Per gli appassionati di quello che è il basket americano anche fuori dai “confini” NBA il premio di “Mr. Basketball” dell‘Indiana ha una valore di culto anche superiore a quello di un MVP stagionale o di un inserimento in un primo quintetto NBA: sì perchè nell’Indiana il basket è una vera e propria religione non priva di profeti, perchè tutti noi siamo cresciuti rivedendo le cassette del mitico film “Hoosiers” che rappresenta perfettamente quanto lo stato dell’ Indiana e la pallacanestro siano un binomio indissolubile e perché è un premio che esiste da sette anni prima che esistesse una lega professionistica americana (la BAA), risultando sostanzialmente il riconoscimento individuale più antico nella storia della pallacanestro. I giocatori liceali onorati con questo premio divengono di diritto figure di culto, ma spesso non sono diventati campioni, talvolta nemmeno dei professionisti. Tuttavia uno degli ultimi vincitori, il più giovane nella storia del premio, Gary Harris, sembra destinato a brillare anche sui parquet della lega di basket più famosa del mondo, lui che, insignito del premio nel 2012, viene da due ottime stagioni in quel di East Lansing, alla corte di coach Tom Izzo. Proprio Izzo dopo aver fallito nel portare per la prima volta una sua classe di senior alle Final Four ha detto, pur sapendo di perdere un elemento di valore assoluto, che Gary dopo due anni a Michigan State è pronto per il salto tra i professionisti, un attestato di stima che, da parte di un allenatore del genere, non può che dare una credibilità notevole al ragazzo da Fishers. Andiamo allora a vedere il suo gioco nel dettaglio.
Dote principale del ragazzo, da buon discepolo di Larry Bird (che, incredibile ma vero, non è mai stato Mr. Basketball dell’Indiana), è il tiro: eccellente nel muoversi senza il pallone tra le mani, Harris è a suo agio in situazioni di catch and shoot, sfruttando i blocchi e leggendo molto bene le difese, ma sa essere efficace anche creando i suoi jumper dal palleggio o in situazioni di pick’n’roll essendo dotato di un rilascio veloce e morbido e di un ottimo set di finte, sempre uno dei mezzi migliori per liberarsi del proprio marcatore. Le cifre dicono 81% ai liberi e quasi un punto per possesso nei tiri dal palleggio, mentre la percentuale da tre del 35% non impressiona, ma è frutto principalmente di una scelta di tiri non ottimale da imputare tuttavia non alle scelte del ragazzo quanto alla poca varietà di realizzatori presente nel roster di Michigan State che ha “costretto” Harris a prendersi più tiri possibili, anche quando non ottimali, tant’è che nel suo anno da freshman, con meno responsabilità in attacco, era del 42%. Difatti l’intelligenza cestistica del ragazzo non è in dubbio e lo si vede dai suoi movimenti senza palla e dalla testa mostrata in difesa, aspetto che vedremo tra poco. Rimanendo nel reparto offensivo Harris si dimostra un realizzatore capace di andare oltre al solo tiro e ha mostrato miglioramenti costanti nel ball handling e nelle sue capacità di penetratore, attaccando con efficacia sia da destra che da sinistra grazie alla sua ottima lettura degli spazi e, pur non essendo dotato di eccezionale elevazione, è capace di concludere al ferro:
Buon passatore per la posizione di guardia, non forza assist e dimostra anche qui un’eccellente intelligenza per il gioco, in particolare nel leggere le situazioni in transizione, e non è uno di quei giocatori che rischiano panchinamenti anticipati per assist da All-Star game in situazioni che non lo richiedono, rendendosi deleterio per la squadra.
Dicevamo prima della difesa: se il tiro è la specialità della casa, la difesa è forse il vero punto forte del giocatore. Ottimo difensore sulla palla, possiede degli eccellenti fondamentali ed un’ eccellente attitudine che gli consentono di tenere anche giocatori più fisici e veloci di lui, non concede le vie di penetrazione ed è molto pericoloso con le sue rapide mani, senza tuttavia ricadere in problemi di falli. Visto il suo QI cestistico non sorprendono poi le letture nella difesa di squadra, dove risulta il compagno che tutti vorrebbero per quel che riguarda posizione, furbizia, tempo degli aiuti e intuizioni sulle linee di passaggio, come dimostrato dalle quasi due palle rubate a partita.
Della testa per il gioco del ragazzo abbiamo già parlato, ma oltre all’intelligenza cestistica Harris dimostra anche una durezza mentale non indifferente, guidando i compagni con l’esempio e risultando presto il leader carismatico della squadra con onori ed oneri che ne conseguono. Giocatore che non abbandona mai la partita con la testa e l’impegno, Gary Harris ha dimostrato personalità anche nelle giornate più nere: nel suo orribile 3-20 contro Wisconsin non ha mai lasciato la partita mentalmente o mostrato un cattivo atteggiamento del corpo, facendo anche un paio di giocate importanti nel finale di partita, comunque persa alla fine.
Qui vediamo un mix di tutto il buono di questo ragazzo: non a caso il video si apre con le sue giocate difensive e si chiude con una tripla in uscita dai blocchi.
I limiti del ragazzo risiedono in primo luogo in un fisico sotto gli standard NBA: forte e solido specialmente nel busto, ma misurato a 1.93 con le scarpe durante la Draft combine nonostante una buona apertura alare di 1.98 risulta sotto alla media dei suoi pari ruolo del piano di sopra. Abbiamo visto come sia in grado di concludere al ferro, ma già al college non amava particolarmente questo tipo di conclusioni e non è dotato di un’esplosività d’elite, quindi non pochi dubbi sorgono sulla sua capacità di realizzatore d’area al piano di sopra. Difensivamente è difficile avere dubbi sul ragazzo, ma anche qui il fisico unito ai migliori atleti che troverà in NBA rispetto al college potrebbe causare qualche deficit, che tuttavia crediamo colmerà con altre doti almeno in questa metà del campo. A livello di gioco l’aspetto da migliorare di più è quello legato alla capacità di creare il proprio attacco con la palla tra le mani perché se è vero che è migliorato nel trattamento della palla e nell’attaccare l’area siamo tuttavia ancora lontani da un realizzatore efficace da questo punto di vista: privo dei movimenti e del primo passo fulmineo necessari per battere i difensori con continuità, non ama concludere al ferro anche quando potrebbe, tendendo a fermarsi prima accontentandosi di jumper o “lacrime” alla Tony Parker, ma senza la stessa efficacia ed il suo 45% nelle conclusioni nei pressi del ferro è decisamente rivedibile. In situazioni di pick’n’roll fatica a superare i giocatori più fisici e gli isolamenti sono una parte minima del suo arsenale offensivo, limitandolo a livello offensivo se si parla di caricarsi in futuro una squadra sulle spalle. C’è qualche dubbio sul suo essere tendente agli infortuni, dati i due infortuni alla spalla destra (ed uno alla caviglia) che ha dovuto affrontare la scorsa stagione. Infine menzionavamo prima la selezione dei tiri: peggiorata nell’anno da sophomore, sembra tuttavia legata più alla sua situazione a MSU che non alla sua attitudine e crediamo che in un contesto NBA dove non sarà il go to guy il problema dovrebbe limitarsi.
Proiettato all’incirca verso metà primo giro Gary Harris è ancora un ragazzo giovanissimo (19 anni) che nonostante l’età non mostra il grande upside di alcuni compagni di Draft, ma ha comunque certamente il tempo per fare passi in avanti e sembra già pronto a dare un suo buon contributo se inserito nel contesto adatto: una squadra che possa sfruttarlo per dei punti dalla panchina, preferibilmente in uscita dai blocchi à la Rip Hamilton, ma anche per affidargli degli incarichi difensivi che sembra poter assumersi dato anche il forte carattere che pensiamo non lo renderà intimidito al suo debutto in NBA. Confermando la sua intelligenza sul campo e magari rendendosi più completo come realizzatore potremmo ritrovare Harris tra qualche anno in qualità di uno di quei giocatori capaci di essere leader di una squadra pur non essendo il suo miglior giocatore e go to guy, ma trasmettendo anche ai compagni la propria devozione per il gioco e magari segnando qualche tiro decisivo, dato che la personalità e i fondamentali non mancano di certo.