalzi e il 49% dal campo in quasi 32 minuti di impiego medio, buoni per prendersi il premio per la miglior matricola della Pac-12, un posto nel primo quintetto della division e soprattutto un auspicabile ottima posizione di scelta al prossimo Draft.

 

CARATTERISTICHE TECNICHE

Da papà, e soprattutto dal trisavolo spilungone, ha ereditato anche il fisico imponente, che lo rende un’ala di buona taglia fisica (2.06 per 102 chili), in grado di ricoprire sia il ruolo di 3 che di 4. Ci teniamo il beneficio del dubbio, ma probabilmente sempre a loro deve la sua caratteristica principale, un atletismo e un’esplosività strabordanti, che peraltro, come i tifosi sardi sapranno bene, condivide col fratello maggiore, ma in versioni addirittura potenziate. L’accoppiata fisico-atletismo risulta spesso micidiale: sempre in movimento, letale in campo aperto, la sua struttura lo rende un eccellente finisher nei pressi del ferro, molto bravo a concludere anche nel traffico soprattutto in ricezione dinamica grazie anche a una buonissima coordinazione. Ma sarebbe riduttivo ritenere Gordon solo un animale da contropiede o da alley oop: il ragazzo dispone infatti di un’ottima proprietà di palleggio e di una più che discreta visione di gioco e capacità di passaggio. Non di rado dopo il rimbalzo conduce personalmente il contropiede, cercando lo scarico o concludendo in coast to coast; inoltre è perfettamente in grado di attaccare l’avversario, specie se più grosso, fronte a canestro dal palleggio e arrivare fino in fondo, o trovare i compagni in caso di aiuto grazie alla suddetta visione e a una spiccata intelligenza cestistica (solo 1.4 perse a gara), sorprendente se si pensa che sarà il più giovane prospetto di quest’annata (19 anni a settembre).

Se il ragazzo ha chiaramente del potenziale per diventare un ottimo giocatore offensivo anche a livello NBA, è nella propria metà campo che pare già bello che formato e potenzialmente dominante. L’atletismo di cui sopra infatti, unito a un’ottima mobilità e soprattutto a una grandissima attitudine, lo rendono un difensore straordinario su più tipi di giocatore: tenace, battagliero e molto reattivo nel marcare i giocatori d’area, è impressionante come riesca a non farsi battere dagli esterni, spesso anche molto più piccoli di lui, e possa quindi cambiare su qualsiasi blocco senza pagare sostanzialmente dazio. La sua difesa è sicuramente frutto dei mezzi fisici e atletici datigli dalla natura, ma anche da una notevole “voglia”, applicazione, disponibilità al sacrificio difensivo, che si rispecchia anche nel lavoro a rimbalzo (soprattutto offensivo, in cui la sua mobilità rende complicato tagliarlo fuori) e in generale in una grande etica del lavoro, che ovviamente fa brillare gli occhi degli scout. Ottima persona, gran lavoratore che non disdegna di sporcarsi le mani aiutando la squadra anche nelle piccole cose, nei cosiddetti intangibles, il tutto unito a mezzi fisici e atletici innati: non è difficile capire come mai abbia già tanti estimatori nella Lega.

Ehm no Aaron, la rovesciata non vale ancora

La verdissima età lo rende però anche un po’ acerbo in alcuni aspetti del gioco. Il primo e più evidente è il fatto di non essere un tiratore naturale, e di risultare di conseguenza ancora molto discontinuo, meccanico e talvolta esitante lontano dal ferro, sia nel piazzato, che nel jumper dal palleggio. In generale non sembra disporre di un tocco vellutato, anche nei pressi del ferro: se non conclude da sotto o schiacciando, non è raro vederlo spingardare anche in terzo tempo o in post da posizione comoda, specie con l’uomo addosso. Ma è ai liberi che queste difficoltà toccano il disastroso, probabilmente anche per una questione mentale: orribile il 42% tenuto in stagione, assolutamente da migliorare per evitare l’hack-a-Gordon. Inoltre, nonostante una buona struttura fisica, non è solidissimo soprattutto a rimbalzo difensivo, dove è costretto a lavorare di posizione e non di atletismo come in quello offensivo, in cui invece eccelle. Non lo aiuta nemmeno il fatto di non essere altissimo come lungo, e le carenze di altezza e forza potrebbero limitarlo nell’impiego da PF, mentre quelle nel tiro potrebbero invece penalizzarlo sul perimetro: urgerà quindi porre rimedio, se non vuole diventare un’ala in difficoltà in entrambe le posizioni per motivi diversi (alla Anthony Bennett, seppur con caratteristiche diverse).

 

PROSPETTIVE NBA

L’anagrafe comunque è ampiamente dalla sua parte e i margini di miglioramento sembrano tali da presupporre una carriera ben più luminosa di quella fin qui deludente della scorsa prima scelta assoluta. Qualcuno l’ha accostato a Kenneth Faried, altri, più entusiasticamente, addirittura a Blake Griffin; tra le SF invece per atletismo, applicazione difensiva e anche tiro discontinuo può ricordare il primo Gerald Wallace. Comunque la si veda, quel che è certo è che in questi giorni nelle varie combine e provini vari ha raccolto numerosi consensi, non da ultimo quello dei Lakers, che scelgono alla 7. Le sue speranze di chiamata potrebbero andare proprio dalla posizione dei gialloviola (non scontato che siano poi loro a chiamare), fino alla fine della zona Lottery; difficile vada oltre, anche in un Draft così abbondante. Quel che è certo comunque è che, dopo il padre in NFL e Drew andato undrafted nel 2012, i Gordon potranno aggiungere agli annali di famiglia anche un proprio rappresentante nella NBA: per una stirpe del genere pare quasi scontato, quale poi possa essere il loro impatto tra i pro di basket, quello dipende solo dal piccolo Aaron.

 

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Pubblicato da
Giacomo Sordo

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