La vendetta è un piatto che va servito freddo. A 12 mesi di distanza, i San Antonio Spurs hanno sconfitto i Miami Heat in gara-5 delle NBA Finals, vincendo così il quinto titolo nella storia della franchigia, alla sesta apparizione all’atto conclusivo della stagione. MVP delle Finali assegnato, meritatamente, a Kawhi Leonard, scatenatosi dalla terza partita in poi e decisivo anche nell’elimination game. Per gli ospiti non sono bastati i 31 punti di LeBron James ed un’ottima partenza nel primo quarto, prima di andare a picco sotto i colpi dei nero-argento. Il punteggio finale è stato 104-87 per i nuovi Campioni NBA.
Stesso quintetto per i Texani, novità invece per i ragazzi di Coach Spoelstra: fuori Mario Chalmers dentro Ray Allen, in uno schieramento senza playmaker di ruolo. LeBron si prenderà cura di Tony Parker, Leonard guardato a vista da Dwyane Wade mentre Chris Bosh marca Boris Diaw. La partenza degli ospiti è molto aggressiva e significativa. 8-0 per iniziare e Coach Popovich costretto ad un precipitoso timeout. Gli Heat adottano meno cambi sistematici in difesa per non andare sotto nei mis-match, San Antonio patisce forse un po’ la tensione e non segna nei primi 3 minuti e mezzo, prima che dalla lunetta realizzi Tim Duncan. Miami però sembra una squadra in missione, va sul +11 dopo il lay-up di Bosh ed in difesa tiene gli Spurs senza canestri dal campo per 5′, prima della tripla del solito Leonard. James è già in doppia cifra, attacca molto ed energicamente, spesso e volentieri anche dopo pochi secondi, facendosi sentire nel proprio pitturato con qualche stoppata da highlight. Un 6-0 degli Heat consente loro di andare in fuga, toccando anche il +16 dopo una tripla di Allen, che fissa il punteggio sul 22-6. Entra in campo Manu Ginobili e la partita non sarà più la stessa. Battier, chiamato a difendere sull’argentino, può poco e commette subito due falli. Il nativo di Bahìa Blanca è scatenato, è tutto merito suo un parziale di 12-0 che rimette in carreggiata i padroni di casa, che ritrovano mano da fuori dopo aver sbagliato 11 delle prime 12 conclusioni. James, molto cercato in post così come Wade, ferma con una tripla la mareggiata avversaria, coadiuvato dal secondo fallo dell’argentino che placa, per un attimo, l’entusiasmo del pubblico. Al primo mini-riposo il punteggio è 29-22 per i bi-campioni in carica, che conducono per la prima volta al termine del quarto d’apertura. 17+6 per il numero 6, cui risponde Kawhi con 8. Miami ha tirato il 47% dal campo contro un misero 29% dei nero-argento.
Ad inizio secondo periodo, San Antonio riduce ulteriormente il disavanzo con un parziale di 6-0, tornando solamente ad un possesso di distanza dagli avversari. Bosh e, soprattutto, Wade sono andati in calando dai primi minuti in poi, come tutto il supporting cast di LeBron. Diaw torna in cattedra con i soliti passaggi laser per i compagni liberi, abbinandoli al controllo dei tabelloni e dei secondi possessi. Le percentuali si abbassano, per qualche minuto vige l’equilibrio più totale. Entra in campo Udonis Haslem, ma i prossimi minuti saranno un incubo per il prodotto di Florida. Gli Spurs infatti, con Marco Belinelli sul parquet, confezionano il 14-0 che indirizza, prepotentemente e definitivamente, l’esito dell’incontro. Il protagonista assoluto è Duncan. Il caraibico riceve palla in post ripetutamente, abusando della marcatura di Haslem e segnando facilmente in 1vs1. TD21 dà l’esempio, Ginobili lo segue e affonda come la lama nel burro nella difesa avversaria, andando spesso al ferro e rendendosi protagonista di una schiacciatona che non si vedeva, forse, dai tempi della Virtus. Gli Heat vanno nel pallone, sbagliano 7 tiri in fila e segnano la miseria di 6 punti in 9′. Anche in difesa Miami perde completamente la bussola, non contestando più i tiri come nei primi possessi e dimostrandosi inerme alle affondate avversarie. Ancora una volta è James a togliere le castagne dal fuoco ai suoi, realizzando il primo FG degli ospiti dopo 7′ di astinenza. All’intervallo lungo il punteggio è 47-40 per gli Spurs, grazie ai 15 di Leonard ed i 14 di Ginobili. Gli Heat, nonostante i 20 di Lebron, hanno segnato solo 11 punti nel quarto, peggior prestazione della postseason, tirando con un orrido 27%.
Subito un cambio in avvio di ripresa, con Spoelstra che non sa più che pesci prendere. Fuori Lewis e dentro Chris Andersen, con quintettone in campo. Novità anche per Popovich, che inserisce Ginobili dal primo minuto al posto di Danny Green. Nonostante le premesse, non segna nessuno nei primi 3′ di gioco, con un Allen che si dimostra totalmente incapace di entrare nella gara. Neanche l’inserimento di Birdman porta effetti sperati, dato che l’ex Denver commette presto quarto e quinto fallo. Dopo un ottimo inizio, James viene tenuto lontano dal ferro, marcato benissimo da Leonard e, più in generale, da tutta la rotazione difensiva di San Antonio, che non deve preoccuparsi di altre bocche da fuoco avversarie. L’attacco degli Heat continua ad essere farraginoso e apparentemente non in grado di riprendersi dopo il secondo quarto, come dimostrano gli 0 punti nei primi 4′ del periodo. E’ il momento in cui gli Spurs chiudono il discorso su gara e serie. La prima doppia cifra di vantaggio arriva con un libero di Leonard, ma è Patty Mills che va letteralmente in fiamme in questa fase. L’australiano segna 14 punti in pochi minuti con diverse triple, un vero e proprio show che affossa definitivamente il morale di Miami e porta avanti San Antonio, che prende il largo sul +21 dopo una tripla di Ginobili. Spoelstra decide di buttare nella mischia sia Chalmers che Beasley, sperando in una scossa che non può arrivare, a dispetto anche del quarto fallo di Leonard. Si sblocca anche Parker dopo una gara di stenti, su di un fadeway di Duncan dal post arriva anche il +22, il massimo vantaggio di serata. Dopo due liberi di James quasi sulla sirena, il punteggio è 77-58 per i nero-argento, grazie ai 20 di Leonard ed i 17 di Mills, cui fanno da contraltare i 27 di LeBron.
All’inizio del quarto quarto Kawhi commette il quinto fallo personale, costringendo Popovich a rimetterlo in panchina. Gli Heat provano una reazione tardiva, confezionano un parziale di 7-0 riportandosi sul -14. San Antonio risponde al tentativo degli avversari e, con facilità, si riporta avanti nel punteggio. Emblematico come, sul -18, Miami non riesca nemmeno a rimettere in campo dalla propria linea di fondo, commettendo la più banale delle infrazioni di 5”. Per qualche minuto le squadre si scambiano i canestri, cosa che va molto bene ai padroni di casa, che assistono anche alla ritrovata mano di Parker. Il francese segna 7 tiri consecutivi, compreso il lay-up del +20 che, ulteriormente, chiude la gara, come testimonia il ritorno in panchina di James con oltre metà quarto da giocare. San Antonio amministra la partita, Beasley è l’unico a segnare dei suoi, anche negli ultimi minuti di puro garbage time. Il resto è apoteosi, festa e premiazione per i vincitori. Il punteggio finale è 107-86 per San Antonio, che vince il suo quinto titolo nella storia della franchigia e chiude la serie sul 4-1.
Kawhi Leonard vince il trofeo di MVP delle Finals, il quarto più giovane di sempre a riuscire in tale impresa. Per il prodotto di San Diego State altra doppia doppia da 22+10, che corona un’ascesa verso l’Olimpo NBA che pareva impensabile al momento del Draft. Ginobili termina a quota 19, con una prestazione d’altri tempi e le giocate decisive per riprendere la fuga Heat nel primo quarto. 17 di Mills, che ha ucciso la gara nel terzo quarto, 16 di Parker, le cui statistiche sono state però “drogate” dall’ultimo periodo. 14+8 per l’eterno Duncan, il volto della franchigia e della città. Da segnalare, ovviamente, il primo italiano a vincere un titolo NBA, per merito di Marco Belinelli.
31+10+5 per James, che aveva iniziato in maniera fantastica prima di andare via via spegnendosi, merito della difesa avversaria che si è focalizzata totalmente su di lui. 13+7 per Bosh, che ha provato a metterci la faccia nell’ultimo quarto. Solo 11 per Wade, con un’altra prestazione molto deludente.
San Antonio ha tirato meglio dal campo, 47,4% vs 40%, e dalla lunga distanza, 46,2% vs 28%. Vittoria, quasi a sorpresa, di Miami a rimbalzo, 41-40, e nei punti in the paint, 34-32.
E’ finita nel modo più giusto e corretto. Ha vinto la squadra più forte, che ha giocato meglio, più profonda, meglio allenata, che stava meglio fisicamente, che lo voleva di più, che ha meritato di più e che si è rivelata essere più squadra, nel vero senso del termine. Ha vinto un giovanotto taciturno di 22 anni, che ancora ancora ad inizio Playoffs non si poteva immaginare essere nominato MVP delle Finals. Ha vinto un allenatore che è, abbastanza nettamente, il migliore dell’ultima decade ed il best of the best attualmente in circolazione. Ha vinto un caraibico, altrettanto taciturno, che si è dimostrato essere eterno, capace di vincere in 3 decadi diverse e con un posto prenotato nella storia. Ha vinto una vera e propria legione straniera, capitanata da una strana coppia franco-argentina, un preciso stile di gioco ed un’ideologia rivelatasi vincente. La serie è cambiata con l’ingresso in campo di Diaw e la crescita di Leonard, su ambedue le metà campo dopo due deludenti partite casalinghe. Da lì in poi Miami ha solo inseguito, svuotata nel serbatoio delle energie e delle motivazioni, troppo corta per poter davvero sperare nel three-peat contro un avversario di questo calibro. Per certi versi, la vittoria di San Antonio ha ricordato quella di Detroit contro i Lakers nel 2004, curiosamente sempre per 4-1 e con un Mvp che ancora non aveva mai giocato l’All Star Game (allora fu il caso di Billups). Troppo solo Lebron James, che ha avuto anche qualche passaggio a vuoto ma che ha predicato nel deserto, uscendo a testa alta a differenza di quanto fatto nelle scorse due Finals perse, soprattutto quella del 2011. Per gli Heat si apre ora un’estate di incertezza, a partire dal futuro dei Big Three e con la necessità di rinnovare la squadra e rimpolpare un roster giunto al capolinea. Per San Antonio, invece, la consueta parata sul Riverwalk e, chissà, magari qualche annuncio importante dai suoi uomini di punta. Con la consegna del trofeo agli Spurs si è ufficialmente chiusa la stagione NBA 2013-14. Palla ora al Draft, alla offseason ed al Mondiale Fiba in terra spagnola, prima di ricominciare in autunno col campionato più bello del mondo.
Alessandro Scuto