Dopo il bivio cui è stato messo di fronte nella prima parte di questa “caldissima” free agency, Carmelo Anthony, risoltosi a scegliere di rimanere ai New York Knicks con un contratto faraonico da $122 milioni di dollari per cinque anni, ha comunque ammesso che non si aspetta di vincere il titolo nella prossima stagione, ben cosciente che la sua occasione di indossare al dito l’anello di campione NBA dovrà ancora aspettare.
Di fronte all’opzione di lasciare New York per andare a Chicago e unire le forze con Derrick Rose per puntare in maniera decisa al Larry O’Brien Trophy, Melo ha invece scelto (probabilmente anche affascinato dai lauti compensi che riceverà, senza voler essere troppo maliziosi) confidando nelle “magiche” capacità di Phil Jackson, ora a capo della franchigia di proprietà di James Dolan, e nelle possibilità dei Knicks di arrivare al titolo in breve tempo, riuscendo a portare nella “Grande Mela” qualcuno che possa aiutare nell’impresa il no.7 già dalla stagione 2015-2016, nella quale i Knicks avranno lo spazio salariale necessario per provare ad attrarre qualche grosso nome.
“Non mi aspetto di vincere il titolo l’anno prossimo” – ha dichiarato il 7 volte All-Star, parlando con Raul Azaga di PrimeraHora.com – “Quello è un processo che richiede tempo e soprattutto piena sincronia in ogni assetto della franchigia, dal management ai giocatori. Abbiamo tanto lavoro da fare, ma è una cosa che mi affascina. So che possiamo gettare le basi di un progetto l’anno prossimo. Nella successiva offseason avremo più spazio salariale da spendere. Ma quest’anno è importante cercare di fare dei passi in avanti e voglio essere concentrato nel cercare di mettere le basi per i nostri progetti futuri.”
Lodevole dunque la volontà di Anthony di prodigarsi per la sua squadra, squadra che, in larga parte rinnovata, dovrà riscattare la scorsa disastrosa stagione da 37 vittorie per guardare al futuro con maggior sicurezza e gettare le fondamenta di un avvenire più roseo. Per Melo dunque una prova di serietà e maturità, cui mai era stato chiamato, dovendosi dunque dimostrare capace di essere quele uomo franchigia capace di tirare fuori dalle secche i Knicks e di trascinare una squadra e una città verso quelle vette dell’Olimpo NBA, che da troppo tempo nella Grande Mela vengono guardate da lontano.