Categorie: Editoriali NBA

NBA Finals 2014, San Antonio Spurs – Miami Heat, analisi di gara 4!

Ancora grande esecuzione offensiva (stavolta accompagnata da una notevole applicazione nella propria metà campo), ancora un super Leonard (con nota di merito anche per Diaw, giusto per citarne due), ancora Heat al tappeto in casa. San Antonio sbanca di nuovo l’AAA di Miami e mette una seria ipoteca su una serie che, da quando è arrivata in Florida, è stata sempre appannaggio dei nero argento.

Doveva essere la partita della riscossa in casa Heat, l’affermazione di squadra, del definitivo rilancio. E invece potrebbe essere stata l’ultima esibizione casalinga (almeno in questo formato) di un roster sembrato quanto mai spremuto, con le forze al lumicino, con la spia della riserva accesa. Tanto, forse troppo Lebron James. A caricarsi sulle spalle tutto e tutti. Anche le critiche che mai come oggi suonano così immeritate.

29 punti e una presenza scenica da fare invidia ai migliori attori di Hollywood. Il colpo di coda nel terzo quarto (durante il quale ha praticamente segnato solo lui), provando a non far scappare anche questo match. 1-3, con 2 sconfitte consecutive in casa (non succedeva da 48 partite nella postseason agli Heat) sono (forse) un ostacolo troppo grande da scalare. Anche per un novello Ercole come lui, eroe mitologico d’altri tempi, sembrato come non mai “un uomo solo sull’isola”.

Non è arrivato infatti nessuno a fargli compagnia. Nè Wade (con il suo 3/13 dal campo che a lungo è stato 1/10), né Bosh. Troppo pochi i 22 punti in combinata, i prolungati momenti di pausa, le assenze reiterate. Il tutto accompagnato da un Chalmers da 14 punti totali nella serie. Totali. Davvero non un granché.

Soprattutto se dall’altra parte l’atteggiamento, il ritmo, la condivisione di responsabilità è tutt’altra. E’ quella ormai solita, diventata abitudine in casa Spurs. Se tirare col 57% dal campo in una gara di Finals fuori casa vuol dire peggiorare le proprie percentuali, allora diventa davvero difficile chiedere qualcosa di meglio ai ragazzi di coach Popovich.

Il tutto non frutto di arzigogolati schemi, ma il risultato di decisioni giuste, semplici, veloci.

Come in questo caso. Classica situazione di doppie uscite. I 2 lunghi si preparano a piazzare il blocco mentre gli esterni incrociano sotto canestro ed escono a tutta velocità, provando a prendere vantaggio.

Scelto il lato di Green, Allen è leggermente in ritardo e allora Bosh fa partire la prima rotazione per evitare la conclusione da 3 della guardia avversaria. A questo punto Lebron deve ruotare su Splitter.

Ma palla di Green per il lungo brasiliano è più veloce di qualsiasi aiuto. Ed il tocca di prima per Diaw mette definitivamente fuori causa la difesa. Il risultato è lì, tutto da vedere.

Qualità nell’esecuzione del singolo, maniacalità nella cura del particolare ed anche grande, enorme conoscenza reciproca. Come il duo francese dimostra nella seguente situazione di gioco.

Duncan porta il blocco e Lebron decide di passare dietro. Il problema della difesa è che non sa quale lato sceglierà Parker il quale, studiata la situazione, decide di andare dalla parte di Lewis.

A quel punto James passa in quarta posizione (ossia dietro ai 2 lunghi coinvolti nel p&r) e ritorna sul playmaker francobelga. In quel momento però Parker torna ad attaccare, stavolta dall’altro lato, sfruttando il roll corto del compagno caraibico che gli libera un’autostrada verso l’area.

Diaw intanto si era aperto nel mezzo angolo, ma il suo uomo è stato costretto a fermarsi nei pressi del ferro per rendere difficoltosa la conclusione dell’avversario. Il passaggio al volo è immediato (purtroppo la qualità delle immagini è pessima).

Ma Diaw, libero, non si accontenta del tiro. Penetra di nuovo e fa collassare ancora di più la difesa Heat all’interno del pitturato. Parker esce sul lato, servito alla perfezione ed apre il fuoco.

Una sinfonia. Per ritmi, per tempi, per armonia. Sicuramente in parte demerito di una difesa non aggressiva come dovrebbe e potrebbe, ma tanto va riconosciuto ad esecutori di questo livello. Palla dentro, palla fuori. Attacco il canestro, tiro da 3.

Questa la base di tutte le affermazioni personali. Dei record di Duncan nei Playoff (diventato il primo di tutti i tempi per minuti giocati e per doppie doppie messe a referto), della panchina che riesce sempre a fare la differenza (stavolta è toccato a Mills imporsi come protagonista con i suoi 14 punti). Della fiducia che permette ad un duo del tutto insospettabile come Bonner e Splitter di combinare in questo modo.

Alla fine sono 13 i giocatori Spurs a realizzare almeno un punto. Tutti, nessuno escluso. Condivisione, condivisione e ancora condivisione.

P.S. Sembra finita, ma occhio a dare per morta la squadra del giocatore più forte al Mondo. Domenica notte, alle 2, gara 5.

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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